La Lazio è favorita, si diceva alla vigilia del derby capitolino e, come spesso accade nel calcio, il favorito finisce per prenderle. Nel diluvio dell’Olimpico è la Roma a spuntarla, grazie ad un Totti che finalmente è tornato a dimostrare di poter essere determinante, alla faccia della carta di identità e dei mugugni che hanno caratterizzato l’ultimo periodo.
Del capitano le due reti che valgono i tre punti in classifica e che costringono la Lazio ad uscire momentaneamente dalla zona Champions. Alla Lazio non resta che incassare la quinta sconfitta consecutiva nella stracittadina, causata – a detta di Lotito – dai raggi laser finiti negli occhi di Muslera al momento dei tiri da fermo decisivi.
Il pareggio dell’Inter nell’anticipo di venerdì aveva lasciato presagire la chiusura anticipata del campionato, certi come eravamo che il Milan non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione di allungare sui cugini. Del resto, lo sparring partner di giornata era il Bari, ultimo in classifica, distante anni dal Milan capolista (44 punti di distacco!) e forse in pochi immaginavano che alla fine della fiera i rossoneri si ritrovassero a dover rincorrere, per poi mettere in saccoccia la miseria di un punticino.
E dire che i padroni di casa avevano attaccato con costanza nella prima frazione di gioco, sfiorando più volte la rete con il trio delle meraviglie Ibrahimovic-Pato-Robinho. Ma sul finire del primo tempo arrivava la beffa, quando Rudolf portava i suoi in vantaggio.
Anticipo della ventinovesima giornata di serie A.
Stadio Meazza di San Siro, Milano: Milan-Bari 1-1
Reti: 39′ pt Rudolf (B), 37′ st Cassano (M)
L’occasione ingolosisce soprattutto chi ha fame da vendere. E il Milan, fresco di eliminazione dalla Champions League per mano del Tottenham (o di se stesso?) non ha che aggrapparsi in maniera esclusiva al campionato, la cui vittoria è ormai obiettivo da centrare a ogni costo. Il pari dell’Inter a Brescia – e, per come si era messa, ai nerazzurri è andata fin troppo bene – diventa incentivo ulteriore per tentare una mini fuga in una fase cruciale della stagione. Di fronte a un Bari già per tre quarti condannato alla retrocessione, gli uomini di Allegri puntano a incamerare i tre punti per staccare i cugini di sette punti e rendere meno decisivo il confronto diretto. A Milano cade una pioggia sottile e fastidiosa, che il terreno di gioco non sia in condizioni impeccabili va da sè e la cornice di pubblico, pur non essendo quella delle grandi occasioni, consente di prendere atto di una discreta presenza del tifo locale.
Milan-Bari non è solo sfida testa-coda tra i primi e gli ultimi in classifica ma anche gara che mette di fronte la miglior difesa della serie A e il peggior attacco. Allegri rinuncia a Boateng, non convocato, e lancia in mediana il trio composto da Gattuso, Van Bommel e Merkel. L’attacco è lo stesso di Tottenham con Robinho alle spalle di Ibrahimovic e Pato. Solo panchina per Flamini, Seedorf e Cassano. Mutti replica con un undici giovane che ha in Ghezzal e Rudolf i suoi riferimenti offensivi: dietro di loro, Almiron.
A bocce ferme chi avrebbe mai potuto immaginare che il neopromosso Cesena potesse rappresentare una fonte di preoccupazione per la Vecchia Signora nell’anticipo della ventinovesima giornata? E invece la gara contro gli uomini di Ficcadenti era una sorta di crocevia (l’ennesimo) per Delneri e per la Juventus, incapace di risollevarsi e sempre più lontana dalla posizioni che contano.
Contro il Cesena serviva una prestazione degna del blasone, una scossa che potesse ridare fiducia ad un ambiente piuttosto deluso. E la Juventus aveva pure cominciato nel modo migliore, guadagnando un doppio vantaggio già nel primo tempo. Del Piero ritrovava i guizzi dei tempi migliori e Matri si riscopriva goleador, aggiungendo una doppietta al suo score personale.
Anticipo della ventinovesima giornata di serie A.
Stadio Manuzzi, Cesena: Cesena-Juventus 2-2
Reti: 19′ pt e 35′ pt Matri (J), 41′ pt rig. Jimenez (C), 35′ st Parolo (C)
Le parole pronunciate nel corso della vigilia da Gigi Del Neri erano state chiare, l’eco da parte della società non aveva che confermato le dichiarazioni del tecnico della Juventus. “Da qui alla fine, sono dieci finali”: il che equivale, oltre che a cercare di scuotere un ambiente frastornato e una rosa incapace di mostrare reazioni positive sul terreno di gioco, anche a lanciare un messaggio inequivocabile. A fine anno si tireranno le somme: per tutti. Dai tecnici ai calciatori, dagli esordienti ai veterani.
