Italia, un pareggio amaro

 “Non dire gatto, se non l’hai nel sacco” aveva detto Lippi alla vigilia della gara con l’Irlanda, prendendo in prestito proprio una delle frasi che hanno reso famoso il Trap. Il timore era che si snobbasse l’impegno, pensando di avere già in tasca la vittoria ed il +5 in classifica.

Ma abbiamo imparato da tempo che nel calcio non c’è nulla di scontato, specie se ci si ritrova a dover giocare per novanta minuti con un uomo in meno, l’uomo nuovo di Lippi, colui che avrebbe potuto cambiare faccia alla partita in qualunque momento.

Neanche il tempo di accomodarsi in poltrona e di commentare l’11 mandato in campo da Lippi, che già l’Italia si ritrovava a cambiare schema. Eh si, perché su un colpo di testa, Pazzini saltava con le braccia larghe ed O’Shea cozzava proprio contro il gomito dell’attaccante, riportando una vistosa ferita al volto. L’arbitro Stark dimostrava di essere parecchio sensibile alla vista del sangue, tanto da decidere di estrarre un cartellino del medesimo colore. Rosso per Pazzini e Italia in dieci, quando erano trascorsi solo tre minuti.

L’Italia all’esame Trap

Un passato simile, un presente che ha lo stesso obiettivo. Strano il destino incrociato di Lippi e Trapattoni, entrambi vincenti sulla panca della Juventus, entrambi allenatori in passato dell’Inter, seppur con fortune diverse (il viareggino fallì laddove aveva trionfato il Trap), entrambi sulla panchine dell’Italia, dove Lippi si è preso la sua “rivincita”, trionfando laddove il Trap aveva fallito.

Ed eccoli qui, l’uno contro l’altro a giocarsi la qualificazione ai prossimi mondiali, l’uno per dimostrare di essere ancora un ottimo mister, l’altro per confermare quanto di buono fatto nell’edizione tedesca della kermesse mondiale.

Stasera li troveremo a pochi metri di distanza in quel di Bari, dove Italia e Irlanda si giocheranno la testa del girone. Il Trap avrebbe voluto arrivare all’appuntamento con gli stessi punti degli azzurri, ma sabato la Bulgaria gli ha giocato un brutto scherzo, impattando proprio alla fine, quando la vittoria sembrava acquisita. Motivo in più per dare battaglia nella gara di stasera, dove le motivazioni saranno forti.

Pirlo – Pazzini e l’Italia va

L’Italia c’è, nonostante le polemiche sui campioni del mondo lasciati a casa e su chi poteva essere della compagnia e non viene neppure preso in considerazione da mister Lippi. La settimana precedente alla partita col Montenegro è stata caratterizzata dalle discussioni sulla vicenda-Cassano, che potevano distogliere l’attenzione sull’importanza della gara stessa.

E invece l’Italia torna da Podgorica con i tre punti in saccoccia, pronta alla prossima sfida quasi determinante con l’Irlanda del Trap, che non farà certo sconti e vorrà dimostrare che il pareggio rimediato ieri sera è solo un incidente di percorso.

Intanto Lippi si gode la testa solitaria del girone, frutto di quattro vittorie e di un pari ottenuto contro la BUlgaria. L’Italia c’è e già nella gara di ieri ha mostrato passi avanti rispetto al passato, sebbene non avesse di fronte un’incredibile armata. Il giovane Montenegro ha provato a metterci i bastoni fra le ruote, ma alla fine lo 0-2 è ampiamente meritato.

Trapattoni: i miei primi 70 anni

Settant’anni oggi, ma non provate a chiamarlo vecchio, perché il Giuan ha ancora tanto da dare al mondo del calcio. Sua moglie da anni cerca di tirarlo via dal campo di gioco, pregandolo di lasciare l’attività per godersi finalmente una meritata pensione, ma lui, Giovanni Trapattoni da Cusano Milanino, non ne vuole proprio sapere di abbandonare il giocattolo.

La sua ultima avventura si chiama Irlanda, per ironia della sorte avversaria proprio dell’Italia nel girone di qualificazione ai prossimi mondiali. La classifica dice pari punti in vetta al girone, con uno scontro diretto da giocarsi fra una quindicina di giorni. Ed il Trap ci tiene a far bella figura di fronte ai suoi connazionali, ma ancor più vorrebbe regalare agli irlandesi un sogno, dimostrando che la sua fama di vincente non è affatto offuscata.

Eh si, perché nessun allenatore italiano ha un palmares ricco quanto il suo: 10 titoli nazionali in quattro paesi diversi (Italia, Germania, Portogallo e Austria) e con la Juventus tutte le competizioni UEFA per club e la Coppa Intercontinentale.

La caduta del Trap

Imprevedibile Trap! L’ex ct azzurro ancora una volta ha dato dimostrazione di grande simpatia, anche se stavolta si è trattato di una scenetta del tutto involontaria. Il tutto è avvenuto

Platinì: Superlega? Berlusconi faccia il ministro!

Il G14 non esiste più. Platini è stato chiamato apposta a sedersi sulla scomoda poltrona del Presidente dell’Uefa proprio per risolvere la spinosa questione.

Eppure ogni tanto torna di moda parlare di Superlega, di un campionato cioè che veda schierate solo le più grandi squadre, che possono investire nei campioni e assicurare spettacolo e ritorno economico. A tirare fuori il discorso è nuovamente Silvio Berlusconi, da sempre innamorato dell’idea di vedere il suo Milan affrontare solo squadre di pari livello:

Quando si attrezza una squadra che costa tanto, non si può pensare di andare a giocare in provincia con meno di ventimila spettatori. I grandi club dovrebbero avere un campionato tutto loro perché con due “big” in campo lo stadio si riempie e l’audience tv diventa altissima.

Storia degli Europei: Belgio 1972

Trentadue squadre divise in otto gironi: questa la formula inventata dagli organizzatori dell’Europeo 1972 per decidere le partecipanti alla fase finale. L’italia si presentava da campione in carica , ma il 4-1 subito dal Brasile nei Mondiali messicani di due anni prima, ne aveva ridimensionato le ambizioni.

Sulla panchina ancora Ferruccio Valcareggi, ritenuto responsabile numero uno della sconfitta in Messico, con quella staffetta Mazzola-Rivera mai completamente gradita al pubblico nostrano, tanto che al rientro la comitiva azzurra venne accolta da pomodori e fischi.

L’Europeo del ’72 doveva rappresentare l’occasione del riscatto, in un’epoca in cui l’Italia aveva grandi mezzi per dominare a livello continentale. Nel girone di qualificazione ci toccarono Austria e Svezia, vere insidie per il gioco degli azzurri, oltre all’Irlanda, cenerentola del girone e destinata a presentarsi solo come comparsa.