Chi vorreste in attacco al Milan?

Avantieri Galliani ha ufficializzato la lista dei 5 nomi delle punte a cui il Milan mira per la prossima stagione. In parte si conoscevano già, e cioè Drogba, Eto’o e Adebayor, in parte sono abbastanza sorprendenti come Gomez e Berbatov.

In attacco i rossoneri non è che stiano messi malissimo. Con la partenza di Gilardino, si giocano due maglie da titolare Borriello, Inzaghi e Pato, con Paloschi leggermente svantaggiato. Dovendo giocare solo la coppa Uefa il prossimo anno, potrebbero andare già bene così. Ma siccome il Milan vuol puntare allo scudetto (e gli infortuni sono sempre dietro l’angolo) magari una quinta punta non farebbe male, meglio poi se il suo nome destasse scalpore.

Caspita che Palermo!

Il Presidente Zamparini si conferma ancora una volta il dirigente più imprevedibile d’Italia. Dopo aver minacciato svariate volte di consegnare la squadra nelle mani del sindaco della città di Palermo, è subito tornato in campo, e sbollita la rabbia, ha ancora una volta messo mano al portafoglio, e investito in una squadra che, dopo un anno di riflessione, fa di tutto per tornare in Europa.

La cessione di Amauri è stato solo il preludio alla rivoluzione rosanero, perchè sia in entrata che in uscita, la porta del Palermo è sempre aperta, e continuano a cambiare le cose di giornata in giornata. L’ultima novità è l’ufficializzazione del passaggio di Amelia in rosanero. Non poteva giocare in B il secondo portiere della Nazionale, e così Zamparini ha subito approfittato della retrocessione del Livorno per accaparrarsi uno dei migliori portieri d’Italia.

Mourinho apre col botto: “Non sono un pirla”

Prima conferenza stampa di Mourinho da allenatore dell’Inter, e primi botti sparati rigorosamente in italiano. Non è uno con i peli sulla lingua l’ex allenatore di Chelsea e Porto, e lo dimostra da subito. Infatti i primi dubbi vengono a sentirlo parlare. La sua parlantina nella nostra lingua è praticamente perfetta, e addirittura anche l’accento è molto meglio di molti stranieri che stanno in Italia da anni.

Quindi viene il dubbio che Mourinho si fosse messo di buona lena ad imparare l’italiano già da qualche mese, cosa che conferma subito lui, ammettendo di essere stato contattato per la prima volta da Moratti dopo il ritorno della gara con il Liverpool.

Mancini-Inter, è guerra!

Non fa in tempo a lasciare Milano l’ormai ex tecnico dell’Inter, che subito si riaccendono le polemiche. Non è mai stato esente l’ex calciatore della Samp e della Lazio da questo genere di scontri extra-calcistici, ma stavolta sembra proprio che si vada giù pesanti.

Sembra che al Mancio non siano andate giù determinate dichiarazioni da parte della dirigenza interista, a proposito del suo esonero, e al grido “sono tutte falsità” sono partiti i suoi legali per prendere provvedimenti per tutelare “il suo onore e la sua reputazione”. Secondo Mancini i pretesti presi in considerazione da Moratti provengono da vicende false e illecite che lo hanno gravemente offeso, non solo in ambito nazionale, ma anche in quello europeo, dato che le dichiarazioni del presidente dell’Inter sono state diffuse anche all’estero.

Ufficiale: via Mancini, arriva Mourinho

Le tante indiscrezioni fatte nei giorni scorsi sono arrivate ad una conclusione: i sospetti di un imminente cambio di panchina all’Inter erano fondati. Dopo 4 anni, 3 scudetti, 2 supercoppe italiane e 2 coppe Italia, il Mancio lascia per incompatibilità con il presidentissimo Massimo Moratti.

L’incontro si è tenuto ieri sera ed è durato solo 20 minuti. Era cominciato con gli animi distesi, ma è terminato con i nervi a fior di pelle e con Mancini che usciva dalla sede dell’Inter sbattendo la porta. Il motivo è l’offerta del rinnovo da parte di Moratti considerata oltraggiosa, dopo quello che il tecnico di Jesi aveva fatto per i nerazzurri, e siccome ora non si sentiva più benvoluto, ha deciso di sua spontanea volontà di mollare. E Moratti ha già l’asso nella manica: Mourinho.

