L’uomo mercato dell’estate: Carvalho de Olivera Amauri

Carvalho de Olivera Amauri è ormai un campione indiscutibile, ha tecnica, velocità, potenza fisica e fa spesso goal. E’ uno dei giocatori più richiesti del mercato, tutta l’Europa lo vuole, Barcellona, Milan, Juve, Real, Inter e Chelsea sono pronte a follie per lui. Un attaccante completo, moderno, che può far fare un salto di qualità a qualsiasi squadra, e che ora vuole un club prestigioso nel quale alzare qualche trofeo.

Resoconto 22esima di Serie A

La prima partita della giornata è stata quella giocata Sabato pomeriggio tra Atalanta e Fiorentina, ed è proprio la squadra di Prandelli ha sbloccare il risultato al 29’ del primo tempo, con Pazzini su assist di Montolivo. Ma il vantaggio dura poco, dopo un solo minuto è Muslimovic a pareggiare sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Al 60’ della ripresa di nuovo i viola in vantaggio con Semioli che riesce ad insaccare di testa ma è ancora Muslimovic a fermare sul pari la Fiorentina al 90’.

Nel posticipo serale la Roma ha battuto una Reggina che si è giocata la propria partita, grazie alle reti di Panucci che segna di testa da posizione angolatissima, quasi impossibile, e Mancini che segna dopo una travolgente azione di Giuly.

Il Milan è riuscito a superare il Siena non senza polemiche, grazie al goal di Alberto Paloschi che segna con un gran diagonale dopo soltanto 18’’ dal suo ingresso. Ma il Siena ha giocato una gran partita ed il Milan deve ringraziare prima Orsato che annulla un goal regolare di Locatelli, poi il palo sul tiro di Frick, ed infine Kalac che si rende protagonista con una serie di grandi parate.

Pavel Nedved: il Giappone chiama, ma lui vuole la Champions!

Era l’estate del 1996 quando lo vidi per la prima volta furoreggiare su un campo di calcio, su e giù a macinar chilometri, senza sosta per novanta minuti. Forse perché la sua capigliatura bionda lo faceva notare più di altri o forse perché realmente la sua presenza si faceva sentire rispetto ai compagni, ma sembrava che in quell’edizione degli Europei fosse il protagonista indiscusso della sua nazionale e non solo.

Troppo facile prevedere un futuro ad altissimi livelli, per uno come lui che di nome fa Pavel Nedved e di professione fa il jolly di centrocampo con licenza di offendere e già lo vedevo con la casacca di qualche grande club italiano, pronto a stendere un tappeto rosso davanti ai suoi preziosissimi piedi.

Finì alla Lazio di Cragnotti, che cercava in quegli anni di affermarsi tra le regine del calcio nostrano e che non badava a spese, pur di assicurarsi le prestazioni dei nomi più in vista nel panorama internazionale. E Nedved, Campionato Europeo a parte, non era tra le stelle del firmamento calcistico o almeno non ancora, ma di lì a poco sarebbe diventato uno tra i campioni più richiesti a livello europeo.

Da Beckham a Lavezzi: la tatoo-mania dei calciatori

Sono lontani i tempi in cui il tatuaggio era simbolo di trasgressione o, peggio, di vita da galeotti. Oggi rappresenta una moda ormai consolidata sia tra i vip che tra la gente comune, tanto che non si tende più a nasconderlo, ma anzi si mostra con orgoglio.

E volete che i calciatori si sottraggano a questa tendenza e non approfittino del mestiere che fanno, per esibire i disegni di cui sono ricoperti? Sono veramente pochi gli scampati all’arte del tatoo, forse solo quelli che hanno il terrore degli aghi o che, in controtendenza, preferiscono tenere il proprio corpo “pulito”, ma per i più ogni occasione è buona per ricorrere al tatooist: dalla nascita di un figlio ad un’importante vittoria sul campo.

Il periodo d’oro in questo senso per gli artisti del tatuaggio è stato quello successivo alla vittoria dell’Italia nel Campionato del Mondo, quando praticamente tutta la squadra volle farsi imprimere sul corpo un ricordo di quella notte magica. IX-VII-MMVI il più gettonato, ma anche carte geografiche della Germania, bandiere, dadi e frecce, tutto rigorosamente tricolore!

Il calciomercato non si è fermato!

Si è conclusa da poco più di una settimana la finestra invernale di calciomercato, ma le società non si sono fermate. Si continua a trattare in vista futura, nomi che si erano già fatti nel recente passato ma anche nomi nuovi, si risolvono casi di comproprietà e, soprattutto, si inizia a conservare i soldi nel salvadanaio.

