Scudetto Inter: promossi e bocciati!

Uno scudetto sudato, il secondo consecutivo conquistato sul campo, il terzo dell’era Mancini, considerando quello strappato dalla maglia della Juventus nell’estate di Calciopoli. L’inter si sta riabituando a vincere, dopo anni e anni di sofferenza resa ancora più dolorosa dall’equazione soldi spesi=zero risultati.

Ma non è stato così semplice arrivare in fondo al campionato da prima della classe, con quegli undici punti di vantaggio bruciati in poche settimane ed il fiato della Roma sul collo fino al minuto 61 dell’ultima giornata. Alla fine l’entrata dello spilungone venuto dal freddo nord ha dato senso a tanta sofferenza e sotto la pioggia battente del Tardini ha regalato la gioia più grande nell’anno del centenario.

Questo scudetto porta la sua firma impressa a fuoco, perché alla fine tutti ricorderanno la doppietta di Ibrahimovic, dimenticando le polemiche per la sua fuga in Svezia a curare il ginocchio malandato, proprio nel momento in cui l’Inter aveva bisogno di un trascinatore. E’ tornato al momento giusto, meritandosi un 9 in pagella.

Volata scudetto: è qui la festa?

Ci siamo. Dopo una settimana di parole e titoloni sui giornali, domani finalmente sapremo se l’Inter dovrà scucirsi lo scudetto dal petto o se potrà continuare a giocare con le stesse maglie anche nella prossima stagione.

Già, dipende tutto dall’Inter che deve solo vincere ed evitare di far calcoli, restando attaccata alla radiolina per tutto il pomeriggio. Non c’è altra soluzione, o almeno non deve essere presa in considerazione.

Resta da stabilire quanto i nerazzurri credano nella possibilità di conquistare il titolo all’ultima giornata dopo i match point falliti nelle ultime settimane, perché quando si tratta di Inter nessuna possibilità può essere esclusa.

Hector Cuper esonerato: niente amarcord!

Nessun riscatto, niente rivalsa, ancora una volta il destino è stato beffardo con Hector Cuper, per il quale l’Italia non rappresenta certo un giardino felice. Ancora una delusione dopo le tante, troppe accumulate qualche anno fa quando sedeva su una panchina ben più prestigiosa. Stavolta la delusione si chiama Parma, terzultima in classifica e ad un passo dal baratro.

L’argentino era stato chiamato due mesi fa in sostituzione di Domenico Di Carlo, nella speranza di ripetere il miracolo dello scorso anno, quando Ranieri prese in mano le sorti della squadra, portandola ad una salvezza insperata. Per il tecnico romano fu l’occasione del rilancio professionale, tanto che quest’anno sta festeggiando il terzo posto in campionato e l’accesso alla Champions League con la neopromossa Juventus.

Per Cuper il destino ha scelto diversamente e, a soli sei giorni dalla sfida decisiva contro la “sua” Inter, è stato sollevato da quella panchina, invitato ad alzarsi e a far posto ad Andrea Manzo, allenatore della primavera.

Michael Laudrup: un danese di classe

Ancora un numero 10 di grande talento su queste pagine, uno dei più eleganti che abbiano mai calcato i campi del nostro Paese, Michael Ludrup, danese tutto classe ed inventiva, che molti cuori ha fatto trepidare tra gli amanti del bel calcio.

Ha vinto molto durante la sua lunga carriera, pur mancando l’appuntamento con la storia nel 1992, quando la sua nazionale andava a fregiarsi del titolo di Campione d’Europa, nonostante la sua assenza.

Così va il calcio e Michael ha avuto ben poco di cui pentirsi, convinto com’era delle sue ragioni che lo avevano allontanato dalla maglia biancorossa della Danimarca, a causa di divergenze con l’allenatore Richard Møller Nielsen.

37^ giornata: Materazzi riapre il campionato!

Che domenica, ragazzi! E che Inter! Ancora una volta ad un passo dalla gloria ed ancora una volta caduta sull’ultimo ostacolo, alla faccia di chi dava chiuso il campionato già da qualche mese. Ed invece eccoci qui, ad un giornata dal termine, con poche certezze e molte domande.

