Inter-Milan 6-5: derby spettacolo!

Nella settimana che potrebbe consegnare lo scudetto all’Inter proprio in casa degli odiati cugini, ci sembra giusto ricordare un derby di quasi sessant’anni fa, il più spettacolare mai visto dalle parti di Milano.

Era il 6 novembre 1949 ed essendo ad inizio campionato non si poteva parlare ancora di tricolore da assegnare, ma quello che successe quel giorno sul campo di San Siro è entrato di diritto a far parte della leggenda del calcio meneghino.

Fior di campioni vestivano in quell’anno le casacche a strisce delle due squadre: Wilkes, Amadei, Lorenzi, Nyers per l’Inter; il trio delle meraviglie Gre-No-Li per il Milan. Le premesse per uno spettacolo degno di un derby c’erano tutte, ma chi si sarebbe mai aspettato di assistere a ben 11 gol?

Agostino Di Bartolomei: Il Capitano

Forte fisicamente, centrocampista roccioso, come si diceva all’epoca, con una visione di gioco fuori dal comune, un tiro potente e preciso ed un lancio che qualcuno definì “da architetto”: questo era Agostino Di Bartolomei, non un capitano, ma “il Capitano”, colui che meglio seppe interpretare il ruolo di leader in campo e fuori nella Roma degli anni ’70-’80.

Pochi come lui nel calcio, il suo nome viene accostato spesso a quello di Gaetano Scirea, altro esempio di correttezza e lealtà sportiva, di amore per la professione e senso del dovere.

Agostino nasce e cresce nella Roma povera, quella dei quartieri e della periferia degradata, ma l’amore per il calcio non ha bisogno di grandi palcoscenici per venire espresso ed il campo dell’oratorio è perfetto per mettere in mostra le doti del giovane talento. Poi arriveranno le giovanili della Roma, la conquista del Campionato Primavera e l’esordio, appena diciassettenne, in prima squadra, con quella maglia a cui ha regalato i migliori anni della sua vita, non venendo ripagato come avrebbe meritato (almeno da parte della società).

Giancarlo Antognoni: un campione di sfortuna!

Idolo della Fiorentina, nessuno come lui nel cuore dei tifosi viola, vera bandiera di una squadra in cui è stato spesso l’unica stella a brillare: questo era Giancarlo Antognoni, uno dei più grandi numeri 10 a cavallo tra gli anni ’70-’80.

Nils Liedholm lo volle fortissimamente alla Fiorentina, dopo averlo visto in azione a Coverciano durante gli allenamenti della nazionale juniores. 453 milioni sborsati dall’allora presidente Ugolino Ugolini per strapparlo al Torino, che aveva da tempo messo gli occhi su quel ragazzino elegante e talentuoso.

Il ragazzo che gioca guardando le stelle.

Così lo definì Vladimiro Caminiti, e l’incedere a testa alta era solo uno tanti punti di forza del giovane Antognoni, che eccelleva nel ruolo di regista grazie alla straordinaria visione di gioco, ai lanci lunghi e millimetrici, alla falcata elegante ed imperiosa. Un numero 10 che amava mettersi al servizio della squadra più che tentare la soluzione personale.

Paolo Maldini fa 1000 ed entra nella leggenda!

C’era una volta… Così dovrebbe cominciare questa storia, che somiglia tanto ad una favola degna della penna dei fratelli Grimm. Più di 20 calendari sbiaditi, ingialliti, consumati da un tempo che tutto trascina e tutto cambia. O quasi.

Era un freddo gennaio di 23 anni fa, quando in quel di Udine, un difensore (Battistini) uscì dolorante dal rettangolo di gioco, mettendo in apprensione il Barone, che aveva in panchina un sedicenne figlio d’arte ed un terzino tutto muscoli e corsa. “Ferro, scaldati!” urlò Liedholm all’indirizzo di Stefano Ferrari, ma poco dopo tornò sui suoi passi, gettando nell’arena il piccolo Paolo Maldini. Era un freddo gennaio di 23 anni fa ed iniziava la carriera di un mito!

Sono trascorsi 8427 giorni da quel 20 gennaio 1985, la temperatura è la stessa, come il colore della maglia indossata. Cambia il teatro, la scenografia, le comparse chiamate a circondarlo, ma lui è sempre lì, a raccogliere applausi per la millesima volta.