La maledizione di Mourinho sul tiro di Terry

Lui giura che tifava per i Blues, per la squadra che ha condotto per tre anni, senza mai riuscire a respirare l’aria della finale di Champions League. Ma l’altra sera avremmo voluto essere al suo fianco e vivere accanto a lui le emozioni della partita, dal gol di Ronaldo all’errore del suo capitano, fino alla parata decisiva Van Der Saar che ha di fatto consegnato la Coppa nelle mani del Manchester United.

Lui è Josè Mourinho, tecnico portoghese che gode di grande considerzione in giro per l’Europa, rimasto un anno ai box, dopo il benservito di Roman Abramovich lo scorso autunno.

Al suo posto Avram Grant, un tecnico sconosciuto, israeliano di origine e antipatico a molti, non per una questione di carattere, ma perché spesso gli si è stata rimproverata scarsa personalità. Tutte chiacchiere visto il finale di stagione super della squadra londinese, che ha rischiato di portare a casa il successo più grande. Mourinho dice che tifava per lui, ma avremmo voluto sentire le sue imprecazioni sulla rincorsa interrotta da Cristiano Ronaldo, con la palla che finiva tra le mani protese di Cech.

Roberto Mancini sempre più verso il Chelsea!

Mancini va, Mancini resta: è un tormentone che ha radici lontane nel tempo e che ci accompagnerà probabilmente fino alla finale di Coppa Italia. Poi si faranno i conti, si valuterà la situazione e si deciderà se vale la pena continuare un rapporto vincente, seppur tormentato, o lasciarsi qui.

Questo almeno è quello che vogliono farci credere in casa Inter, con Moratti che ora non giura più sulla sicura permanenza del Mancio, sapendo perfettamente che il futuro è già scritto.

Ed è un futuro che parla inglese. Ormai è quasi certo che Mancini dal prossimo anno siederà sulla panchina del Chelsea, qualunque sia il risultato della finale di Champions League tra i Blues ed il Manchester United.

Mercato pazzo: Juve su Alonso, Inter su Henry, Lippi al Barcellona

Mancano ancora due turni alla fine del campionato, ma già fervono i preparativi per allestire le squadre di serie A per la prossima stagione. A muoversi soprattutto i grandi club, orientati non ad un radicale cambiamento dei propri organici, ma a delle sistemazioni nei vari reparti, tali da garantirgli maggior competitività sia in Italia che in Europa.

Si è mosso in anticipo il Milan, unica società per il momento ad essersi garantita il grosso nome, Flamini, strappato alla concorrenza di club italiani e stranieri. Lo voleva anche la Juventus, costretta ora a volgere lo sguardo verso altri obiettivi, primo fra tutti Xabi Alonso, non più titolare nel Liverpool di Benitez ed in cerca di una collocazione che gli permetta di esprimere il suo talento con maggiore continuità.

Ma lo spagnolo non è il solo obiettivo della società bianconera, ancora alla ricerca di un accordo definitivo con Amauri e impegnata in diverse trattative per garantire a Buffon un valido sostituto. I papabili sono nomi noti e meno noti, come Cudicini, secondo portiere del Chelsea, e Fiorillo, 18enne portiere di proprietà della Samp. Nei progetti di Cobolli Gigli ci sarebbe la volontà di acquistare metà del cartellino del giovane numero uno, per poi lasciarlo maturare ancora un anno a Genova.

Champions League: Chelsea in finale!

Aveva ragione Benitez ad essere scaramantico alla vigilia della doppia sfida con il Chelsea. Nelle due precedenti occasioni il Liverpool aveva avuto l’occasione di giocarsi il ritorno tra le mure amiche dell’Anfield Road, ma stavolta la sorte ha deciso per i campi invertiti ed è stato il Chelsea a festeggiare la qualificazione davanti ai propri tifosi.