Eppure, rispetto alle recenti prestazioni, è proprio alle bandiere – nella fattispecie, Gianluigi Buffon e Alessandro Del Piero – che Del Neri decide di affidarsi per cercare di espugnare uno stadio Manuzzi che offre un gran bel colpo d’occhio. Spalti gremiti e voglia, da parte dell’ambiente di casa, di credere nell’ennesima impresa di stagione: battere la Juventus per lottare strenuamente e compiere un passo di ulteriore avvicinamento rispetto alla salvezza. Ficcadenti presenta il tridente offensivo con Jimenez e Giaccherini a sostegno della punta centrale, Bogdani. Il tandem d’attacco ospite vede Del Piero con Matri, in mediana regia affidata ad Aquilanimentre in retroguardia si rivedono Traore e Motta.
Il treno-scudetto ha effettuato una brusca frenata ed ora c’è da sperare solo che il Bari fermi la corsa del Milan e gli impedisca di scappare verso la conquista del tricolore. L’Inter si ferma a Brescia, al termine di una gara che avrebbe potuto vincere largamente, ma che alla fine della fiera avrebbe anche potuto perdere, se il buon Julio Cesar non avesse mostrato il meglio di sé, parando un calcio di rigore.
La gara era cominciata in salita per gli ospiti, forse con la testa già a Monaco di Baviera, dove il prossimo martedì cercheranno la non facile rimonta contro il Bayern. Ma la distrazione durava solo una decina di minuti, prima che l’Inter cominciasse a portarsi stabilmente in avanti, per poi trovare la via della rete al minuto numero 18 con Eto’o.
Anticipo della ventinovesima giornata di serie A.
Stadio Rigamonti, Brescia: Brescia-Inter 1-1
Reti: 18′ pt Eto’o (I), 39′ st Caracciolo (B)
La difficoltà maggiore, per questa Inter, era quella di conservare la massima concentrazione per pensare in maniera equa ed efficace alla competizione nazionale e a quella europea. Detentrice di entrambi i trofei, la squadra di Leonardo si trova nella delicata situazione di mettere in atto due rimonte: sul versante campionato, quella sul Milan che precede in classifica; quella in Champions League sul Bayern Monaco, che può contare sul vantaggio della partita di andata, quando i bavaresi riuscirono a espugnare il Meazza di San Siro allo scadere della ripresa. Lo squadrone nerazzurro, la rosa più competitiva dell’attuale stagione calcistica italiana, può riuscire in entrambe le missioni ma è altrettanto vero – rovescio della medaglia – che in pochi giorni potrebbe essere decretata una disfatta micidiale.
Ovvero, ulteriore terreno da recuperare in serie A, eliminazione dalla Champions. La cinque giorni nerazzurra cominciava in serata sul Rigamonti di Brescia, contro una formazione, le Rondinelle di Beppe Iachini, bisognosa di accumulare punti per non perdere il treno di una salvezza difficilissima. Penultimi a tre lunghezze da Lecce e Cesena: i padroni di casa schierano un 3-5-2 con Diamanti e Caracciolo in attacco; ospiti in campo nel classico 4-2-3-1 con Pazzini in avanti e Pandev, Sneijder ed Eto’o a supporto dell’ex doriano. Particolare la gara di Nagatomo, schierato titolare a sinistra, che ha vissuto con angoscia e partecipazione interessata il terremoto che ha colpito il Giappone.
Strano destino quello di Cosmi, “costretto” a debuttare sulla panchina del Palermo nella non facile gara contro la Lazio, in quella che per lui rappresentava una sorta di derby, vista la fede per i colori giallorossi. I rosanero erano chiamati a dimenticare in fretta il 7-0 casalingo rimediato contro l’Udinese, che tanto caro è costato a Delio Rossi.
Ma il cambio d’allenatore sembra non aver giovato ai siciliani che al minuto numero 6 erano già sotto per effetto della rete messa a segno da Sculli, il quale si ripeteva di lì a poco infilando nuovamente Sirigu. Un 2-0 messo in cassaforte nel primo quarto di gara e custodito poi per i restanti settanta minuti, mentre il Palermo sembrava non riuscire a svegliarsi dal lungo incubo iniziato una settimana fa.
Posticipo della ventottesima giornata di serie A.
Stadio Olimpico, Roma: Lazio-Palermo 2-0
Reti: 7′ pt e 18′ pt Sculli (L)
Misurare la maturità del Palermo che, privo dell’esonerato Delio Rossi, ha modo di misurare gli effetti della scelta di patron Zamparini il quale, senza sentire ragioni, ha deciso di cancellare l’esperienza dell’ex laziale che paga il 7-0 interno contro l’Udinese. In barba a quanto – moltissimo, diciamo noi – di buono fatto dal tecnico, sostituito dal grintoso Serse Cosmi, i rosanero hanno una nuova guida tecnica e provano a rispondere alla chiamata di presidente e tifosi.
