Si sperava in una atto di clemenza da parte del giudice sportivo nella vicenda che ha visto protagonisti Rosi e Lavezzi lo scorso sabato, quando i due si sono “rinfrescati” reciprocamente sputandosi addosso manco fossero dei lama. Sperava nella clemenza soprattutto il Napoli, impegnato nella corsa scudetto e opposto al Milan capolista tra un paio di settimane.
E invece niente clemenza, niente mano leggera, nessun appello per i due protagonisti che si beccano ben tre giornate di squalifica. Il giudice sportivo si è avvalso della visione delle immagini tv ed ha ritenuto giusto equiparare lo sputo ad un gesto particolarmente violento, come vuole il regolamento del calcio.
Il Milan chiama, il Napoli risponde, mentre la Roma perde una buona occasione per avvicinarsi al gruppo di testa. Alla vigilia del secondo posticipo della venticinquesima di campionato, mister Mazzarri aveva provato a nascondersi dietro la scusa della stanchezza, cercando di dare una spiegazione ad un’eventuale prova grigia dei suoi. Ma nella sfida dell’Olimpico i partenopei non hanno avuto bisogno di scuse ed hanno dimostrato ancora una volta di essere pronti per sognare in grande.
Poche azioni degne di nota nella prima frazione di gioco, con il Napoli che sembrava più in palla e più determinato a tentare il colpo grosso. Vucinic, Gargano e Dossena cercavano di cambiare gli equilibri della gara, ma alla fine della fiera sarà 0-0 all’intervallo. Nella ripresa Ranieri cerca di mischiare le carte e getta sul terreno di gioco Menez, l’uomo che potrebbe cambiare le sorti dell’incontro, viste le ultime prove positive.
Anticipo della venticinquesima giornata di serie A.
Stadio Olimpico, Roma: Roma-Napoli 0-2
Reti: 4′ st rig. e 38′ st Cavani (N)
Un doppio Cavani per i sogni di gloria. Napoli, prova di maturità. I partenopei sono grandi. Roma asfaltata in casa sua. E via dicendo. Proviamo a prevenire e immaginare la lettura dei titoli a caratteri cubitali che troveremo sulle pagine dei principali quotidiani sportivi tra qualche ora. Una gara condotta dagli ospiti fin dalle prime batttute ha permesso in qualche maniera di rendere meno sonante la vittoria di poco prima del Milan, capace di liquidare il Parma con quattro reti di differenza. L’obiettivo della cavalcata ha un nome nitido e preciso, inizia per esse e in terra campana – attimo dopo attimo – la consonante sta trasformando quella parolina cui abitualmente associamo la regione – scaramanzia, e dove se non a Napoli! – con l’altra parola di otto lettere. Scudetto.
Lo si comincia a pensare e gli si attribuisce fisionomia sempre più definita: il gagliardetto, man mano che si sviluppa questo pazzo e folle campionato, è – dalle parti di Masaniello – sempre meno sfocato. Lo si dice sottovoce ma pure lo si comincia a dire. Scudetto. Soprattutto dopo un banco di prova tanto importante. La Roma giallorossa non è affatto poca cosa. Dire che Cavani è nuovamente decisivo e trascinante è dir poco: il provvisorio cannoniere di serie A, quello che segna e incide in termini di punti conquistati più di Maradona, ha fatto della difesa improvvisata dei capitolini un panetto di burro che a ogni affondo si scioglieva sempre più.
Quarantasei punti in classifica, tre lunghezze di distanza dal Milan capolista ed una seconda posizione conquistata con pieno merito. Il Napoli ci crede, crede nella possibilità di concludere la stagione ai piani alti, sa di poter regalare un sogno ai propri tifosi, sebbene nessuno osi pronunciare la parola scudetto. Domani sera c’è l’ennesima tappa da raggiungere, contro una Roma che non ha alcuna intenzione di mollare punti, specie tra le mura amiche. Sfida determinante per il campionato? Mazzarri non vuole sentir parlare di partita chiave, pur riconoscendo l’importanza della gara:
E’ solo una partita importante, il resto sono slogan. Non ha senso parlare di sfida per lo scudetto o per la Champions. Le somme le tireremo alla fine. Adesso bisogna fare punti, la classifica parziale non conta nulla.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Lo abbiamo ripetuto decine di volte parlando dei “colpi di testa” in campo e fuori dei milionari del pallone, ma mai proverbio fu più azzeccato come nel caso di Adriano, il quale sembra soffrire di una strana sindrome che lo porta a ripetere errori già visti, errori che ne hanno compromesso la carriera, facendolo scendere dal trono di Imperatore che si era costruito nei primi anni di attività.