E così dopo aver perso la semifinale nel 2005 e nel 2007, quando sulla panchina sedeva Josè Mourinho, i Blues sono riusciti finalmente a conquistare la finale di Champions League, la prima della loro storia.

La partita è stata fortemente condizionata dalla pioggia scesa copiosa sull’impianto londinese e lo spettacolo ne ha risentito più di quanto dicano i cinque gol finali.

Liverpool-Chelsea 1-1: che beffa per i Reds!

Cominciamo dalla fine. E’ il 94esimo minuto di una gara tiratissima, la squadra di casa conduce per un gol a zero e la curva sta già intonando l’inno di vittoria. Un cross in area, palla tua, palla mia, tuffo di un difensore nel tentativo di antipare gli avversari e autogol beffa che fa 1-1!

Non si tratta della classica partita tra scapoli e ammogliati, ma del primo atto della semifinale di Champions League tra Liverpool e Chelsea al loro terzo scontro fraticida negli ultimi quattro anni. I precedenti dicono Reds, ma stavolta nell’aria c’è qualcosa di nuovo. Intanto sulla panchina del Chelsea non siede più Josè Mourinho, che sarà pure il migliore di tutti, ma non è mai riuscito a guidare la squadra in finale, poi c’è un fattore scaramantico non trascurabile nel mondo del calcio, ovvero il “vantaggio” per il Liverpool di giocarsi in ritorno in casa nelle precedenti edizioni.

Quest’anno la sorte ha assegnato ai Blues la possibilità di giocarsi il biglietto per la finale allo Stamford Brigde e, considerando che gli uomini di Grant non perdono in casa da 100 partite, è lecito per loro pensare di aver messo un piede e mezzo sull’aereo che conduce a Mosca.

Josè Mourinho: nessuno come me!

Silurato dal Chelsea e disoccupato di lusso, Josè Mourinho sembra aver speso bene il tempo libero dovuto all’inattività. Lo immaginavamo seduto accanto al telefono ad aspettare una chiamata e invece stava preparando la sua personale vendetta contro gli illustri colleghi. Lo fa con un libro, “Born Winner”, in cui si lascia andare a dichiarazioni poco simpatiche sull’operato degli allenatori di Manchester United, Liverpool ed Arsenal.

Voi non diventerete mai speciali come me!

Questo il messaggio lanciato a Sir Alex Ferguson, Arsene Wenger e Rafa Benitez e, la cosa potrebbe far sorridere, considerando che l’Inghilterra a livello di club è al momento la nazione sul tetto d’Europa. Da dove arriva tanta sicurezza ed arroganza? Mourinho fa parlare i numeri e fa notare che su 100 gare la sua squadra ha conquistato il 70% di vittorie, mentre l’Arsenal si è fermato a 50 e Ferguson ancora meno. Ma non è finita qui.

Benitez&Grant: così vincenti, così a rischio!

Mestiere difficile quello dell’allenatore! Per carità, chiunque di noi vorrebbe star seduto su una panchina invece di sudare quotidianamente per la pagnotta, ma in ambito calcistico quella del tecnico è di gran lunga la figura più controversa. Se la squadra vince, il merito è quasi sempre dei calciatori che vanno in campo e meritano i successi ottenuti; se la squadra perde il primo a saltare è l’allenatore, colpevole di aver messo in campo la formazione sbagliata o di non aver scelto la tattica giusta.

E’ così da sempre e nessuno è immune da questa regola: da Sacchi a Capello, da Lippi ad Ancelotti, ognuno ha avuto nel corso della carriera la sua buona dose di critiche.

E non vengono risparmiati nemmeno tecnici stranieri come Rafa Benitez e Avram Grant, che a questo punto della stagione dovrebbero invece essere solo ringraziati per il lavoro svolto. Dello spagnolo si parlava già lo scorso inverno, quando il suo Liverpool stentava in Premier, pur essendo lanciatissimo in Europa, dove peraltro ha conquistato due finali in tre anni (vincendone una nella rocambolesca gara di Istanbul).