Newcastle: record di parolacce all’esordio, Kinnear manda 52 volte tutti a quel paese

Ci siamo sorpresi quando Mourinho alla sua prima intervista in italiano ha detto di non essere un pirla. Siamo rimasti a bocca aperta quando, partita dopo partita, litigava con tutti, allenatori e giornalisti, anche con frasi piuttosto scorbutiche. Abbiamo riso quando il Trap inveì fortemente contro la sua squadra, ed in particolar modo verso il centrocampista Strunz.

Ma stavolta c’è chi ha superato tutti i limiti, della decenza ma anche dell’indecenza: è Joe Kinnear, che alla sua prima conferenza stampa alla guida del Newcastle ha detto ben 52 parolacce, rivolte verso tutti, ma in special modo ai suoi calciatori.

Qualificazioni mondiali: prima vittoria con polemica per la Francia, bene tutte le big

L’Italia chiude la seconda gara del girone in testa da sola. L’unica squadra ad aver vinto la prima gara, l’Eire, ha pareggiato in casa di un ottimo Montenegro che avrebbe anche meritato la vittoria. Vucinic e Jovetic fanno impazzire gli uomini del Trap, ma alla fine Given ha la meglio su tutti e salva i suoi su uno 0-0 che va bene a tutti: agli irlandesi perchè non perdono, ai montenegrini perchè rimangono in gioco e all’Italia perchè diventa capolista.

Torna alla vittoria la Francia, che nonostante le polemiche dei tifosi che vogliono la testa di Domenech, fino addirittura a sperare in una sconfitta della loro Nazionale, i Bleus riescono ad avere la meglio su una Serbia che perde sin da subito il suo calciatore migliore, Stankovic, per infortunio. Partono forte i francesi, ma tremano nel finale quando Ivanovic segna il gol del 2-1 riaprendo la partita, ma alla fine i primi 3 punti per i transalpini arrivano.

La caduta del Trap

Imprevedibile Trap! L’ex ct azzurro ancora una volta ha dato dimostrazione di grande simpatia, anche se stavolta si è trattato di una scenetta del tutto involontaria. Il tutto è avvenuto

Qualificazioni Mondiali: Italia ed Eire in vetta al girone, a valanga la Germania, stecca la Francia

Chiudiamo al primo posto (immeritatamente) nel girone dopo la prima gara di qualificazione ai mondiali del 2010. Stesso risultato per noi e l’Eire che non chiude in vetta in solitaria per la differenza reti a causa del gol di Kenia al novantesimo dopo una gara in cui il Trap ha messo in campo tutta la sua esperienza.

L’altra partita del girone 8 è terminata sul 2-2 in una combattutissima gara tra la matricola Montenegro, che per la prima volta affronta autonomamente una qualificazione ai mondiali, e la più esperta Bulgaria. In rete Vucinic e Jovetic per il Montenegro, le due stelle di una squadra molto promettente per il futuro.

Ora Cassano diventa il salvatore della patria!

Italia, terra di navigatori, poeti e… commisari tecnici. E’ così da sempre, specie quando ci si trova a dover affrontare una competizione internazionale. Perché non fa giocare Tizio? Perché non convoca Caio? Il ct di turno deve fare orecchie da mercante e decidere in totale libertà, non lasciandosi condizionare dall’umore popolare e rischiando anche critiche a non finire in caso di magra figura.

L’ultimo caso di esclusione, nonostante la chiamata a furor di popolo, fu quella di Roberto Baggio in occasione dei mondiali nippo-coreani, ma il buon Trapattoni trovò, buon per lui, un capro espiatorio nell’arbitro Moreno. In ogni caso uno esperto e vincente come il Trap avrebbe trovato il modo di difendersi dagli attacchi della critica.

Non così Donadoni, giovane allenatore con poca esperienza in panchina, in partenza per l’avventura europea con una spada di Damocle sulla testa ed il fantasma di Lippi a seguirlo ad ogni passo. Meglio portare Del Piero dunque, ascoltando il parere del popolo, per poter poi dire di averle tentate tutte. Succede poi che il capitano della Juve entra a partita iniziata contro l’Olanda ed in mezz’ora dimostra di non aver perso lo smalto di un tempo. Fallo giocare! E gioca contro la Romania. E stecca pure, purtroppo. Ed ora il popolo di commissari tecnici invoca a gran voce il nome di Cassano.

Lothar Matthaus: il recordman del calcio tedesco!

La sua maglia preferita era quella con il numero 8, ma Giovanni Trapattoni lo convinse ad indossare il 10. No, troppo da fantasisti, sosteneva il giovane Lothar Matthaus, che non pensava affatto di avere nei piedi quel qualcosa in più che era toccato in dote a giocatori come Maradona o Platini, tanto per citarne due.