L’ultima bravata risale alla notte scorsa, quando l’attaccante della Roma è stato fermato in evidente stato “alterato” dalla polizia brasiliana in un quartiere di Rio de Janeiro. Un controllo come tanti altri, patente, libretto e test dell’etilometro. E lui che ti fa? Si rifiuta di sottoporsi all’alcol-test, che equivale alla positività. Morale della favola: ritiro della patente (che potrebbe durare anche un anno) e multa equivalente a 420 euro.
Posticipo della ventiquattresima giornata di serie A.
Stadio Meazza di San Siro, Milano: Inter-Roma 5-3
Reti: 3′ pt Sneijder (I), 13′ pr Simplicio (R), 35′ pt e 18′ st rig. Eto’o (I), 26′ st Motta (I), 31′ st Vucinic (R), 36′ st Loria (R), 45′ st Cambiasso (I)
Luci a San Siro, cantava Vecchioni. E in mezzo a cotanto bagliore, il fascio dei proiettori diventa occhio di bue. Il campo pare palcoscenico, l’erba è una distesa su cui incidere. La chiazza nera che si muove come inchiostro impazzito ha le fattezze di Eto’o. Lo muove una mano invisibile: l’abilità. A passo felpato, il camerunense trasforma l’A4 di San Siro in un rettangolo in cui si danza. Quando segue la musica interiore, la punta straripa. Non c’è Burdisso che tenga, nè un Juan chiamato agli starordinari. Non c’è, ma non avrebbe potuto incidere neppure lui, Mexes. La Roma che approda a Milano è un’insieme di carattere e volontà nel quale occorre capire che collocazione attribuire alle singole virtù: ma i pieni polmoni di Perrotta sembrano un salvagente sgonfio, Riise è l’ossimoro di un vichingo che non giganteggia, l’imprevedibilità di Menez pare d’improvviso la comparsata di uomo qualunque, Borriello è una torre leggermente pendente. Lo stesso difetto che fa di Pisa una città presa d’assalto dai turisti rende di punto in bianco l’attaccante capitolino il ricordo di un prodigio che fu. E che, di fronte a cotanta Inter, non è stato.
Una citazione particolare, in mezzo a una serie di aforismi che si sono rincorsi per 90′, la incarna Leonardo. Emblema di un calcio spettacolo, lo stesso che avrebbe dovuto ispirare la gioia. Il sorriso. Cambia la sponda e, magicamente, il pensiero si tramuta in realtà. Nerazzurri da favola: non manca niente. Il pazzo che scombussola i passanti è Pazzini; il mago sta nei piedi di Sneijder; la saggezza custodita in Zanetti; Motta è la spalla su cui poter sempre contare; Julio Cesar guardiano notturno che tutela la fortezza, inespugnabile. E lui, il re, che in barba al principe – Milito non c’è – riesce a illustrare in quattr’e quattro otto le gerarchie. Presi per mano da Eto’o, i padroni di casa si accingono a stupire, incantare, lasciare il segno. Rassegnarsi a un calcio mediocre, dopo aver assistito a questo Inter-Roma è come disilludersi.
Luci a San Siro, le luci dei fuochi d’artificio tra due squadre – Inter e Roma – che negli ultimi anni hanno dato vita a sfida epiche, scontrandosi spesso per mettere in bacheca un trofeo in più. Nessuna coppa in palio nel posticipo della ventiquattresima giornata di campionato, ma tre punti pesanti che valgono un posto di lusso in classifica, nella rincorsa alle prime della classe.
Manca Totti, manca Milito (entrato solo a partita in corso), mancano Samuel e Lucio, ma i 22 in campo riescono ad offrire uno spettacolo entusiasmante, checché ne dica chi sostiene che la gara perfetta è quella che termina a reti inviolate.
Quarta sfida dei quarti di finale di coppa Italia.
Stadio Olimpico, Torino: Juventus-Roma 0-2
Reti: 20′ st Vucinic (R), 46′ st Taddei (R)
La Roma sfiderà in semifinale (formula di andata e ritorno) l’Inter.
