Il campetto di Del Piero diventa un parcheggio

Là dove c’era l’erba ora c’è una città… Così cantava Adriano Celentano ed i suoi fan ci scuseranno se prendiamo in prestito la frase per cominciare un articolo che tratta di una vicenda simile.

Eh si, perché siamo talmente abituati ad ammirare il lusso sfrenato che circonda le star del pallone, da dimenticare che anche loro hanno avuto un’infanzia, spesso modesta, tirando i primi calci su un campetto di periferia.

E allora “questa è la storia di uno di noi, anche lui nato per caso…” a San Vendemiano, un paesotto di 10 mila anime, ben lontano dalla ribalta internazionale. E’ la storia di Alessandro Del Piero e del campetto che lo ha visto esordire una vita fa con la maglietta gialla e blu. Ora quel campetto sta per essere sostituito da un parcheggio, per la delusione dei compaesani del campione bianconero che vedono sparire un pezzo di storia sotto l’asfalto nero.

Emirates Stadium: quando lo sponsor detta legge

In principio era l’Highbury, la tana del lupo, il catino infuocato dove l’Arsenal dava lezioni di calcio, trascinata dall’entusiasmo dei tifosi. Poco più di 38.000 posti per uno stadio che non aveva certo la pretesa di reggere il paragone con impianti ben più capienti dislocati in terra inglese, ma che rappresentava l’orgoglio dell’antica società londinese, di casa ad Highbury fin da lontano 1913.

Poi arrivarono i soldi e le manie di grandezza degli inglesi trovarono sfogo in un progetto ambizioso: uno stadio da 60.000 posti (qualcuno in più per la verità) degno di ospitare le gesta dei campioni. Non che il vecchio stadio non lo fosse, ma di fronte ad un budget multimilionario era impossibile rifiutare a priori l’idea di una costruzione ex-novo.

E così una mattina di febbraio del 2004, il quartiere di Ashburton Grove, a nord di Londra, si svegliò tra i rumori delle ruspe e dei mille operai chiamati a tirar su quello che sarebbe diventato il secondo stadio per grandezza della Premier League, dopo ovviamente il mitico Old Trafford.

Champions League: Manchester in finale

Il Barcellona ci ha provato a spezzare l’egemonia inglese in Champions League, ma al termine della prima semifinale si ha già la certezza che a Mosca il prossimo 21 maggio ci sarà un’invasione di tifosi britannici.

Non era mai successo nella storia della manifestazione che due squadre del Regno Unito si giocassero la finalissima, a conferma del fatto che quest’anno hanno dominato in lungo ed in largo sulla scena del calcio continentale.

E’ stata ancora sfida tra Ronaldo e Messi ieri sera, ma alla fine è spuntato il piedino felice di Scholes a risolvere la questione e la partita e a regalare agli uomini di Ferguson una finale che mancava dal successo contro il Bayern di nove anni fa.

Roma-Manchester per dimenticare il 7-1

Grande giornata per la Roma e per i tifosi romanisti, chiamati ad assistere al replay della gara dello scorso anno contro il Manchester United. Ricordi che fanno tremare le gambe e che vorrebbero essere messi in un angolo della mente, per non essere più tirati fuori.

In sede di sorteggio ci si auspicava qualunque altra avversaria per questi quarti di finale, ma non loro, non i Red Devils, che solo a nominarli fanno paura. E non solo perché in questo momento sono probabilmente la squadra più forte del mondo, ma proprio per il ricordo di ciò che accadde quel tragico (sportivamente parlando, s’intende) 10 aprile, quando la squadra di Sir Alex Ferguson rifilò sette reti ai giallorossi, rispedendoli a Roma umiliati.

La sorte invece si è accanita ed ha scelto per stasera lo stesso avversario, che è ancora più in forma della scorsa primavera e spera di ripetere l’impresa (magari non con 7 gol, ma con uno in più degli avversari) per passare il turno. E come se non bastasse, Spalletti si ritoverà a dover sostituire uno dei pochi insostituibili della sua formazione, l’unico in grado di poter cambiare il corso della gara con una delle sue magie, Francesco Totti.

I mille problemi del Manchester United

Ancora calcio inglese, ancora Manchester United, ancora Sir Alex Ferguson.

Qualche giorno fa si era messo contro l’intera squadra, multando i giocatori per i noti fatti al Great John Street Hotel e vietandogli di organizzare feste private. Stavolta spara a zero sulla tifoseria, accusata di non sostenere adeguatamente la squadra nelle gare casalinghe ed in particolare nell’ultima che ha visto i Red Devils trionfare sul Birmingham.

Scarsa partecipazione da parte degli 80.000 dell’Old Trafford, tanto che a detta dell’allenatore, sembrava di assistere ad un funerale. Si difendono i tifosi attraverso le parole di Colin Hendrie, dell’Indipendent Manchester United Supporters Association, che accusa a sua volta: “non si può nemmeno stare in piedi per incitare la squadra perchè se lo fai, arrivano gli stewards, ti mettono le mani dietro alla schiena e ti sbattono fuori in un minuto, sequestrandoti pure l’abbonamento. Sembra di essere in uno stato di polizia. In queste condizioni, che atmosfera può pensare di avere Ferguson?”.