Storia degli Europei: Francia 1984

A 24 anni dalla prima edizione, è ancora la Francia la nazione incaricata di organizzare la fase finale del Campionato Europeo del 1984, con il vantaggio questa volta di non doversi sudare la qualificazione, essendo ammessa di diritto. Sulla panchina dei transalpini c’era Michel Hidalgo, che poteva contare su stelle del calibro di Six, Lacombe, Giresse, Tigana e, soprattutto Platini.

Ampiamente favorita per la vittoria finale, dunque, alla pari con l’Italia di Bearzot, Campione del Mondo nei Mondiali spagnoli di due anni prima. Ma, almeno per quanto riguarda gli azzurri, le previsioni della vigilia vennero completamente capovolte durante un girone di qualificazione non proprio irresistibile.

La formula della competizione era la stessa di quattro anni prima: 31 squadre divise in sette gironi, con le prime di ogni girone che avevano accesso alla fase finale. L’Italia venne sorteggiata nel Gruppo 5 insieme a Cecoslovacchia (che l’aveva battuta ai rigori nel 1980), Romania, Cipro e Svezia. La squadra azzurra era grossomodo quella di Spagna ’82, ma evidentemente non aveva più fame di successi, visto che l’unica vittoria la ottenne in casa contro la modesta Cipro.

Franco Baresi: il simbolo del Milan!

Lo abbiamo visto correre e sudare su e giù per il campo, ultimo baluardo della difesa e capace di proporsi in folate offensive palla al piede; lo abbiamo visto piangere per un Coppa del Mondo buttata al vento nel caldo asfissiante di Pasadena; lo abbiamo visto alzare coppe e trofei e restare il solito umile ragazzo quale era al su arrivo giovanissimo in maglia rossonera.

In un tempo in cui le bandiere avevano ancora un senso, Franco Baresi ha rappresentato più di ogni altro il simbolo di una sqaudra, vestendo la stessa maglia dal giorno dell’esordio a quello del ritiro.

E pensare che l’Inter lo aveva scartato, ritenendolo troppo gracile per uno che pretende di giocare in difesa e preferendogli il fratello Giuseppe. Ma il piccolo Franco non si diede per vinto e volle sostenere un provino anche per il Milan, squadra per cui tifava. Inizia qui il sodalizio tra la squadra rossonera ed il giovane talento, che entrò a far parte a 15 anni della grande famiglia per non uscirne più.

Franco Causio: il Barone

A Torino lo chiamavano Brazil, soprannome che gli affibbiò Vladimiro Caminiti, penna magica del giornalismo sportivo e grande intenditore di pallone. Franco Causio però è ricordato da tutti come “il Barone”, per via di quello stile inconfondibile che lo caratterizzava sia in campo che fuori.

Cresciuto calcisticamente nel Lecce, squadra della sua città, trovò la sua grande occasione nella chiamata di Gianni Agnelli alla corte bianconera. Qualche stagione in prestito qua e là per la penisola e poi il rientro a Torino per diventare titolare inamovile in una squadra di grandi campioni.

Le enciclopedie dl calcio lo indicano come l’inventore del ruolo di “ala tornante”, con il compito di attaccare e l’obbligo di difendere all’occorrenza, ed insieme a Bruno Conti è considerato il più forte cursore di fascia della sua epoca.

Torino-Juventus 3-2: rimonta granata in 124 secondi!

Nel calcio vince il più forte. Quasi sempre, almeno. Ma ci sono delle occasioni particolari in cui non basta avere in campo sei Campioni del Mondo, non basta poter contare su un duo di fuoriclasse stranieri, non basta chiamarsi Juventus e giocare contro una meteora.

Era il 27 marzo 1983 ed il calendario proponeva il derby della Mole, con la Juventus all’inseguimento della Roma prima in classifica ed il Toro senza grandi ambizioni. Era l’anno che seguiva i Mondiali di Spagna, vinti dall’Italia per 6/11 bianconera: un vero vanto per lo squadrone di Trapattoni ulteriormente rinforzato con gli innesti di Platini e Boniek. Il sempreverde Bettega ancora dava il suo contributo, nonostante l’età, ed a centrocampo Massimo Bonini garantiva qualità e quantità.

Il Toro era invece tutto muscoli e cuore, quel cuore che è sempre stato caratteristica fondamentale per i colori granata, specie se si trattava di metterlo in campo contro i rivali storici. Nel suo piccolo anche il Torino era Campione del Mondo, avendo tra le sue fila Beppe Dossena, numero 10 azzurro nei Mondiali di Spagna, anche se durante la competizione non ebbe modo di mettersi in mostra. Ma la Juve era superiore in tutto rispetto a quel Torino, che poteva sperare solo di limitare i danni.