Che gli ha fatto Claudio Ranieri, contestato in maniera eccessiva da critica e competenti del settore per un gioco mai spumeggiante (lo abbiamo pensato e detto, in più di una circostanza, anche su queste pagine), a questa Roma, pare difficile capirlo. Fatto sta che i giallorossi, una volta di più, mostrano di aver affinato meccanismi e smussato gli angoli di pecche difensive e lacune di tenuta atletica, andando a vincere in terra torinese e portando a casa una qualificazione alle semifinali di Coppa Italia che fa morale e accresce ulteriormente la fiducia nei propri mezzi.
La Juventus ha mostrato di non poter ancora competere per traguardi importanti anche a causa di assenze pesanti in fase offensiva. E’ proprio in attacco che bianconeri sono mancati, dando ragione a chi ritiene che senza un intervento in sede di mercato di riparazione la corsa ai vertici della classifica di serie A sarà parecchio dura. Strani meccanismi, quelli del calendario: la squadra finalista della passata stagione si trova a giocare fuori casa la sfida secca per l’accesso al turno successivo: alta la posta in palio, il fatto che si sfidino le due squadre con più titoli nazionali in bacheca è inoltre elemento di interesse aggiuntivo.
Scudetto: un termine bandito dal vocabolario della Vecchia Signora, almeno fino alla sosta natalizia, quando i risultati confortanti avevano convinto il tecnico Delneri a sbilanciarsi sulle reali ambizioni della Juventus. Poi è arrivata la sosta e c’è da supporre che Del Piero e compagni abbiano fatto una lauta abbuffata di panettoni e torroni, se è vero che al rientro non sono più riusciti a dare continuità ai risultati precedenti.
Ora la vetta della classifica è più lontana ed allora è il caso di percorrere altre vie, rincorrendo magari la qualificazione alle semifinali di Coppa Italia, in attesa di sapere quali possano essere le reali ambizioni in campionato. Impresa non semplice, visto che tra la Juventus e la semifinale della coppa nazionale c’è la Roma dell’ex Ranieri, in netta ripresa dopo un inizio di stagione non entusiasmante. Delneri carica i suoi e li invita a tirare fuori il meglio:
La Juve, al solito, dovrà tirare fuori il massimo di se stessa. Daremo tutto, perché quella di domani contro la Roma è una partita importante.
La Roma vince, non convince, ma si porta in seconda posizione, in attesa delle gare di oggi che definiranno meglio la classifica della Serie A. Al cospetto dei capitolini c’era il Cagliari di Donadoni, che sperava di riportare in Sardegna almeno un punto, rivitalizzato com’era dalla vittoria interna contro il Palermo.
La Roma veniva invece dal successo in zona Cesarini contro il Cesena e – soprattutto – dalla vittoria nel derby di Coppa Italia, ma ci teneva in modo particolare ad imporsi sugli isolani, vista la figuraccia rimediata in terra sarda nel girone di andata. Non che i giallorossi nella serata di ieri abbiano fatto una splendida figura di fronte al proprio pubblico, ma alla fine della fiera quello che conta è il risultato finale ed i tre punti messi in cascina.
Anticipo della ventunesima giornata di serie A.
Stadio Olimpico, Roma: Roma-Cagliari 3-0
Reti: 22′ pt rig. Totti (R), 25′ st Perrotta (R), 47′ st Menez (R)
Tre punti e una qualificazione per i quarti di finale di coppa Italia: a leggere soltanto l’esito delle ultime due gare, parrebbe di essere di fronte a una Roma, se non spumeggiante, almeno piacevole. Invece il campo ha raccontato, in entrambe le circostanze, di una squadra che fatica a costruire gioco e impostare la manovra. Claudio Ranieri ha dalla sua i risultati ma i 90′ dei giallorossi non convincono mai abbastanza. Di fronte ai locali, nell’anticipo serale della ventunesima giornata di serie A, un Cagliari reduce dalla netta e meritata vittoria interna sul Palermo e voglioso di dare continuità alla striscia utile di risultati.
Solite sorprese, al momento della ricezione della formazione, solo in casa capitolina: stavolta Ranieri rinuncia a Menez e Vucinic e si affida al 4-4-2 con Totti e Borriello di punta e Taddei a supporto dei tre di centrocampo – De Rossi, Perrotta e Simplicio – mentre in difesa torna Cassetti. Donadoni propone un modulo speculare: Nenè e Acquafresca in attacco con Cossu sulla trequarti. A centrocampo, chiavi della mediana affidate a Daniele Conti il quale, nonostante cotanto cognome e cotanto papà (il campione del mondo Bruno) non ha mai disdegnato creare dispiaceri alla retroguardia giallorossa.
