Dinho-Mourinho: il derby visto dall’estero

Una rondine non fa primavera ed una sconfitta (o una vittoria) non fa testo nell’economia di un campionato. Ma la teoria non funziona se la gara di cui stiamo parlando è un derby bollente come quello di Milano, nel quale ci sono in ballo questioni che vanno al di là dei tre punti guadagnati sul campo.

Poteva essere la serata di Mourinho, che dietro il suo sorriso sempre più antipatico, avrebbe voluto involarsi verso la vetta solitaria della classifica, facendosi beffa di un Milan partito non proprio alla grande. Già, poteva essere. E invece è stata la serata di Ronaldinho, che in un’elevazione di testa ha trovato il modo di dimostrare al mondo intero che sa ancora infilare la porta avversaria.

Mourinho e Dinho, le due facce del derby milanese, gli uomini da copertina per i giornali sia nazionali che internazionali. In Europa si parla solo di loro due, come se il derby si fosse giocato in una sorta di Calcio Balilla uno contro uno.

La Lazio in testa, l’Inter si lamenta

Ti aspetti di trovare le cinque sorelle a guidare la classifica e ti ritrovi con una coppia insolita lì dove si respira profumo di gloria. Avevamo detto sin dalla prima giornata che si prospettava un campionato “strano” e, man mano che le giornate aumentano, si fa sempre più diffusa la convinzione che ci sarà da lottare parecchio per assicurarsi le piazze d’onore.

Dorme sonni tranquilli la Lazio di Rossi, partita senza troppe ambizioni, per poi ritrovarsi da sola a guardare le altre dall’alto in basso. Non è prevedibile quanto Zarate & Co. riusciranno a reggere le vertigini del primato, ma è confortante che la squadra risponda sempre con ottime prestazioni condite da diversi gol. Tre quelli inflitti ieri al Torino, con la solita accoppiata vincente Pandev-Zarate a farla da padrona.

Basta un solo gol al Napoli per espugnare il campo del Bologna, in attesa della trasferta insidiosa di Coppa Uefa contro il Benfica. Sotto il Vesuvio si respira un’aria che sa di tempi andati, quando gli azzurri facevano tremare il mondo intero. I protagonisti sono diversi (e forse nemmeno all’altezza degli illustri predecessori), ma intanto la classifica dice 11 punti e secondo posto.

Apettando MIlan-Inter

Mancano ancora due giorni ad uno degli appuntamenti clou della stagione, ma a Milano cresce già l’attesa per il derby. Sarà che l’Inter macina risultati e vola già davanti a tutte, sarà che il Milan dopo un inizio stentato sta ritrovando gioco e punti, sta di fatto che quello di domenica si prospetta come un derby di fuoco.

Per i nerazzurri è già tempo di fare i conti con il tifo-contro dell’Italia intera, nella speranza che il MIlan non  arresti sul più bello la sua rincorsa alla vetta della classifica. Certo, dopo sole quattro gionate di campionato, non si può parlare di fuga solitaria, ma i risultati fanno morale e, in caso di vittoria nel derby, l’Inter si ritroverebbe a mettere una seria ipoteca su un autunno più tranquillo.

Discorsi che per ora lasciano il tempo che trovano, considerando la particolarità di una partita come questa, in cui conta poco il talento in campo o la condizione fisica. Il derby è una partita a sé, al di là di tutto. Ma che derby sarà?

Tra i guai di Ronaldinho anche il narcotraffico

Se gli chiedessero di cancellare un anno dalla sue 28 primavere, opterebbe senza esitazioni per quello in corso. E dire che il suo arrivo al Milan aveva fatto gridare alla rinascita, all’inizio di una nuova era per un talento che ha dimostrato sul campo di essere tra i più forti del panorama internazionale. Stiamo parlando di Ronaldinho e dei tanti, troppi guai che lo accompagnano ormai da mesi sia in campo che fuori dal rettangolo di gioco.

Riuscirà mai a trovar pace e a tornare quello di un tempo, quando riempiva le pagine dei giornali per le sue prodezze? Per ora ci tocca parlare di lui in negativo, riportando l’ennesima disavventura extra-calcistica, che non ne mette (ancora) in discussione l’integrità morale, ma che rischia di rallentare ulteriormente il suo ritorno a grandi livelli.

Stavolta la storia è seria. Non si tratta di feste fino all’alba o di serate a provare nuove evoluzioni in dolce compagnia, ma di un’inchiesta sul narcotraffico, che ha portato all’arresto di un certo Richard Alex da Silva Martins, detto Gigi. E che c’entra con il Gaucho?

Coppa Uefa: le italiane alla conquista dell’Europa

Il calcio italiano torna ad affacciarsi prepotentemente in Europa, grazie all’ottima prova fornita dalle quattro squadre nostrane, impegnate nella prima giornata di Coppa Uefa. In fase di sorteggio avevamo tremato all’abbinamento Napoli- Benfica, con i portoghesi che potevano rappresentare un avversario ostico per gli uomini di Reja.

