Gol di mano: Adriano rischia 2 turni di stop

Minuto numero ventinove del derby milanese: la palla corre sulla fascia destra tra i piedi del resuscitato Maicon (che neppure doveva giocare), poi si stacca improvvisamente e finisce sulla testa di Adriano, solo davanti alla porta e in attesa del passaggio giusto per trafiggere Abbiati e riconquistare il titolo di Imperatore. Un colpo sporco, la palla finisce sul braccio del numero 10 e si insacca alle spalle del portiere, che prova a protestare, arrendendosi poi di fronte alla fermezza dell’arbitro.

Adriano ha chiuso gli occhi ed ha colpito. Il tocco è assolutamente involontario, ma se il gol fosse stato annullato, non avremmo certo gridato allo scandalo.

Parole di Mister Mourinho al termine di un derby spettacolare ed infuocato, che ha mortificato le residue speranze di gloria del Milan, lanciando l’Inter verso il terzo scudetto consecutivo vinto sul campo. Vero è che il tocco di mano c’è stato e non si può certo dire che sia stato ininfluente nell’economia della gara. Resta da stabilire se sia stato volontario o meno e, soprattutto, se larbitro Rosetti ha visto nel migliore dei modi la dinamica dell’azione. Intanto il caso finisce sul tavolo del giudice sportivo e l’attaccante interista rischia due giornate di squalifica.

Squalifica Mannini-Possanzini: serie A e B pronte allo stop

Un altro punto a favore di quanti sostengono che la giustizia italiana (anche quella sportiva) fa acqua da tutte le parti. Della vicenda abbiamo già trattato qualche ora fa, ma alla luce delle dichiarazioni di Corioni, vale la pena tornare sull’argomento. Parliamo naturalmente del fatto del giorno, ovvero della squalifica di un anno comminata a Daniele Mannini e Davide Possanzini per doping, che doping non è, visto che i due erano completamente “puliti” al momento delle analisi.

L’unica loro colpa è stata quella di presentarsi con una ventina di minuti di ritardo al cospetto dei medici incaricati delle analisi, dopo una gara di 13 mesi fa. Non abbiamo sottomano la legislazione sportiva e non possiamo quindi esprimerci in proposito, ma appare alquanto bizzarra la decisione del Tas nei confronti di due calciatori che non si sono sottratti al proprio dovere, seppure con qualche minuto di ritardo. Naturalmente la vicenda ha scatenato aspre polemiche da nord a sud, tanto che il Presidente del Brescia, Gino Corioni, sta tentando di trovare alleati per protestare contro la sentenza:

L’Aic vuole fermare i campionati di A e B. La proposta ha già trovato il consenso del presidente della Lega, Antonio Matarrese. Adesso, però, bisognerà sentire tutte le società e quindi non so se la cosa andrà effettivamente a buon fine.

Dito medio e monete lanciate: Drogba ora rischia grosso

Ancora un’esultanza esagerata dopo una rete ed ancora proveniente dalla terra di Sua Maestà. Qualche giorno fa ci eravamo occupati di David Norris, centrocampista dell’Ipswich, che aveva manifestato la sua felicità con il gesto delle manette, dedicando il gol ad un amico detenuto per aver provocato la morte di due bambini.

Stavolta la storia è un po’ diversa ed il protagonista, Didier Drogba, rischia di trascorrere un brutto quarto d’ora la prossima settimana, quando il suo caso finirà sul tavolo del giudice sportivo. L’episodio è avvenuto lo scorso mercoledì, durante la gara che ha visto il Chelsea soccombere ai rigori di fronte al meno quotato Burnley.

L’ivoriano in forza ai Blues, subito dopo aver segnato la sua prima rete della stagione, si è diretto sotto la curva occupata dai tifosi avversari, salutandoli con un poco cortese dito medio. Non è una scena edificante, d’accordo, ma ci può stare in una partita di calcio. Quello che proprio non ci sta è che l’attaccante abbia raccolto delle monete da terra per restituirle (naturalmente lanciandole) al mittente.

Gol di mano di Gilardino: giusta la squalifica?

Due giornate di squalifica: tanto è costata ad Alberto Gilardino la furbata che ha portato al primo gol della Fiorentina, nel posticipo di domenica sera al Barbera di Palermo. E’ stata così parzialmente accolta la richiesta del presidente Zamparini, che chiedeva l’intervento del giudice sportivo e ben cinque giornate di squalifica per l’attaccante viola.

