Savio Nsereko sparito nel nulla

Savio Nsereko, attaccante della Juve Stabia, è sparito letteralmente nel nulla da alcuni giorni. Il calciatore, di proprietà della Fiorentina, ha avvisato pochi giorni fa il suo allenatore, via sms, che quel giorno non si sarebbe allenato, e da allora non si è più fatto né sentire né vedere. Per questo, dopo aver denunciato la sua scomparsa ai carabinieri, la pista principale che si segue non è quella del rapimento, ma dell’allontanamento volontario.

Sono scattate subito le indagini e sono state controllate le aree di Firenze, dove il calciatore ha le maggiori amicizie, nella cittadina tedesca dove vivono i suoi genitori e nella città bulgara dove vive la sua fidanzata, ma tutte le ricerche hanno dato esito negativo.

Liberato il padre di Obi Mikel

Dalla Nigeria arrivano buone notizie per John Obi Mikel, giocatore del Chelsea, che da qualche giorno non aveva più notizie del papà, rapito in prossimità del Ferragosto nel suo Paese

Botafogo, simula rapimento per evitare gli allenamenti: ora rischia il carcere

Foto: AP/LaPresse

In Italia se salti un allenamento ti becchi una multa di poche migliaia di euro, un rimprovero da parte dell’allenatore e al massimo una panchina nella partita successiva. In Brasile, ed in particolare al Botafogo, un’assenza ingiustificata significa una multa pari al 40% dello stipendio, che nel campionato carioca non è nemmeno paragonabile a quello italiano.

Per questo Somalia, centrocampista del Botafogo, ha preferito farsi passare per rapito piuttosto che vedersi sottrarre quasi metà della busta paga. E’ accaduto due giorni fa a Rio de Janeiro quando il calciatore non si è presentato all’allenamento. Dopo qualche ora ha chiamato la sede della società parlando di un sequestro lampo a scopo di estorsione ai suoi danni. Ma tutto era finito bene perché era riuscito a scappare e a salvarsi dai rapitori.

Torta avvelenata per i calciatori iracheni

I problemi dell’Iraq purtroppo non finiscono con la guerra. Una popolazione martoriata ormai da più di un decennio da un conflitto che sembra non dover finire mai, aveva trovato la sua valvola di sfogo nel calcio.
Riecheggiano ancora nelle orecchie dei giovani iracheni le grida di giubilo quando l’arbitro sancì, lo scorso 29 luglio, la vittoria della propria nazionale nella coppa d’Asia, la prima della loro storia, contro la più quotata (e ricca) Arabia Saudita.

Ma purtroppo non è destino che i giovani dell’ex paese di Saddam Hussein possano vivere in pace, neanche tirando calci al pallone.
10 giorni fa la più antica squadra di calcio del Medioriente, l’Al Quwa Al Jawiya, ha subito un attentato, ma stavolta non dai terroristi di Al Qaeda, ma addirittura dai propri tifosi.