Ed in effetti i lusitani partivano bene, andando in gol con Suazo, ex Inter, e lasciando presagire una serata in salita per i partenopei. Ma davanti ad un pubblico di 60.000 persone, il Napoli si esaltava e in pochi minuti piazzava l’uno-due che faceva esplodere il San Paolo. Vitale e Denis gli autori delle due reti che permettevano agli azzurri di chiudere il primo tempo in vantaggio. Ancora Napoli all’assalto nella ripresa ed anche l’ex doriano Maggio trovava gloria nella magica serata europea. Peccato per le tante occasioni sprecate e per il gol subito nel finale, che lascia al Benfica ancora speranze di passaggio del turno. Alla fine sarà 3-2, ma per il Napoli è comunque una serata da ricordare.

Il Milan è tornato alla vittoria contro uno Zurigo che ha tenuto per un tempo, prima di crollare davanti all’armata rossonera. In realtà gli svizzeri si erano anche portati in vantaggio, ma la rete era stata annullata (qualche dubbio resta). Poi ci ha pensato Jankulovski allo scadere della prima frazione di gioco a regalare ad Ancelotti la soddisfazione del vantaggio.

Coppa Uefa: italiane, buona la prima

Serata da incorniciare per le quattro italiane impegnate nell’esordio di Coppa Uefa, grazie alle vittorie che riportano il calcio italiano all’attenzione dell’Europa. Torna a far punti il Milan dopo le

Ancelotti è già all’ultima spiaggia

La fortuna di Ancelotti? Quella di avere alle spalle una società che non reagisce d’impulso, mettendo alla gogna un allenatore dopo due gironate di campionato. Fosse stato il mister del Palermo, sarebbe finito a spasso dopo le debacle del precampionato, sebbene in quel periodo poteva aggrapparsi a scuse più o meno plausibili, come l’assenza di Ronaldinho e Pato e, più in generale, la mancanza di attaccanti.

Ma ora la squadra c’è, certo non al completo, ma i reparti sono coperti dalla presenza di fior di giocatori e le giustificazioni cominciano a diminuire. Per ora la panchina non è messa in discussione, nonostante l’ennesima figuraccia esibita in quel di Genova, dove i padroni di casa sembravano dover lottare per lo scudetto, di fronte ad una squadra spaesata e senza idee.

E dire che in campo c’era la presenza simultanea di tre palloni d’oro, i cui nomi dovrebbero far paura solo a pronunciarli, ma non è bastato. Ronaldinho probabilmente ha ancora nelle orecchie i fischi ricevuti a Rio De Janeiro, nell’ultima deludente gara con la sua nazionale; Kakà ha provato qualche azione alla sua maniera, ma il livello di forma ottimale è ancora molto lontano; Shevchenko deve ancora calarsi nella nuova realtà e chiede tempo. Insomma, Palloni d’Oro si, ma per ora è un oro placcato.

2^ giornata: Atalanta e Lazio in testa

La seconda giornata di campionato ha regalato ancora emozioni forti al pubblico italiano, con qualche lieta sorpresa e non poche delusioni per quanto si aspettavano di veder scappare le cinque sorelle già dall’avvio.

E invece ci ritroviamo qui a commentare la sconfitta della Roma (di cui abbiamo abbondantemente trattato nella serata di ieri) e quella ancor meno prevedibile del Milan, fermo ancora a zero punti dopo due turni. Non che ci aspettassimo i fuochi d’artificio dagli uomini di Ancelotti (più volte su queste pagine abbiamo ribadito le difficoltà di una squadra piena di primedonne, ma poco “quadrata”), ma pochi si aspettavano di vederla in fondo alla classifica.

Un momento difficile per i colori rossoneri ed il Genoa ne ha saputo approfittare prontamente, prima con Sculli, poi con il figliol prodigo Milito su calcio di rigore. I vari Kakà, Ronaldinho, Seedorf, Pato, Shevchenko non sono riusciti ad arginare il gioco di una squadra messa bene in campo e vogliosa di arrivare al successo.

L’amore di Kakà per il Milan è eterno finchè dura

Kakà non si muove, punto e basta. Lo conferma lui, lo conferma Ancelotti, ed è d’accordo anche il Presidente Berlusconi. Kakà è un patrimonio del Milan, non solo come calciatore ma soprattutto come uomo, e quindi non si può vendere, a nessun prezzo.

Almeno per ora. Anche su questo il calciatore lascia una porticina piccola piccola aperta. Ha finalmente chiarito il suo volere Kakà, quello di rimanere a Milano almeno finchè i dirigenti lo fanno sentire apprezzato e coccolato, e finchè gli obiettivi comuni rimangono intatti. Non smentisce e non conferma quindi le parole del suo portavoce Kotscho, che parlavano di un’apertura verso il campionato inglese, ma lascia capire che per adesso lui vuole solo la Serie A.