George Best: genio e sregolatezza

Ci sono due modi per ricordare George Best: il primo vi causerà rabbia, rimorso, dolore per non aver visto questo immenso giocatore esprimere tutto il suo formidabile ed inarrivabile talento; la seconda vi porterà gioia, un’incredibile stato di estasi e la privilegiata opportunità di aver potuto ammirare uno dei più grandi artisti sportivi mai apparsi sul pianeta.

Chi lo ha visto giocare non ha dubbi: George Best è stato uno dei più forti calciatori della sua epoca, forse il più grande mai apparso sui prati verdi del Regno Unito, capace di incantare le folle e di strappare applausi. Genio nel calcio e sregolatezza nella vita, esempio da seguire solo per le imprese sportive e morto prematuramente proprio per i danni provocati dagli eccessi di alcol.

Iniziò a giocare sui campetti sterrati del suo quartiere a Belfast, nell’Irlanda del Nord, ma già a 15 anni si aprirono per lui le porte del calcio che conta. Il Manchester vide in quel ragazzino penalizzato da un fisico esile, un talento da apprezzare e far crescere.

Ricardo Zamora: El Divino!

Difficile che lo abbiate visto giocare, molto probabile che ve lo abbiano nominato come uno dei più forti portieri della storia, il primo comunque di livello mondiale. Parliamo di Ricardo Zamora, numero 1 spagnolo degli anni ’20-’30, considerato come l’inventore del ruolo di portiere moderno.

Atletico e sportivo sin da ragazzino, passò attraverso la boxe, il nuoto, il mezzofondo e la pelota, prima di dedicarsi completamente al calcio. A 16 anni era già il portiere titolare dell’Espanyol e a 18 del Barcellona. Nel 1920 vinse la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Anversa e la sua fama fece il giro del mondo, tanto che al ritorno in Catalogna chiese all’allora presidente Joan Gamper un consistente aumento di stipendio. Si intromise nella trattativa l’Espanyol che offrì a Zamora un contratto da 1000 pesetas al mese, pur di assicurarsi le sue prestazioni. Un vero affronto per il Barcellona che si appellò ad una disposizione della Federazione Spagnola secondo la quale nessun giocatore poteva cambiare maglia senza il consenso del club di origine.

Intanto cominciava un lento declino fisico per il numero uno, che conduceva una vita piuttosto dissoluta, ma ciò non gli impedirà di essere acquistato dal Real Madrid nel 1930, per una cifra astronomica: 100.000 pesetas ai blaugrana e 40.000 all’anno per lui.

Premier League all’estero? Idea comica!

C’è chi ancora si sorprende nel vedere i Signori del Calcio alla ricerca di strade nuove da percorrere per incassare sempre più denari, nascondendosi dietro la scusa della spettacolarizzazione di uno sport già di suo spettacolare. Da queste parti lo abbiamo capito da tempo e non ci basta più la favoletta del “facciamo tutto per il bene della squadra e del tifoso”. E forse cominciano a comprenderlo anche dalle parti del Regno Unito, dove i supporters, come li chiamano lì, sono letteralmente inferociti per l’ultima trovata proveniente dall’alto.

“L’alto” in questo caso è l’organizzazione che gestisce la Premier League, una sorta di Lega Calcio, che per bocca del suo direttore generale, Mr Richard Scudamore, ha proposto ai club inglesi di allungare il campionato di una giornata, a partire dalla stagione 2010-2011.

Tutto qui? Beh sarebbe poco male. No, perché il turno supplementare non si giocherebbe entro i confini nazionali, ma porterebbe il circo inglese in giro per il mondo, in cinque città straniere non ancora localizzate. Già si fanno i nomi di New York e Los Angeles, Singapore e Sidney, ma anche l’oriente sarebbe interessato all’iniziativa e arrivano proposte da Pechino e Hong Kong. Scopo dell’iniziativa, a sentire il suo promotore, sarebbe quello

di far progredire la Premier e se non saremo noi a farlo, lo faranno sicuramente altre federazioni.