Bundesliga: Toni e Ribery valgono uno scudetto

Mancano poco più di 10 partite al termine della stagione nei principali paesi europei, e a parte in Inghilterra, negli altri campionati sembrerebbe che lo scudetto sia già assegnato.
In Germania tocca al Bayern di Luca Toni portare a casa la vittoria che probabilmente consegna il 21esimo titolo alla squadra bavarese.
Sono bastati un gol per tempo (Toni + Ribery) per aver ragione di un Kalsruhe troppo rinunciatario, nonostante il suo quinto posto, e i 7 punti di distacco dal Werder adesso sembrano incolmabili.

Anche perchè, oltre ad avere in squadra 11 fuoriclasse, tra cui la punta italiana capocannoniere con 14 reti, la concorrenza sembra stentare. La partita tra Werder e Stoccarda sembrava dovesse incanalarsi in una sola direzione dato che la ex squadra di Trapattoni non aveva più nulla da chiedere al campionato, mentre Diego e compagni erano alla caccia del Bayern. E il gol di Almeida dopo solo 9 minuti stava dando ragione ai pronostici, fino al ventesimo, quando Gomez (tripletta per lui) ha segnato il gol che ha dato una sterzata alla gara, portando alla fine al punteggio tennistico di 6-3.

Bundesliga: si delineano le gerarchie del campionato

Riprende la corsa del Bayern Monaco di Luca Toni. Dopo la piccola battuta d’arresto della scorsa settimana, è bastata una rete dell’altro cannoniere, Miroslav Klose, per aver ragione di uno Schalke 04 che non ha mai impegnato i bavaresi. Al Bayern mancava Van Bommel, che si è beccato tre giornate di squalifica per il gesto dell’ombrello (non una novità per lui) della scorsa partita, ma di certo a Monaco non hanno i giocatori contati.

Il Werder intanto cerca di rimanere agganciato al Bayern, per non considerare già chiuso il campionato a 12 turni dalla fine, e lo fa con un secco 2-0 contro un modesto Borussia Dortmund. Di Rosemberg i due gol dei biancoverdi che tengono ancora viva una Bundesliga che, se la scorsa settimana sembrava molto equilibrata, adesso pian piano sta prendendo una fisionomia. Infatti la corsa ai due posti utili per la qualificazione in Champions sembrano già assegnati, visto lo strapotere del Bayern (difficilmente scalzabile dal primo posto) e l’ottimo momento del Werder, ma soprattutto grazie al fatto che dietro non tengono il passo.

Buffon non recupera e mette nei guai Donadoni

C’era un tempo in cui l’Italia era considerata terra di portieri: anni d’oro che creavano ai selzionatori della Nazionale non pochi problemi di scelta, tanto era folta la schiera di pretendenti alla maglia numero uno.

Il dopo Zoff, leader indiscusso tra i pali, aveva consegnato ai vari ct di turno dei dualismi che garantivano, qualunque fosse la scelta, sicurezza e capacità. Erano i tempi di Zenga e Tacconi, con il primo a raccogliere applausi e lo juventino a sperare in qualche disavventura del collega, per poter indossare i guanti e scendere in campo. Eppure in molti ancora si chiedono che cosa sarebbe successo se nella partita con l’Argentina del ’90 ci fosse stato Tacconi a difendere la porta azzurra. Ma il passato non si può cambiare e questa è decisamente un’altra storia.

Venne poi l’epoca di Pagliuca e Marchegiani a dividersi la gloria e la maglia nei Mondiali americani del ’94, con Peruzzi, giovane promessa, alla finestra, nella speranza di poter indossare la maglia numero uno nel futuro prossimo. Tempi di vacche grasse per i vari Sacchi, Vicini, Zoff e Trapattoni il cui unico problema era l’imbarazzo della scelta.

Ci credereste? Gli infortuni stupidi nel mondo del calcio

Beh, a raccontarle fanno veramente ridere: meglio delle barzellette di Totti o dello “Strunz” ripetuto all’infinito da Mr Trapattoni ai tempi del Bayern Monaco! Parliamo delle disavventure dei calciatori, degli incidenti più o meno gravi, non su un campo di calcio, ma nella vita quotidiana. Il Daily Star lo scorso anno li raccolse addirittura in una classifica, dove venivano elencati i più bizzarri, per una lettura che provocava ilarità dall’inizio alla fine.