Ma il buon Giuan faceva notare che quella era anche la maglia del leader in campo e lui lo era: chi meglio del tedesco poteva assumere i gradi del condottiero?

E così Matthaus accettò la carica e si calò nel ruolo di trascinatore, non abbandonando mai la maglia numero 10, neppure quando fu costretto ad abbondonare l’Inter.

Marco Tardelli: un urlo mondiale!

Guardate l’immagine, chiudete gli occhi e tornate a quel magico 11 luglio del 1982. E adesso ditemi che cosa provate.

Personalmente non riesco a ricordare un’emozione simile (calcisticamente parlando, s’intende): brividi che scendono lungo la schiena ed una lacrima trattenuta a fatica nel ricordo di una serata unica ed indimenticabile.

Indimenticabile per me, per noi tifosi tutti, che abbiamo avuto la fortuna di assistere alla messa in onda di una pagina di storia, ma immaginate che cosa deve aver rappresentato quella serata per il ragazzo immortalato nella foto divenuta simbolo di un intero mondiale, tanto che ancora vi chiedessero chi era Tardelli, rispondereste quasi sicuramente “quello dell’urlo”.

Euro 2008: qui Italia, tra certezze e polemiche

Ormai ci siamo: l’Europeo è alle porte ed è tempo di scommesse intorno alle convocazioni del ct Donadoni, alle prese come i suoi illustri predecessori con critiche e consigli più o meno velati da parte di tifosi e addetti ai lavori.

Molte le prove e le sperimentazioni in questi due anni di post abbuffata-mondiale con il compito arduo di sostituire in panchina uno che di nome fa Marcello Lippi, che è riuscito laddove avevano fallito personaggi come Sacchi, Trapattoni e compagnia bella.

Il giovane tecnico ha accettato di raccogliere la pesante eredità ed ora è il momento di dimostrare che la Federazione ha fatto bene a scommettere su di lui, almeno fino alla fine della manifestazione continentale. E allora andiamo ad analizzare le possibili scelte del nostro ct, consapevoli che chiunque siano i 23 portati in ritiro, non mancheranno le polemiche.

Storia degli Europei: Portogallo 2004

Ultimo appuntamento con la storia degli Europei di calcio, prima di dedicarci ampiamente alla manifestazione della prossima estate che ci vedrà scendere in campo da favoriti, nonché Campioni del Mondo in carica (come suona bene!).

Ci occupiamo oggi dell’Europeo 2004, organizzato dal Portogallo e vinto da una sorprendente Grecia proprio sui padroni di casa, che già pregustavano il dolce sapore del successo davanti ai propri tifosi.

Ancora un appuntamento amaro per i colori azzurri, nato sotto una cattiva stella e concluso ancora peggio, non solo per nostro demerito. La Nazionale era affidata a Giovanni Trapattoni, ancora sulla panchina azzurra, nonostante la figuraccia al Mondiale nippo-coreano. Già alla partenza della squadra per il Portogallo, le critiche verso il mister occupavano le pagine di tutti i giornali sportivi e non. Motivo? L’esclusione di Alberto Gilardino, sostituito da Alessandro Del Piero (com’è strano il calcio: quest’anno il capitano bianconero si trova sulla sponda opposta del fiume).

Platinì: Superlega? Berlusconi faccia il ministro!

Il G14 non esiste più. Platini è stato chiamato apposta a sedersi sulla scomoda poltrona del Presidente dell’Uefa proprio per risolvere la spinosa questione.

Eppure ogni tanto torna di moda parlare di Superlega, di un campionato cioè che veda schierate solo le più grandi squadre, che possono investire nei campioni e assicurare spettacolo e ritorno economico. A tirare fuori il discorso è nuovamente Silvio Berlusconi, da sempre innamorato dell’idea di vedere il suo Milan affrontare solo squadre di pari livello:

Quando si attrezza una squadra che costa tanto, non si può pensare di andare a giocare in provincia con meno di ventimila spettatori. I grandi club dovrebbero avere un campionato tutto loro perché con due “big” in campo lo stadio si riempie e l’audience tv diventa altissima.

Fabio Capello: la fama del vincente

Siamo così abituati a vederlo in giacca e cravatta su una panchina, che spesso ci dimentichiamo del Fabio Capello giocatore, grande numero 10 degli anni ’60-’70. La sua storia calcistica inizia con un gran rifiuto: lo cercava il Milan, ma suo padre aveva già promesso il ragazzino alla Spal e l’affare sfumò.

La grande occasione la ebbe con il passaggio alla Roma, nonostante una prima stagione non esaltante, in cui riuscì a collezionare solo 11 presenze. Poi arrivò Helenio Herrera sulla panchina giallorossa e Capello divenne il fulcro centrale della squadra: ottavo posto in campionato, abbondantemente riscattato con la conquista della Coppa Italia, con due gol proprio del talento di Pieris nell’ultima gara del girone finale.

