Paolo Maldini fa 1000 ed entra nella leggenda!

C’era una volta… Così dovrebbe cominciare questa storia, che somiglia tanto ad una favola degna della penna dei fratelli Grimm. Più di 20 calendari sbiaditi, ingialliti, consumati da un tempo che tutto trascina e tutto cambia. O quasi.

Era un freddo gennaio di 23 anni fa, quando in quel di Udine, un difensore (Battistini) uscì dolorante dal rettangolo di gioco, mettendo in apprensione il Barone, che aveva in panchina un sedicenne figlio d’arte ed un terzino tutto muscoli e corsa. “Ferro, scaldati!” urlò Liedholm all’indirizzo di Stefano Ferrari, ma poco dopo tornò sui suoi passi, gettando nell’arena il piccolo Paolo Maldini. Era un freddo gennaio di 23 anni fa ed iniziava la carriera di un mito!

Sono trascorsi 8427 giorni da quel 20 gennaio 1985, la temperatura è la stessa, come il colore della maglia indossata. Cambia il teatro, la scenografia, le comparse chiamate a circondarlo, ma lui è sempre lì, a raccogliere applausi per la millesima volta.

Un terzo tempo tra fischi e polemiche

Riscrittura delle regole nel pianeta calcio con l’introduzione di quel terzo tempo che tanto ha fatto discutere recentemente. In realtà, non è una regola vera e propria: ognuno può regolarsi come vuole e decidere di andar via senza stringere la mano a quell’avversario che magari durante la gara si è comportato in modo poco corretto. Il rischio maggiore che si può correre in quel caso è di essere considerato “poco sportivo”, con allegata figuraccia davanti al pubblico.
Finora solo parole e la curiosità di vedere come si sarebbero comportate le varie squadre alla ripresa del campionato dopo la pausa natalizia. E finalmente eccoci qui a commentare i dopopartita “amichevoli” sui vari campi.
Si comincia dai due anticipi di sabato, caratterizzati da non poche polemiche con l’espulsione di Ulivieri ad Empoli ed il rigore assegnato al 90° alla Juventus in quel di Catania, che le ha permesso di raggiungere un pari insperato. In questo clima che senso può avere il terzo tempo? Beh, i calciatori si sono ugualmente stretti la mano, ma immaginiamo la rabbia di chi ha cullato fino alla fine il sogno di una vittoria. Fischi a non finire ovviamente, ad accompagnare un cerimoniale che almeno la metà dei protagonisti avrebbe evitato volentieri.