E’ il momento di Balotelli

Chi la dura la vince, recitava un vecchio adagio, e nel braccio di ferro con il giovane ribelle l’ha vinta lui, mister Mourinho (toh, che novità!). Del resto il duro di Setubal aveva piantato i paletti sin dal primo giorno di ritiro, invitando la truppa a seguire i propri ordini senza protestare, a prescindere dal nome stampato sul retro della casacca, pena l’esclusione dalla squadra.

Una lezione che Mario Balotelli ha dovuto imparare sulla propria pelle, convincendosi finalmente a sotterrare l’ascia di guerra, pur di ritagliarsi qualche spazio nell’armata nerazzurra. Lo Special One non aveva apprezzato la richiesta del giovane attaccante di trasferirsi altrove per trovare maggiore spazio, né tantomeno il rifiuto di seguire la squadra nella trasferta di Catania a fine gennaio. E a nulla erano valse le lacrime di Supermario qualche giorno dopo: fuori, finché non si deciderà a rispettare le decisioni del mister. Di fronte a tale fermezza il giocatore non ha potuto far altro che chinare la testa ed obbedire, rientrando così nelle grazie di Mourinho, che lo ha convocato per la gara di domani contro il Lecce:

Fa quello che voglio in qualsiasi minuto dell’allenamento, se in futuro farà le cose anche quando non glielo chiedo sarà un calciatore perfetto. Ma io sono già felice così. Chi gli sta intorno è responsabile, sia in positivo che in negativo di Balotelli, anche i giornalisti lo sono.

Grandi azzurrini, tanta fatica ma alla fine Israele è K.O.

Alla fine ce l’hanno fatta. Dopo mille polemiche dovute allo 0-0 nella gara d’andata ad Ancona, gli azzurrini di Pierluigi Casiraghi riescono a qualificarsi per gli Europei di Svezia grazie ad un grande Mario Balotelli, autore della doppietta decisiva.

Finisce 1-3 a Tel Aviv, in una gara in cui gli italiani non avrrebbero dovuto trovare difficoltà, ma in cui le mille difficoltà della partita d’andata avevano annebbiato le menti degli azzurri, che sono entrati così con molti dubbi in campo.

Olimpiadi 2008: l’Italia è fuori!

Volevamo evitare di incontrare il Brasile nei quarti di finale. Troppo forte la squadra di Dunga per poter sperare di eliminarla in una gara di qualificazione. Meglio più in là, magari in finale, dove le motivazioni possono contare ancor più del talento. E poi, a dirla tutta, la nazionale azzurra aveva ben impressionato nel proprio girone, rifilando tre gol ad Honduras e Corea del Sud e pareggiando con il Camerun. Missione compiuta e Brasile evitato, ma non tutto è andato come si sperava alla vigilia.

La voglia di medaglia della nazionale olimpica di Pierluigi Casiraghi si è bruscamente fermata ai quarti di finale. Stavolta l’avversaria non si chiamava Honduras né Corea del Sud e neppure Camerun, che, seppur temibile, era apparso timoroso di prenderle e di venire eliminato. Stavolta l’avversaria si chiamava Belgio e sin dall’inizio ha dimostrato di tenere bene il campo e di giocarsi tutte le chances di passaggio del turno.

E dire che le premesse per far bene c’erano tutte, con l’Italia che conquistava subito un rigore per un fallo subito da Acquafresca, con l’aggravante dell’espulsione del difensore avversario. In 11 contro 10, i nostri ragazzi avrebbero potuto controllare e giocare di rimessa, ma la sfortuna ci ha messo lo zampino ed il Belgio si vedeva regalare un gol molto dubbio su tiro di Dembele. Ed alla fine del primo tempo arrivava anche la beffa del raddoppio belga con un tiro dal limite di Mirallas.

L’Olimpiade delle polemiche

Tutto cominciò con il caso- Messi & Co., strattonati da una parte e dall’altra in una specie di ping pong tra i club di appartenenza e le proprie Federazioni. Alla fine hanno vinto i club, vedendosi dar ragione dal tribunale sportivo di Losanna, ma più ancora hanno vinto i calciatori, lasciati liberi di rappresentare i propri Paesi nella manifestazione sportiva per eccellenza. Una polemica infinita, dunque, ma non è l’unica che ha accompagnato il dorato mondo del calcio sulla via di Pechino.

Ne sa qualcosa l’Italia, maestra in questo tipo di situazioni, in cui basta un nonnulla per creare un vero affare di stato. Torniamo a qualche mese fa, quando Casiraghi si trovava a dover metter su una squadra da portare in Cina, per difendere (e forse migliorare) il terzo posto conquistato ad Atene nel 2004.

Nessun caso Messi dalle nostre parti, visto che i club hanno lasciato partire i propri gioiellini senza opporre resistenza alcuna, ma il problema si è posto al momento di scegliere i fuoriquota. Chi portare?