La 37^ di campionato ha un protagonista assoluto che risponde al nome di Marco Materazzi, noto a tutti per il suo carattere forte ed idolo indiscusso della curva. Almeno fino a ieri! Poi è arrivato il regalo inaspettato del Siena, con quell’abbraccio di Riganò sullo stesso numero 23 nerazzurro, che avrebbe potuto regalare il 16° scudetto a Moratti & Co.

E invece al termine di una domenica ricca di emozioni è arrivato l’errore che non ti aspetti, per la delusione del presidente e le imprecazioni (a ragione) di compagni e tifosi. 2-2 il risultato finale che condanna l’Inter a soffrire per altri 90 minuti, mentre gli spettri del 5 maggio 2002 cominciano ad aleggiare nello spogliatoio.

Ivano Bordon: portiere di ghiaccio

Gli piaceva essere chiamato “pallottola”, così come lo aveva soprannominato Sandro Mazzola, dopo averlo visto schizzare da una palo all’altro della porta con velocità impressionante, ma Ivano Bordon era famoso soprattutto per l’atteggiamento glaciale con cui affrontava le gare, tanto da meritarsi il titolo di “portiere di ghiaccio”.

Una vita quasi interamente dedicata al calcio, soprattutto a difesa della porta dell’Inter, dove giocò per 13 stagioni, conquistando due scudetti e due Coppe Italia. Di lui si ricorda una gara in particolare, una di quelle partite storiche a noi tanto care, che avremo modo di raccontare più in là, in un articolo a parte.

Per ora accontentatevi di conoscerne l’epilogo, con un giovanissimo Ivano Bordon (20 anni appena), che prendeva il posto di Lido Vieri e regalava la qualificazione al terzo turno di Coppa dei Campioni alla squadra nerazzurra. Quella sera il ragazzino davanti ad ottantamila spettatori riuscì a parare di tutto e di più, concedendosi anche il lusso di respingere un calcio di rigore a Hevcknes, e guadagnandosi meritatamente il titolo di eroe della serata.

Inter: caccia ai colpevoli!

A tre giorni dal derby che avrebbe dovuto consegnare lo scudetto nelle mani dell’Inter, si continua a parlare di colpe ed atteggiamenti sbagliati in campo, cercando di trovare un capro espiatorio da consegnare al giudizio della critica.

Non è colpa di Mancini, non lo è mai, qualunque cosa faccia, qualunque sia la disposizione tattica scelta, chiunque decida di far scendere nell’arena. Non lo diciamo noi, lo afferma lui stesso, risponedendo agli appunti del patron Moratti, deluso dalla prestazione molle e rinunciataria della squadra, che avrebbe potuto regalargli lo scudetto più bello, in uno stadio vestito di rossonero.

Ognuno può vedere la partita come vuole, quando si perde si deve sempre trovare un colpevole e il colpevole è l’allenatore. Il presidente può dire così anche se non mi trova d’accordo.

Liga: trionfo Real, è scudetto in rimonta

Il Real Madrid vince la Liga con 3 giornate di anticipo, e si cuce addosso il 31esimo scudetto. Uno dei campionati più brutti degli ultimi anni si concludono, come facilmente prevedibile, con la vittoria della squadra più quotata, ma solo per incapacità delle altre di starle dietro.

A dimostrazione di come il Real abbia potuto farcela solo per un mix di fortuna e incapacità altrui, la gara che le ha consegnato lo scudetto è stata vinta solo negli ultimi 3 minuti, dopo essere stati in svantaggio per quasi un’ora contro l’Osasuna (terz’ultimo in campionato). Ed è stata una fortuna che Robben e Higuain si siano svegliati rispettivamente al’87’ e al 89′, perchè con la concomitante vittoria del Villareal e con lo scontro di mercoledì prossimo contro il Barça, il Real avrebbe rischiato di vedere ridursi da 10 a 4 i punti di distacco sulla seconda, e a 2 giornate dal termine sarebbe stato davvero pericoloso.

