Elisabeth Loisel esonerata a causa di una cena!

Parlando di calcio siamo abituati a pensare alle luci di San Siro o al prato verde dell’Olimpico, dimenticando spesso che esistono altre realtà meno seguite, ma ugualmente importanti. Ed oggi vi racconteremo una storia di questo pallone dimenticato, pur immaginando che qualcuno storcerà il naso nel sentir parlare di calcio femminile.

E’ la storia della nazionale di calcio femminile cinese e della sua allenatrice Elisabeth Loisel, arrivata dalla lontana Francia qualche mese fa, dopo anni di esperienza in patria, prima come calciatrice, poi come tecnico. Ebbene, ora sta per essere licenziata a causa di una cena. Ma andiamo per ordine.

Elisabeth è arrivata in Cina nel mese di ottobre dello scorso anno, chiamata al non facile compito di portare in alto la squadra di calcio femminile, soprattutto in vista delle prossime Olimpiadi di Pechino. Sin dall’inizio si è impeganta a portare la Cina almeno sul podio olimpico, pur avendo a disposizione una squadra che è solo tredicesima nel ranking Fifa.

Ronaldo non sarà più il Fenomeno: parola di Pelè!

E’ un peccato, ma non credo che Ronaldo tornerà a giocare come prima.

A parlare è Pelè, intervistato durante la cerimonia in cui è stato eletto ambasciatore della Coppa Libertadores. Fine della carriera dunque per il Fenomeno? A sentire il tre volte campione del mondo sembrerebbe proprio di si, soprattutto in considerazione dei tanti infortuni subiti in passato e dell’età non più giovanissima del rossonero.

Ricordo che dopo il primo infortunio, nel 2000, andai a trovarlo: recuperò e disputò un Mondiale straordinario appena due anni più tardi. La medicina ha fatto progressi, ma è anche vero che lui ha qualche anno in più. Mi piacerebbe rivederlo al 100%, ma purtroppo credo che le cose andranno diversamente.

In realtà i guai infiniti di Ronaldo iniziarono ben prima dell’episodio raccontato da Pelè. Era il 1998 quando rientrò dal Mondiale di Francia con una tendinopatia rorulea che necessitava di un’operazione. Ma i tempi si allungavano e lui continuava a sottoporre il ginocchio a sforzi e carichi di lavoro, fino a quando il tendine subì una parziale lacerazione.

Giacomo Losi: “er core de Roma” superato solo da Totti

1 marzo 2008: allo stadio Olimpico di Roma va in scena la storia. Due miti che si abbracciano e si complimentano, due calciatori che hanno fatto la storia della Roma di ieri e di oggi.

386 presenze con la maglia giallorossa per Giacomo Losi, una in più per Francesco Totti, che proprio ieri contro il Parma ha battuto quel record che durava da ben 39 anni. Prima della gara, passaggio di consegne tra i due, con Losi che ha ricevuto la maglia numero 5 incorniciata, tra gli applausi del pubblico presente sugli spalti.

“Gia-co-mi-no”, l’urlo dei pochi presenti, che hanno fatto sentire il proprio affetto e la propria riconoscenza al campione degli anni ’60, che tanto ha dato alla causa giallorossa.

Bruce Grobbelaar: il numero 1 dei clown

I più non si ricorderanno di lui, ma di certo per i tifosi romanisti quello di Bruce Grobbelaar è un nome che difficilmente può essere cancellato dalla memoria. Era il 1984 e la Roma si giocava contro il Liverpool la finale di Coppa dei Campioni, prima ed unica volta nella sua storia. Dopo i 90 minuti e i tempi supplementari il risultato era fermo sull’1-1 e si rendevano necessari quindi i calci di rigore.

Primo tiro affidato a Nicol che manda alto. L’Olimpico è in festa e comincia a pregustare il sapore della vittoria, ma è qui che entra in scena il bizzaro portiere del Liverpool. Mentre si avvicinava alla porta, le telecamere inquadrarono l’occhio strizzato ai fotografi, mordendo le corde della rete che doveva difendere. Poi giratosi verso il terreno di gioco, cominciò a danzare sulla linea di porta, nonostante la regola dica che il portiere deve restare immobile fino al tiro.

Un atteggiamento che non trasse in inganno Righetti ed il compianto Di Bartolomei, ma che disturbò non poco Bruno Conti, che tirò alto, e Francesco Graziani, che si fece parare il tiro. Il Liverpool vinse la sua quarta Coppa, mentre alla Roma non restava che recriminare per il balletto del numero 1.

Dino Baggio: l’ascesa, il declino e la rinascita

Parlando di Baggio il primo nome che viene in mente è quello di Roberto, sicuramente uno dei calciatori italiani più conosciuti a livello planetario, ma il calcio italiano ha visto tra i suoi protagonisti anche Dino, centrocampista con discreta attitudine al gol.

Conobbe il suo momento di gloria durante gli anni ’90, passando dal Torino alla Juventus, che lo cederà per un anno in prestito all’Inter prima di richiamarlo in casa, per farne uno dei centrocampisti più forti di quel periodo. Punto fermo della squadra bianconera e della Nazionale, subito dopo i Mondiali del ’94 (ottimi per lui, con tre gol all’attivo), passò al Parma, non senza polemiche.

Carriera in continua ascesa per lui, fino ad un episodio, che secondo i più ha contribuito a far spegnere lentamente i riflettori sul centrocampista, rilegandolo per lo più ad un ruolo di comparsa. Era il gennnaio del 2000 e in Italia imperversava lo scandalo Rolex (gli orologi regalati dalla Roma ai designatori Bergamo e Pairetto, agli arbitri ed ai guardalinee).

Peruzzi, l’Angelo volante del calcio italiano

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta dei “numeri 1” nella rubrica che ormai ci accompagna da qualche settimana. Non stupitevi se su queste pagine troverete sempre più spesso nomi di portieri italiani, perché in fondo l’Italia ha sempre sfornato dei veri e propri fenomeni nel ruolo, tanto che ultimamente dall’estero c’è stato un vero e proprio saccheggio di numeri uno.

Stavolta parliamo di Angelo Peruzzi, ritiratosi dal calcio giocato al termine della scorsa stagione, a causa dei continui infortuni che lo tormentavano da tempo e che gli impedivano di giocare un intero campionato ad alto livello. Il giorno dell’addio l’Olimpico era vestito a festa solo per lui, per omaggiare quel grande campione che in carriera ha vinto tutto e che ha dato molto a questo sport in termini di impegno, dedizione e professionalità.

Ben lo ricordano i grandi campioni che vestivano la maglia della Roma nei primi anni ottanta, quando l’Angelo volante giocava nelle giovanili, ma era chiamato di tanto in tanto a partecipare agli allenamenti della prima squadra. Era appena un adolescente eppure nessuno voleva giocargli contro, perché lui le prendeva tutte, ma proprio tutte, anche in allenamento, dando già all’epoca la misura di quanto contasse per lui il ruolo di numero uno.