Napoli: è rissa per i biglietti della gara contro il Bayern

Scontro tra tifosi a Napoli. Ma non tra tifosi di squadre diverse, ma tra napoletani e napoletani. Il trofeo è un biglietto per la trasferta di Monaco contro il Bayern che nessuno voleva perdersi. I tagliandi a disposizione dei tifosi napoletani erano 3000, di cui 2.500 venduti presso i botteghini del San Paolo e 500 sul sito della Lottomatica.

Una procedura normale e già nota, visto che alcuni si sono accampati all’esterno dello stadio subito dopo la partita contro l’Udinese di mercoledì sera, in modo da essere i primi ieri mattina quando sono stati aperti i botteghini. La folla accorsa a Fuorigrotta contava circa cinquemila persone che sono rimaste tranquille fino alle 9:59, ma appena alle 10:00 sono stati aperti i botteghini, è scoppiato il caos.

Ultras Napoli: l’altra versione dei fatti.

L’argomento ha monopolizzato le prime pagine dei giornali negli ultimi 10 giorni, riportando l’attenzione su un tema spesso affrontato e mai risolto del calcio italiano, ovvero quello della violenza dentro e fuori lo stadio.

Su queste pagine ne abbiamo ampiamente trattato, riferendo via via di tutte le misure adottate dal ministro Maroni per arginare il problema ed evitare che si ripetano episodi come quello di Roma nella prima di campionato.

Inutile star qui a ricordare i disordini allo stadio, con lancio di petardi e ferimento di diverse persone, o le devastazione sugli autobus della capitale o ancora i 500.000 euro di danni provocati sul treno Roma-Napoli. Le immagini di quella lunga giornata sono ancora sotto gli occhi di tutti, ma c’è una voce fuori dal coro e noi abbiamo l’obbligo di darne conto. Si tratta di un giornalista austriaco, tale Reinhard Krennhuber, redattore capo della rivista >Ballesterer fm, che ha accompagnato gli ultras partenopei nel viaggio verso la Capitale e, una volta tornato in patria, ha fornito una versione completamente diversa da quella dei media italiani.

Arresti e feriti a Manchester per la finale di Coppa Uefa

Poteva essere una festa, doveva essere una festa ed è solo un caso se non stiamo qui a raccontare l’ennesima tragedia legata ad una partita di pallone.

Teatro della vicenda è la città di Manchester, scelta come sede della finale di Coppa Uefa tra Zenit San Pietroburgo e Glasgow Rangers e presa d’assalto, come è logico, dai tifosi scozzesi e russi, nella speranza di trovare un tagliando per assistere alla gara.

Ma i biglietti sono andati esauriti molto in anticipo rispetto al fischio d’inizio di mercoledì sera e molti supporters sono partiti dalla loro terra, sapendo già che avrebbero dovuto accontentarsi dei maxischermi sparsi per la città o dei pub in cui veniva trasmessa la finale. L’invasione ha riguardato soprattutto i tifosi dei Rangers, scesi a migliaia dalla vicina Scozia per sostenere i propri beniamini. Ma qualcosa deve essere andato storto se alla fine della fiera siamo qui a contare gli arresti (42) ed i feriti (uno solo grave, ma non in pericolo di vita).

Gabriele Sandri, ultima vittima innocente di un calcio malato

E’ sempre difficile commentare un tragico fatto di cronaca come quello avvenuto ieri cercando di essere completamente obiettivi.
La morte di Gabriele Sandri, tifoso laziale, ucciso con un colpo di pistola da un poliziotto della Polstrada in una situazione ancora da chiarire, ha fatto nuovamente sprofondare il mondo del calcio nel caos, a soli 9 mesi di distanza dall’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti durante gli scontri tra tifosi del Catania e del Palermo.
Cosa significa questo? Forse che tutte le misure ed i provvedimenti presi finora dai governi per arginare il fenomeno ultras si sono rivelati dei palliativi?

L’unica certezza che oggi abbiamo è la forte idiosincrasia di buona parte delle tifoserie verso le forze dell’ordine, in un crescendo di violenze che, francamente, mette paura. Vedere coalizzarsi insieme tifoserie storicamente avverse per andare contro Polizia, Carabinieri o i media è un segnale che deve far riflettere attentamente.
L’impressione è che la morte di questo povero ragazzo sia solo un pretesto per sfogare la propria rabbia contro il sistema Stato, rappresentato dagli agenti, in un periodo in cui il malcontento verso le istituzioni ha toccato il livello più alto degli ultimi anni.