Italia Olimpica: domani parte la caccia alla medaglia

C’è voglia di medaglia olimpica in casa azzurra, dopo l’ottimo terzo posto conquistato quattro anni fa all’ombra del Partenone. I ragazzi di Casiraghi sono pronti a dare battaglia, per dimostrare che il torneo di calcio alle olimpiadi di Pechino non si riduce ad una sfida tra Argentine e Brasile.

Certo i sudameriani hanno nomi che fanno paura solo ad elencarli (basti pensare a Messi, Aguero, Riquelme, Mascherano, Lavezzi, Ronaldinho, Pato, Diego, Thiago Neves), ma l’Italia è convinta di poter dire la sua nel corso del torneo, sperando che vengano fuori anche nomi come quelli di Giovinco e Montolivo, Rocchi e Acquafresca.

Domani si parte, in anticipo di un giorno rispetto alla cerimonia di inaugurazione, ed i nostri ragazzi si troveranno davanti l’Honduras, che sarà pure poco quotato a livello internazionale, ma raprresenta pur sempre un’incognita. Bisognerà partire con il piede giusto e dimostrare di voler arrivare fino in fondo all’avventura olimpica.

L’Italia Olimpica pareggia, ma è ottimista

Ci si aspettava qualcosa di più dall’ultimo test della Nazionale Olimpica prima della partenza per Pechino, ma a conti fatti un pareggio contro la Romania ci può stare a questo punto della preparazione.

Ne è convinto il selezionatore azzurro, Pierluigi Casiraghi, che nella gara di ieri sera a Pistoia ha dovuto rinunciare al febbricitante Montolivo, mettendo in campo 10/11 della formazione che affronterà l’Honduras nel debutto olimpico:

Tutto sommato abbiamo disputato una buona gara, con tante occasioni da gol. Si può migliorare tanto, soprattutto la condizione fisica. Siamo in fase di precampionato, non si può pensare che i ragazzi siano al massimo. C’è tempo per migliorare fino al 7 agosto. Avevamo lavorato tanto e sapevo che avremmo fatto fatica.

Svelata la lista dei convocati in nazionale: Del Piero agli Europei ci sarà

Alla faccia della segretezza. La lista dei convocati in nazionale per i prossimi campionati Europei doveva essere ufficializzata solo a campionato concluso, il prossimo 20 maggio. Invece ieri sembra che un quotidiano di Parma, “L’Informazione”, abbia intercettato la lista direttamente da Donadoni, non si sa con quali mezzi, se leciti o meno. Fatto sta che sembra che il ritiro pre-europeo sia già deciso.

Una rapida occhiata alla lista ci fa cadere subito lo sguardo sugli attaccanti, e la notizia che tutti attendevamo è arrivata: Del Piero farà parte dei calciatori di Austria-Svizzera 2008. Il suo nome è il primo della lista di Donadoni, che però per far posto a lui ha fatto fuori due nomi illustri: Inzaghi e Cassano, con il barese a questo punto libero di partecipare alle Olimpiadi con l’Under 21.

Donadoni rifiuta il rinnovo del contratto

Donadoni alza la voce e rifiuta condizioni per il suo contratto. Il mite tecnico di Cisano Bergamasco per la prima volta nella sua carriera usa toni forti e impone le sue regole.
A chi diceva che non era un tecnico di polso, consigliamo di fare due chiacchiere con Abete e vediamo se è ancora dello stesso parere.

Ciò che il boss della Federcalcio voleva imporre al c.t. è un prolungamento del contratto fino al 2010, a condizione che ai prossimi europei l’Italia arrivasse almeno in semifinale.
A quel punto Donadoni ha perso le staffe e ha detto un deciso no a qualsiasi condizione che gli possa togliere serenità, e di conseguenza toglierla anche al gruppo che lo seguirà in Austria e Svizzera.

Gianfranco Zola: la fantasia al potere

Grande, grandissimo, nonostante l’altezza dica il contrario. Un numero 10 puro, di quelli che una volta venivano definiti fantasisti e che oggi si preferisce chiamare rifinitori. Ma Gianfranco Zola fantasista lo era davvero, figlio di quella generazione che tanti ce ne ha fatti vedere, ma pochi come lui.

Piedi buoni e classe da vendere, dribbling ubriacanti e punizioni da manuale del calcio, accellerazioni palla al piede da far arrancare qualunque difensore: è questo il ritratto di un uomo che ha dato molto al calcio, più di quanto abbia ricevuto in cambio.

Comincia a giocare nella sua Sardegna, prima nella Nuorese poi nella Sassari Torres, dove viene scoperto da Moggi e portato al Napoli. Tempi d’oro quelli per la squadra partenopea, i migliori in assoluto della sua storia, quando poteva permettersi di schierare gente come Maradona e Careca, Alemao e Ferrara. Zola arrivava all’ombra del Vesuvio con la sua valigia piena di sogni e speranze, prima fra tutte quella di poter indossare un giorno la mitica “numero 10”, seppure con il timore di dover sopportare il paragone continuo con il mito.