Deferiti Inter e Milan per plusvalenze false

Ormai è destino, il calcio si gioca più negli uffici che sul campo. Dopo lo scandalo scommesse, calciopoli, fidejussioni false, e adesso errori arbitrali a senso unico, si aggiunge un nuovo capitolo alle inchieste giudiziarie del calcio di casa nostra.
La settimana scorsa Galliani e Moratti furono prosciolti dall’accusa di aver falsificato i bilanci delle stagioni 2003 e 2004 (senza i quali non potevano nemmeno iscriversi al campionato), perchè il fatto non costituisce più reato.

A distanza di una settimana, quando ancora non sono finiti i festeggiamenti, ecco notificare una nuova accusa ai dirigenti delle milanesi: deferimento per le plusvalenze.
I fatti si riferiscono ai bilanci che andavano dal giugno 2003 al marzo 2005 “per aver sottoscritto alcuni contratti di cessioni dei diritti alle prestazioni sportive di alcuni calciatori, con abnorme e strumentale valutazione delle medesime prestazioni sportive” si legge sulla motivazione. Le plusvalenze sono state considerate “fittizie” dal procuratore della Federcalcio Stefano Palazzi, che minaccia forti ammende e diffide per i diretti interessati, e cioè Adriano Galliani per la violazione dell’articolo 1 sulla lealtà sportiva, il Milan e l’Inter, per responsabilità diretta, e altri quattro dirigenti o ex dirigenti nerazzurri (tra cui anche Lele Oriali).

La classifica di Serie A senza errori arbitrali

Come sarebbe la classifica della Serie A, se gli arbitri avessero preso sempre la decisione giusta riguardo azioni determinanti per il risultato finale? E’ questa la domanda che l’Osservatorio, che ieri si è data una risposta certa: la classifica sarebbe totalmente stravolta. Il 52% delle partite del campionato maggiore italiano, è stato determinato da errori arbitrali e sono ben 156 i punti che sono stati assegnati a squadre favorite, piuttosto che a chi ha avuto meno fortuna con gli uomini di Collina.

Un nome per il presente ed il futuro: Mario Balotelli

E’stato definito la risposta nerazzura al milanista Pato, li accomunano giovane età, classe e goals.
Mario Balotelli ha soltanto 17 anni, ma sembra destinato, come il brasiliano del Milan, a far scintille in futuro e diventare un campione a tutti gli effetti.
Nasce a Palermo il 12 Agosto 1990, ma 2 anni si trasferisce a Brescia dove viene accolto dai Balotelli, che diventano la sua famiglia. A 5 anni i primi calci, nella squadra dell’oratorio parrocchiale di Mompiano e le sue doti gli consentono di giocare molto presto con ragazzi più grandi di lui. Nel 2001 si trasferisce nelle giovanili della Lumezzane, dove esordisce in prima squadra in serie C a soli 15 anni (grazie ad una deroga della Lega, dato che si può giocare tra professionisti solo a 16 anni), stabilendo un record storico, in quanto più giovane giocatore della storia della categoria.

Cesare Prandelli concede il bis: miglior allenatore

Poteva vincerlo Mancini, tecnico dell’Inter dello scudetto finalmente conquistato sul campo, a quasi vent’anni di distanza da quello lontanissimo del 1989, poteva vincerlo Ancelotti, allenatore del Milan dei miracoli campione d’Europa e del Mondo, e invece il premio come miglior allenatore è finito per il secondo anno consecutivo nelle mani di Cesare Prandelli.

La soddisfazione poi è doppia se si considera che a votare non erano i giornalisti che, senza offesa per nessuno, potrebbero non capirci granché di schemi e tattica, ma gli stessi suoi colleghi, che evidentemente ne apprezzano le doti professionali.

E Cesare di pallone ne capisce, avendo calcato per anni i campi di calcio, sin dall’esordio in C1 con la maglia della Cremonese, quando guadagnava 50.000 lire al mese: un vero tesoro per lui che, orfano di padre, doveva provvedere alla famiglia. Poi una carriera in crescendo con l’Atalanta, che lo fece esordire in serie A, prima di cederlo alla Juventus, squadra con cui vincerà praticamente tutto quello che c’era da vincere (3 scudetti, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Italia ed 1 Supercoppa europea). Erano anni d’oro per la Vecchia Signora, un po’ meno per lui che veniva spesso relegato in panchina, con poche possibilità di mettersi in mostra.