Centrocampista di qualità, senso tattico e ottima visione di gioco, oltre alla spiccata propensione al gol: queste le caratteristiche di Fabio Capello, che accumulò nella capitale l’esperienza necessaria per compiere il grande salto.

Liam Brady: un gentleman alla corte della Vecchia Signora

Era il 1980 e l’Italia ricominciava a parlare straniero, dopo anni di strenuo nazionalismo. La Juve tentò di arrivare a Diego Armando Maradona, intoccabile, inavvicinabile, ed il viaggio in Argentina di Boniperti si rivelò vano. La scelta cadde dunque su Liam Brady, irlandese dell’Arsenal, che tanto bene aveva fatto in terra inglese, tanto che il suo presidente tentò in tutti i modi di trattenerlo.

Sette stagioni con i Gunners, impreziosite dalla conquista nel 1979 della Coppa d’Inghilterra che gli valse, a livello personale, l’elezione a giocatore dell’anno. Ma il richiamo della Vecchia Signora era troppo ghiotto da rifiutare ed il 31 luglio del 1980 Liam sbarcò all’aeroporto di Caselle, pronto per la nuova avventura.

In panchina c’era Trapattoni a guidare una squadra di campioni affermati e di giovani promesse. Rossi, Bettega, Cabrini, Tardelli, Furino, Fanna: sono solo alcuni dei nomi della Juventus di quegli anni, ma, nonostante la fama dei suoi compagni di squadra, Brady riuscì ad inserirsi in fretta.

Torino-Juventus 3-2: rimonta granata in 124 secondi!

Nel calcio vince il più forte. Quasi sempre, almeno. Ma ci sono delle occasioni particolari in cui non basta avere in campo sei Campioni del Mondo, non basta poter contare su un duo di fuoriclasse stranieri, non basta chiamarsi Juventus e giocare contro una meteora.

Era il 27 marzo 1983 ed il calendario proponeva il derby della Mole, con la Juventus all’inseguimento della Roma prima in classifica ed il Toro senza grandi ambizioni. Era l’anno che seguiva i Mondiali di Spagna, vinti dall’Italia per 6/11 bianconera: un vero vanto per lo squadrone di Trapattoni ulteriormente rinforzato con gli innesti di Platini e Boniek. Il sempreverde Bettega ancora dava il suo contributo, nonostante l’età, ed a centrocampo Massimo Bonini garantiva qualità e quantità.

Il Toro era invece tutto muscoli e cuore, quel cuore che è sempre stato caratteristica fondamentale per i colori granata, specie se si trattava di metterlo in campo contro i rivali storici. Nel suo piccolo anche il Torino era Campione del Mondo, avendo tra le sue fila Beppe Dossena, numero 10 azzurro nei Mondiali di Spagna, anche se durante la competizione non ebbe modo di mettersi in mostra. Ma la Juve era superiore in tutto rispetto a quel Torino, che poteva sperare solo di limitare i danni.

Storia degli Europei: Spagna 1964

Raddoppia l’appuntamento settimanale con Euro 2008 sulle pagine di Calciopro, che toglierà spazio per un po’ alla rubrica dedicata ai volti nuovi. Ce ne scusiamo con gli affezionati lettori, ma la manifestazione continentale regina a livello di nazionali, non può che avere la precedenza su qualunque altro argomento. Torneremo comunque ad occuparci di giovani promesse tra qualche settimana, non appena avremo completato la storia degli Europei dal 1960 ad oggi.

Oggi è la volta di Spagna 1964, considerato a pieno titolo la prima vera edizione degli Europei di calcio. Se nel ’60, infatti, molte squadre si erano rifiutate di partecipare per motivi politici (l’apertura alle squadre dell’est) o di snobismo per la manifestazione, alle qualificazioni del ’64 si presentarono ben 28 nazionali, comprese l’Italia e l’Inghilterra, che avevano finalmente capito l’importanza dell’evento.

Esordio dunque per la nazionale azzurra, guidata da Edmondo Fabbri, che nel primo turno si trovò ad incrociare la Turchia, eliminata con facilità grazie ad un 6-0 in casa ed un 1-0 nel ritorno. Negli ottavi però arrivò l’ostacolo Urss, campione in carica e decisa a raggiungere nuovamente la finale ad ogni costo. Ed il prezzo lo pagò la povera Italia, intimidita dall’atteggiamento non certo cortese dei sovietici, che non esitavano a stampare i propri tacchetti sulle gambe degli avversari. Finì che all’ennesimo fallo del difensore Dubinsky, Pascutti reagì con un pugno (passato poi alla storia come “il pugno di Mosca”) e fu espulso da un arbitro che fischiava un po’ troppo a senso unico.