Eh si, perché se è assolutamente normale per un calciatore rompersi una tibia, per l’intervento assassino di un avversario o stirarsi un quadricipite nel tentativo di raggiungere un pallone, risulta abbastanza grottesco pensare ad uno stop forzato a causa di un incidente domestico.

Certo i protagonisti ridono un po’ meno, ma immaginate Darren Barnard che cammina tranquillamente nella sua cucina e scivola sulla pipì del suo cane, procurandosi una frattura che lo ha tenuto fuori dai campi per 5 mesi! State già ridendo? Aspettate almeno di sentire il resto.

Jozy Altidore: il volto nuovo del soccer

Da queste parti lo conosciamo più per essere uno dei testimonial dell’Adidas -trasformato in cartone animato alla pari di Messi, Ochoa e Guardado– che per quello che ha fatto realmente vedere su un campo di calcio, ma Josmer Volmy Altidore, detto Jozy, è sicuramente destinato a far parlare di sé nei prossimi anni.

Classe 1989, figlio di genitori tahitiani, nasce negli States, dove è difficile far carriera nel mondo del pallone, sport considerato minore rispetto al baseball, al basket, al football. Ciò non gli impedirà di innamorarsi del soccer, che segue in tv durante i Mondiali ’94, quelli del rigore di Baggio e del Brasile tetracampeao, quelli delle partite a mezzogiorno e dell’ennesima squalifica di Maradona per uso di droga.

Non ce l’ha fatta la macchina mondiale dell’organizzazione a far decollare il progetto-calcio negli USA, ma ciò non toglie che migliaia di bambini si siano innamorati di quel pallone da prendere a calci. E così Jozy comincia la sua carriera a livello scolastico. dimostrando di saperci fare e di avere buone possibilità per un futuro da calciatore, tanto da essere notato dagli organizzatori del Generation Adidas, una specie di vivaio dove far crescere le giovani promesse americane.

Da Tardelli a Rozzi: la scaramanzia nel calcio

Corna e cornetti, ferri di cavallo ed amuleti di ogni genere: non siamo al festival anti-jella, ma in qualunque spogliatoio di calcio che si rispetti. O credevate forse che le partite si vincano solo comprando fior di giocatori?

E allora chiedetelo ai vari protagonisti della domenica, che si esibiscono in veri e propri riti scaramantici per attirare la buona sorte. Nessuno ne parla, ma basta osservare calciatori, allenatori e persino presidenti, per rendersi conto che certi gesti ripetuti all’infinito altro non sono che pura superstizione.

Dalla barba incolta di Amadei, alla scarpa sinistra di Zambrotta infilata sempre per prima, dall’abitudine di Sivori e Maradona di dirigersi palla al piede verso la porta, prima dell’inizio della partita, per poi calciare senza portiere, ai due fili d’erba strappati e poi masticati da Nicola Caccia: sono solo alcuni dei riti che i calciatori non dimenticherebbero mai di compiere.

Edmundo vuole tornare al Vasco Da Gama

Casa dolce casa! E’ il sogno di molti giocatori chiudere la carriera laddove l’avevano iniziata, sentirsi a casa, per rivivere emozioni provate quando erano poco più che adolescenti.

E’ il sogno di Fabio Cannavaro ed Alessandro Nesta -tanto per restare in casa nostra- partiti rispettivamente da Napoli e Roma (sponda biancazzura), per cercare il successo in squadre più ambiziose, ma col cuore sempre lì, al San Paolo per il napoletano, all’Olimpico per il laziale.

E’ il sogno anche di una vecchia conoscenza del calcio italiano, ricordato più per le sue intemperanze che per la sua grandezza, sia pure indiscutibile: Edmundo, meglio noto agli appassionati come “O animal”, soprannome che la dice lunga sul suo comportamento dentro e fuori dal campo.