Le immagini sono davanti agli occhi di tutti e forse è fuori luogo star qui a discutere sulla volontarietà o meno del gesto o sulla spinta che avrebbe indotto Gila a colpire proprio in quel modo. E’ evidente che quel braccio non si trovava lì per caso e non si può certo negare il movimento verso la palla.

Non potevamo certo aspettarci che andasse dall’arbitro, chiedendo di annullare la rete o che non esultasse, ma almeno la giustificazione poteva risparmiarsela, specie dopo aver visto e rivisto le immagini televisive.

La nuova vita di Joey Barton

Lo avevamo lasciato con una squalifica di dodici settimane (poi ridotte a sei) da scontare per la brutale aggressione al compagno di squadra Ousmane Dabo ai tempi del Manchester City. Lo stop forzato arrivava dopo 74 giorni di galera per una rissa in un pub di Liverpool, quando ubriaco fino all’osso, non aveva trovato nulla di meglio da fare che pestare a sangue un ragazzo.

Ora lo ritroviamo in campo, in cerca dell’ennesima occasione di riscatto, sebbene sia difficile scrollarsi di dosso la fama del bad boy. Lui è Joey Barton, che pure avrebbe i numeri per far parlare di sé per questioni calcistiche e che invece finisce frequentemente in prima pagina per i guai procurati dal suo carattere irascibile.

Inutile star qui ad elencare le sue bravate (tante e gravi), quello che conta adesso è che il cattivo ragazzo abbia voglia di voltare pagina e di lasciarsi alle spalle un passato che pesa come un macigno.

Ancora una squalifica per Joey Barton

Lo chiamano bad boy e mai soprannome fu più azzeccato come il questo caso. Il ragazzo cattivo è Joey Barton, più volte finito nelle pagine di cronaca per vicende che hanno ben poco a che fare con il mondo del pallone.

L’ultima bravata (una rissa nel periodo di Natale) gli è costata la condanna a sei mesi di carcere, scontati in parte nel corso dell’estate, fino al rilascio del 28 luglio. Durante la detenzione però, Barton ha continuato ad allenarsi, nella speranza di poter tornare a calcare i campi di calcio non appena scontata la condanna.

Speranze vane. Proprio ieri è arrivata la squalifica di dodici settimane (poi ridotte a sei) per un altro episodio violento che lo ha visto protagonista qualche tempo fa, quando ai tempi del Manchester City aggredì il compagno di squadra Ousmane Dabo, procurandogli gravi lesioni alla retina. Per quella vicenda il bad boy era già stato condannato a quattro mesi di carcere, ma poi la pena era stata sospesa per due anni.

Da Maradona a Iuliano: calcio e cocaina

Ancora un nome eccellente nella lista dei dopati del calcio, sebbene da più parti si continui a sostenere che la cocaina non è doping, nel senso che non viene assunta per migliorare le prestazioni sportive, ma solo per un imperdonabile vizio personale. Sta di fatto, però, che qualunque sia il motivo che porta all’uso della polvere bianca, le analisi antidoping non perdonano e capita sempre più spesso che qualche atleta venga trovato positivo alla sostanza.

L’ultimo in ordine di tempo ad essere incastrato è il difensore del Ravenna Mark Iuliano, una carriera strepitosa qualche anno fa con la maglia della Juventus, con la quale ha conquistato 4 scudetti, 3 Supercoppe di Lega, 1 Intercontinentale, 1 Supercoppa Uefa e 1 Intertoto.

La partita incriminata è Ravenna-Cesena dello scorso 1 giugno ed ora, se le controanalisi confermeranno la positività, il calciatore rischierebbe una lunga squalifica. Ma, come dicevamo, Iuliano non è che l’ultimo di una lunga lista ed ha illustri predecessori in questo senso, a cominciare da uno dei più grandi calciatori del pianeta (se non il più grande), Diego Armando Maradona.

Adrian Mutu: tante maglie, un solo talento

Ad Europeo concluso, riparte la nostra rubrica dedicata ai numeri 10, anche se la lista dei nomi si va via via assottigliando, a causa dell’ormai consolidata abitudine di indossare maglie con numeri “personalizzati”, sempre più lontani dalle care casacche numerate dall’1 all’11.

Qualcuno però ancora non riesce a resitere alla tentazione di indossare il numero che fu dei grandi campioni come Pelè o Maradona, Platini o Zico, nella speranza di emularne le gesta.

Tra questi Adrian Mutu, fantasista della Fiorentina e della nazionale rumena, affezionato al numero che in patria fu di un altro grande campione, forse il miglior rumeno del secolo, George Hagi.