Perchè andare a cercare i campioni all’estero quando ce l’hai in casa? Nella stanza dei bottoni del Milan si parlava di Ronaldinho, Amauri, o qualche altro sudamericano che potesse fare la differenza nel calcio italiano. E mentre i dirigenti si scambiavano i pareri, c’era un ragazzino che segnava sotto i loro occhi. Unico difetto: essere italiano.
Non si capisce come mai nel calcio dei miliardi (quelli veri) e della globalizzazione si preferisca puntare su nomi esotici, piuttosto che su quelli nostrani. E’ sicuramente quello che si starà chiedendo Paloschi, unico motivo di sorriso della dirigenza rossonera in un’annata disastrosa. Due gol in campionato (in spezzoni di partita), due in coppa Italia, posto “soffiato” a Gilardino e vero e proprio jolly da giocarsi nei momenti di crisi. Carlo Ancelotti non poteva chiedere più di così. Eppure a guardarlo non si direbbe. 1,75 la sua altezza, quella di un centrocampista, non di una punta. 68 i suoi chili di peso, un pò leggerino per essere un ariete. Eppure quando gli avversari se lo vedono arrivare contro cominciano ad avere paura, perchè sanno che è in grado di recuperare la palla in qualsiasi momento, e soprattutto tirare da qualsiasi posizione. E molto spesso segnare, chiedere a Manninger.