Sulla strada degli isolani, ci finisce una Lazio desideraìosa di difendere con unghie e denti la zona Champions League: insidiati dall’Udinese, gli uomini di Reja non possono fallire per non perdere la quarta posizione in graduatoria. Di fronte a uno stadio Olimpico che mostra parecchi spazi vuoti, i biancocelesti si affidano a un modulo spregiudicato che, semmai ce ne fosse bisogno, chiarisce le intenzioni dei padroni di casa: due trequartisti, Zarate ed Hernanes, alle spalle di Floccari, unica punta di riferimento. Di contro, Cosmi imbottisce il centrocampo e mette Pastore a ridosso di Hernandez.
Occasione sprecata per la Sampdoria di Mimmo Di Carlo, che tra le mura amiche ospitava il Cesena neopromosso e terzultimo in classifica. Ci si aspettava una scossa nell’ambiente doriano, dopo la travagliata stagione che ha portato alla partenza dei suoi pezzi migliori, e invece ad uscire con i tre punti in tasca sono i bianconeri, che bissano la vittoria contro il Chievo e fanno un salto in avanti in classifica (sempre terzultimi, ma in compagnia di Lecce e Parma).
La gara si è decisa in pochi minuti, a cavallo tra il primo ed il secondo tempo, quando Parolo apriva le danze a pochi giri di lancetta dall’intervallo e Giaccherini chiudeva i giochi (doppietta tra il 1′ ed il 3′ minuto della ripresa). Tardiva la reazione della Sampdoria, che non è riuscita ad andare oltre il gol di Volta al 38 della ripresa, per poi accorciare ulteriormente le distanze con Maccarone su calcio di rigore per il 2-3 finale a pochi istanti dal triplice fischio.
Anticipo della ventottesima giornata di serie A.
Stadio Marassi, Genova: Sampdoria-Cesena 2-3 Reti: 43′ pt Parolo (C), 1′ st e 3′ st Giaccherini (C), 38′ st Volta (S), 47′ st rig. Maccarone (S)
Nessuna sfida decisiva ai fini dello scudetto, nel corso dell’anticipo di mezzodì tra Sampdoria-Cesena, ma una partita che riveste importanza enorme in chiave salvezza. Non solo in casa emiliana, per una classifica che non sorride ancora al Cesena, fortemente bisognoso di non perdere nessuna delle opportunità garantite – da qui alla fine – dal calendario ma anche tra le mura dei doriani, a cui una rivoluzione sostanziale (di organico) ha stravolto gli scenari iniziali: non si lotta più per obiettivi importanti ma con l’obiettivo di archiviare il più in fretta possibile la permanenza nella massima serie. I 31 punti accumulati dai blucerchiati, infatti, non consentono sonni tranquilli anche perchè la terzultima – appunto, il Cesena – è arretrata di sei lunghezze. Che diventerebbero tre in caso si successo esterno nel corso del match odierno.
I due tecnici optano per squadre spavalde e offensive: Ficcadenti si affida a Malonga al centro dell’attacco, a causa delle defezioni di Bogdani e Budan. Non cambia il modulo – è sempre 4-3-3 – e in supporto alla punta vi sono Jimenez e Giaccherini. Solo panchina per Rosina. In mediana Caserta e Parolo intermedi e Colucci incaricato di fare filtro tra centrocampo e attacco. In difesa c’è Santon terzino destro e Lauro a sinistra; i centrali, a tutela della porta difesa da Antonioli, sono Pellegrino e Von Bergen. Le mosse di Di Carlo: stravolgimento della retroguardia – non più a tre ma a quattro – con Zauri, Gastaldello, Lucchini e Ziegler davanti a Curci. Palombo, Mannini e Dessena in mezzo; Biabiany, Maccarone e Guberti il trio d’attacco.
Notte fonda in casa Juve, notte stellata in casa Milan, dopo lo 0-1 che ha scritto la parola fine sul big match della ventottesima giornata. Mezza Italia soffiava sulle spalle della Vecchia Signora, nella speranza che quest’ultima riuscisse a fermare la corsa del Milan capolista. E invece alla fine della fiera ci ritroviamo a commentare l’ennesima vittoria rossonera e l’ennesima sconfitta della Juventus (la terza di fila), che avvicina il Milan al tricolore e spinge i bianconeri lontano dalla zona utile per la conquista dell’Europa.
Ci si aspettava il gol di Ibrahimovic, impresa mai riuscita contro la “sua” Juve, e invece a spingere in rete il pallone della vittoria è stato Ringhio Gattuso, uno poco abituato alle esultanze personali, ma che ha scelto il momento migliore per riscoprirsi goleador.
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