6 GIUGNO 1927. E il dì di seguito, 7 giugno.
Giorni frenetici e concitati, istanti impressi nelle pagine della storia del calcio italiano e scolpiti nelle menti di chi, da lì a un battito di ciglia, si sarebbe potuto definire tifoso della Magica. Il calcio laziale era fino ad allora rappresentato da quattro club: la Società Fascista Fortitudo Pro Roma, l’Alba Audace, il Roman Football Club e la Lazio. Ma l’idea, in qualche maniera, parve geniale fin da subito: fare di quattro squadre differenti un’unica struttura, unire forze e obiettivi, procedere insieme. Le trattative vennero avviate in modo repentino. Quattro mura per quattro presidenti: Italo Foschi per la Fortitudo, l’onorevole Ulisse Igliori per l’Alba Audace, l’avvocato Vittorio Scialoja per il Roman Football Club e Giorgio Vaccaro per la Lazio.
La sponda giallorossa del Tevere è in festa per il 2-1 portato a casa nel derby di ieri seri, ma il risveglio non è poi così lieto, alla luce dell’ennesimo infortunio di Adriano, il terzo da quando ha messo piede nella Capitale. L’attaccante brasiliano nel corso del primo tempo della gara di Coppa Italia è rimasto a terra dopo un contrasto con un avversario, stringendo poi i denti fino al termine della frazione.
Nella giornata di oggi, poi, gli accertamenti e la diagnosi non proprio felice per l’Imperatore: frattura della testa omerale destra, disinserzione parziale del cercine glenoideo anteriore e lesione del legamento gleno-omerale inferiore. Tanti paroloni medici messi insieme, che in termini però vogliono significare una sola cosa: Adriano dovrà stare lontano dai rettangoli verdi per almeno un mese.
Ottavi di finale di Coppa Italia.
Stadio Olimpico, Roma: Roma-Lazio 2-1
Reti: 8′ st rig. Borriello (R), 13′ st rig. Hernanes (L), 32′ st Simplicio (R)
Daniele De Rossi, per almeno tre motivi. Il primo è che la Roma, battendo la Lazio per 2-1, si aggiudica il derby di coppa Italia e si qualifica per i quarti di finale dove incontrerà la Juventus in una gara ancora secca: si giocherà all’Olimpico bianconero per la migliore posizione juventina nella griglia di partenza. Il secondo è dato dal fatto che, senza Francesco Totti squalificato, chi incarnava in maniera evidente e totale l’essenza della formazione giallorossa era proprio lui, capitan Futuro. Il terzo, infine, sta nel fatto che quel futuro ad affiancare lo status di capitano, con il passare dei giorni, si sta affievolendo sempre più per trasformarsi in un presente vivo, nitido, reale. Con la fascia intorno al braccio, Daniele De Rossi ha finora vinto tutti i derby disputati: che fosse campionato, che fosse coppa. Il che non significa, vero, che in carriera li abbia vinti tutti. Come lui, se non meglio, ha fatto Claudio Ranieri: era la quarta stracittadina, per il testaccino, che ha fatto poker. Quattro vittorie, nessuna sconfitta, manco un pareggio. Eppure, stavolta, tutto si può dire meno che il mister capitolino avesse azzeccato la formazione iniziale.
Dentro Adriano e Borriello, fuori Menez e Vucinic; mediana corposa e rocciosa con Brighi, Simplicio e Greco di fianco al biondo ostiense; in difesa Mexes e Juan al centro con Burdisso e Riise sulle fasce. Fronte Lazio: assente Muslera per infortunio, dentro Berni; Mauri e Floccari vanno in panchina e Reja si affida a Gonzalez e Kozak. Biava e Radu tornano titolari a differenza della sfida contro la Sampdoria. Altro dato che comunichiamo per non perdere lo sfizio di dare degli imbecilli a quanti lo meritano: nel prepartita, rotto vetro pullman biancoceleste, ferito il team manager Maurizio Manzini e accoltellato al gluteo un ragazzino di quindici anni. Il tifo non abita nel “carne e ossa” dei responsabili: lì c’è solo spazio per l’ignoranza colpevole.
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