Roberto Baggio: il più grande del calcio italiano

Ho visto giocare Maradona, Zico, Platini e Zidane, ancora oggi ammiro le prodezze di Ronaldinho e Messi, di Kakà e Totti, ma mai nessun calciatore è riuscito a farmi innamorare quanto Roberto Baggio. Non avevo occhi che per lui su quel rettangolo verde e, pur riconoscendo che qualcuno dei fenomeni sopracitati (forse uno) era più forte di lui a livello tecnico, per me è sempre stato il migliore.

Ricordo ancora il giorno in cui firmò il contratto che sanciva l’addio alla mia squadra del cuore e quel poster staccato dal muro e ripiegato mestamente in un cassetto, dove ancora oggi riposa a ricordarmi un passato di tifosa scatenata.

Perdonatemi l’amarcord, ma, quando si parla di Baggio, la mente viaggia e il movimento della mano sulla tastiera diventa quasi automatico: troppi ricordi, troppe emozioni, ma anche polemiche infinite con chi non lo amava quanto me e si permetteva di criticare il più grande calciatore italiano di tutti i tempi.

Inzaghi, Sentimenti, Maradona: storie di calcio e di fratelli

Storie di fratelli calciatori e subito la mente va ai cinque Sentimenti che negli anni ’40-’50 facevano impazzire gli addetti ai lavori, costretti a “numerarli” per poterli riconoscere facilmente. E così Ennio divenne Sentimenti I, Arnaldo, Sentimenti II, Vittorio, detto Ciccio, Sentimenti III, Lucidio, detto Cochi, il più famoso di tutti, portiere indimenticato di Juventus e Lazio, Sentimenti IV, e Primo che a dispetto del suo nome divenne Sentimenti V.

Cinque fratelli, tutti calciatori e tutti di grande livello, un vero record per il calcio mondiale, seppure si faccia riferimento ad un’epoca in cui forse era più facile che il primo facesse da apripista per l’arrivo degli altri. Mai più si ripetè una favola simile, ma il calcio ci ha regalato negli anni altre coppie di fratelli arrivati a buoni livelli, a volte addirittura nella stessa squadra.

E’ il caso dei gemelli Filippini, Emanuele ed Antonio, che tanto bene hanno fatto giocando per anni soprattutto con la maglia del Brescia, ma anche dei gemelli Zenoni, frutto del vivaio dell’Atalanta.

Premesse della 21esima di Serie A

La seconda giornata del girone di ritorno, inizia Sabato alle 18:00, con l’anticipo tra Palermo e Livorno, due squadre in difficoltà che cercano punti preziosi, la prima per raggiungere in fretta la zona Europa, la seconda per arrivare alla salvezza al più presto possibile. Ma sembra molto difficile che i rosanero possano farsi sfuggire 3 punti che sembrano facili facili, specialmente in un periodo nel quale questi sarebbero dei punti d’oro. Il secondo anticipo che si giocherà sempre Sabato ma alle 20:30, sarà quello al San Paolo tra Napoli e Udinese. I partenopei cercano riscatto dopo la sconfitta – beffa di Cagliari, mentre i friulani proveranno a recuparare terreno e punti dopo la caduta casalinga contro l’Inter.

Nakata alla scoperta del mondo

Chi l’ha detto che la vita dei calciatori è segnata e, una volta appesi gli scarpini al chiodo, entrano come dirigenti nelle società?
Sono in molti a fare gli allenatori, gli osservatori, o altre figure dirigenziali, ma tanti altri si buttano nel sociale e decidono di restituire un pò di quel calore che hanno ricevuto dalla gente nell’arco della propria carriera.

Il primo a intraprendere la strada della solidarietà è stato Gianni Rivera, stella del Milan degli anni ’60 e ’70, e primo italiano a vincere il pallone d’oro.
Alla fine della sua carriera decise di iscriversi alla Democrazia Cristiana, di cui ne divenne esponente in Parlamento nel 1994, e di cui ancora fa parte (ma sotto il nome di Margherita) presso il Parlamento Europeo.

Stessa strada l’ha scelta un’altra stella del Milan, il liberiano George Weah. Uno dei pochi calciatori africani a preferire la propria nazionale a quella più prestigiosa della Francia. Ha confermato l’amore per la sua terra entrando in politica al suo ritiro, e partecipando alle ultime elezioni per il presidente della Liberia, perse contro l’economista Ellen Johnson-Serleaf.