36^ giornata: nessun verdetto

Eh si, sarebbe stato bello festeggiare lo scudetto in uno stadio completamente vestito di rossonero, davanti ai nemici storici che da anni non godono della stessa gioia. E invece la 36^ giornata di campionato ci regala la vittoria del Milan ed ora, a due turni dal termine, le gambe cominciano a tremare.

Alla fine l’Inter riuscirà a conquistare il tricolore, ma ora la Roma è a soli 3 punti ed il calcio ci ha insegnato da tempo che non sempre si verifica il risultato più scontato.

Campionato ancora aperto, dunque, grazie ai gol di Inzaghi e Kakà e ad una gara giocata decisamente meglio dagli uomini di Ancelotti, nonostante le ottime occasioni sprecate da Crespo e compagni. Il gol di Cruz riaccendeva le speranze nerazzurre, ma alla fine l’Inter ha dovuto rinunciare al sogno di vincere il titolo con due giornate di anticipo e sotto gli occhi dei cugini.

4 maggio 1949: Torino piange i suoi campioni!

4 maggio 1949, il cielo sopra Torino era cupo, la pioggia batteva sul trimotore Fiat che riportava a casa i ragazzi granata, dopo la trasferta in Portogallo. Erano anni in cui non era così normale spostarsi in aereo e la maggior parte della squadra, allenatore Ferrero in testa, non era affatto entusiasta di usare un mezzo di trasporto così all’avanguardia. Avevano paura, purtroppo a ragione.

Erano le 17:05 del pomeriggio, più o meno l’ora in cui andiamo on line per raccontare la storia di quel Grande Torino, tragicamente scomparso sulla collina di Superga. Sono passati 59 anni, eppure il ricordo di quella squadra è ancora vivo, anche nelle menti di coloro che allora non c’erano ed hanno conosciuto la storia solo da vecchie pagine dei giornali o dai ricordi di chi quei giorni li ha vissuti.

Tornavano dal Portogallo, dicevamo, da una festa dello sport, di quelle che si organizzano per dare l’addio ad un grande campione. L’addio al calcio, ovviamente, ma per quei ragazzi fu l’addio alla vita, prematuramete strappata da un crudele destino.

Inter-Milan 6-5: derby spettacolo!

Nella settimana che potrebbe consegnare lo scudetto all’Inter proprio in casa degli odiati cugini, ci sembra giusto ricordare un derby di quasi sessant’anni fa, il più spettacolare mai visto dalle parti di Milano.

Era il 6 novembre 1949 ed essendo ad inizio campionato non si poteva parlare ancora di tricolore da assegnare, ma quello che successe quel giorno sul campo di San Siro è entrato di diritto a far parte della leggenda del calcio meneghino.

Fior di campioni vestivano in quell’anno le casacche a strisce delle due squadre: Wilkes, Amadei, Lorenzi, Nyers per l’Inter; il trio delle meraviglie Gre-No-Li per il Milan. Le premesse per uno spettacolo degno di un derby c’erano tutte, ma chi si sarebbe mai aspettato di assistere a ben 11 gol?

Sandro Mazzola: predestinato di classe

Un destino nel nome, un predestinato che deve sempre dimostrare di essere erede degno di un padre così importante. E’ la storia di Sandro Mazzola, figlio di Valentino, capitano del Grande Torino, prematuramente scomparso nella tragedia di Superga.

Sandrino all’epoca era un bambino ed ancora oggi confessa di aver cancellato quella fetta di esistenza che precedeva il grande dolore. Iniziò a tirar calci ad un pallone spinto da una vocazione naturale, sapendo sin da allora che il confronto con il papà-campione sarebbe stato inevitavile. Ha sempre ammesso che suo padre era di un altro pianeta e per quanto poi nella carriera Sandro ebbe modo di dimostrare grandi doti, non raggiunse mai la classe sopraffina del genitore.

Lo portò all’Inter Giuseppe Meazza, più per pietà verso un ragazzino che aveva perso suo padre in un modo così tragico, che per l’effettivo talento del giovane Mazzola. Ma Sandro negli anni riuscì tirar fuori la classe e ad onorare il cognome che portava.