Luciano Castellini: il giaguaro!

E’ stato uno dei più grandi portieri italiani, eppure spesso non viene inserito nella lista dei migliori numeri uno. Uno strano destino quello di Luciano Castellini, che fece grande il Torino prima ed il Napoli poi nel corso degli anni ’70-’80 con le sue parate impossibili.

Lo chiamavano il giaguaro per quel suo modo di saltare da un palo all’altro della porta con scatto felino e riflessi impressionanti. Molto scenografico nelle uscite e nelle prese al volo, era il padrone indiscusso dell’area piccola e capace di muovere la difesa come pochi altri al mondo.

Mosse i primi passi da professionista nel Monza in serie B, esordendo in una gara con il Como persa per 5-0. Il suo destino sembrava segnato: mai più i tifosi avrebbero voluto vedere tra i pali un portiere che si faceva bucare con tanta facilità. Si accomodò dunque in panchina per il resto della stagione, finché a cinque giornate dal termine, il titolare subì un infortunio e Castellini venne chiamato a sostituirlo.

4 maggio 1949: Torino piange i suoi campioni!

4 maggio 1949, il cielo sopra Torino era cupo, la pioggia batteva sul trimotore Fiat che riportava a casa i ragazzi granata, dopo la trasferta in Portogallo. Erano anni in cui non era così normale spostarsi in aereo e la maggior parte della squadra, allenatore Ferrero in testa, non era affatto entusiasta di usare un mezzo di trasporto così all’avanguardia. Avevano paura, purtroppo a ragione.

Erano le 17:05 del pomeriggio, più o meno l’ora in cui andiamo on line per raccontare la storia di quel Grande Torino, tragicamente scomparso sulla collina di Superga. Sono passati 59 anni, eppure il ricordo di quella squadra è ancora vivo, anche nelle menti di coloro che allora non c’erano ed hanno conosciuto la storia solo da vecchie pagine dei giornali o dai ricordi di chi quei giorni li ha vissuti.

Tornavano dal Portogallo, dicevamo, da una festa dello sport, di quelle che si organizzano per dare l’addio ad un grande campione. L’addio al calcio, ovviamente, ma per quei ragazzi fu l’addio alla vita, prematuramete strappata da un crudele destino.

Sandro Mazzola: predestinato di classe

Un destino nel nome, un predestinato che deve sempre dimostrare di essere erede degno di un padre così importante. E’ la storia di Sandro Mazzola, figlio di Valentino, capitano del Grande Torino, prematuramente scomparso nella tragedia di Superga.

Sandrino all’epoca era un bambino ed ancora oggi confessa di aver cancellato quella fetta di esistenza che precedeva il grande dolore. Iniziò a tirar calci ad un pallone spinto da una vocazione naturale, sapendo sin da allora che il confronto con il papà-campione sarebbe stato inevitavile. Ha sempre ammesso che suo padre era di un altro pianeta e per quanto poi nella carriera Sandro ebbe modo di dimostrare grandi doti, non raggiunse mai la classe sopraffina del genitore.

Lo portò all’Inter Giuseppe Meazza, più per pietà verso un ragazzino che aveva perso suo padre in un modo così tragico, che per l’effettivo talento del giovane Mazzola. Ma Sandro negli anni riuscì tirar fuori la classe e ad onorare il cognome che portava.

Italia-Ungheria 3-2: il Grande Torino si veste d’azzurro!

In una lista di partite storiche che si rispetti non può mancare la memorabile Italia-Ungheria dell’11 maggio 1947. So che è molto in là nel tempo e la gran parte di noi ne ha avuto notizia solo leggendo riviste d’epoca o ascoltando i racconti di genitori e nonni, ma una formazione che vanta un così gran numero di calciatori, provenienti dalla stessa squadra di club, merita un capitolo in questa rubrica.

Stiamo parlando del Grande Torino che furoreggiava nella seconda metà degli anni quaranta. La nazionale in quel periodo era affidata alle sapienti mani di Pozzo, che aveva il compito non facile di “ricostruire l’Italia” dopo la pausa internazionale dovuta al grande conflitto. In quegli anni non era inusuale che le nazionali si fondassero sui blocchi delle squadre dei club che più vincevano nei rispettivi paesi, ed era abbastanza comune trovare quattro-cinque giocatori appartenenti alla stessa squadra.

Ma quello che riuscì a fare Pozzo in quel giorno di tarda primavera del ’47 ha qualcosa di incredibile, consegnato alla storia come la “Nazionale del Torino”.