Juventus Football Club

Foto: AP/LaPresse

Juventus Football Club

Correva l’anno 1897, quando un gruppo di liceali torinesi si ritrovava su una panchina di corso Re Umberto, nel capoluogo piemontese, per dar vita a quella che di lì a qualche anno sarebbe diventata una delle società di calcio più importanti e titolate nel panorama nazionale ed internazionale, la Juventus Football Club. La maglia degli esordi era di colore rosa con cravatta nera, ma l’undici torinese non ebbe modo di esibirla a livello nazionale prima del 1900, allorché partecipò al primo campionato, venendo però eliminata.

Il primo trionfo arrivò nel 1905, anno del primo scudetto, che però si dimostrò un fuoco di paglia, considerando che fino al dopoguerra la Juventus non seppe più ripetersi. Il secondo titolo nazionale giunse un ventennio più tardi, nella stagione ’25-’26, per fare poi da antipasto a quello che sarà uno dei periodi migliori nella storia della società piemontese.

Del Piero record, 178 gol in A con la Juve

Foto: AP/LaPresse

E’ l’uomo dei record, il simbolo della Vecchia Signora da più di 17 anni, da quando arrivò a Torino – via Padova-  per fare da riserva ad un certo Roberto Baggio. Ma uno come Alessandro Del Piero era destinato ad un ruolo da protagonista e lo si intuiva già da quella stagione (era il ’93-’94), nella quale mise a segno le sue prime cinque reti in campionato con la maglia della Juventus.

Da allora è trascorsa una vita, 17 anni di lacrime e sudore, di infortuni ed occasioni mancate, ma anche e soprattutto di successi sia personali che di squadra. E 17 anni di gol, ben 178 in Serie A con la casacca bianconera, l’ultimo dei quali siglato proprio oggi contro il Lecce, che gli vale l’aggancio ad un altro mito della storia della Juventus, Giampiero Boniperti.

Boniperti stuzzica Totti

Domani potrebbe essere il giorno del gran sorpasso per Francesco Totti, che nella gara interna contro il Torino potrebbe raggiungere e superare Giampiero Boniperti nella classifica dei goleador di tutti

Roma – Juve: storia di una rivalità che non c’è più

C’era una volta Roma-Juve e c’erano due presidenti schietti ed ironici che non le mandavano certo a dire, trincerandosi dietro la diplomazia, ma affonfavano i colpi al momento opportuno. Che tempi ragazzi! Finiva la partita e non aspettavi la moviola per sapere se il fuorigioco c’era o no, ma aspettavi di sentire le dichiarazioni incrociate di Viola e Boniperti per assistere al solito show di fronte alla telecamere.

Un episodio fra tanti, il più eclatante, ricordato ancor oggi dai tifosi di fede giallossa. Era il 10 maggio 1981, Roma e Juve lottavano per il titolo (altri tempi, lo so). Turone (ricordato quasi esclusivamente per quell’episodio) infilò la porta bianconera, quando mancava un quarto d’ora alla fine della gara, ma l’arbitro Bergamo annullò per fuorigioco.

Giampiero Boniperti: bianconero a vita

Avremmo dovuto dedicargli una pagina un paio di giorni fa, in occasione del suo ottantesimo compleanno, ma abbiamo voluto aspettare oggi, per inserire il suo nome nella rubrica della domenica sui grandi campioni del passato.

Stiamo parlando di Giampiero Boniperti, strepitoso attaccante bianconero degli anni ’40-’50, prima che dirigente e presidentissimo della Juventus.

Una vita professionistica vissuta interamente con la maglia della Vecchia Signora cucita addosso, sin dal primo campionato in cui riuscì a giocare solo 6 gare (segnando però 5 reti). Aveva solo 19 anni, ma il suo destino era già scritto. L’anno successivo nessuno si permise di toglierlo dalla formazione titolare e lui ripagò tanta fiducia, vincendo la classifica cannonieri, davanti al grande Valentino Mazzola, con ben 27 reti.

Gianluca Vialli: goleador di razza

Stacchiamo la spina per un po’ dalla stretta attualità fatta di biscotti e sospetti di combine e torniamo alle nostre care rubriche, occupandoci di un grande del passato che ha fatto bene in patria e ha tenuto alto il nome degli italiani in terra straniera.

Stiamo parlando di Gianluca Vialli, fenomenale atttaccante degli anni ’80-’90, nonché vero campione di simpatia.

Mosse i primi passi da calciatore (come direbbe il buon giornalista) nella Cremonese, squadra della sua città, contribuendo alla promozione dalla serie C alla B e poi al salto nella massima serie nell’anno di grazia 1984.

Juventus-Inter 9-1: i campioni contro i ragazzini!

A Roma mando una squadra di ragazzini!

Questa la minaccia di Massimo Moratti alla vigilia della finale di Coppa Italia contro la Roma, per rispondere a chi, con vena polemica, sosteneva che l’Inter fosse stata aiutata nel corso del campionato.

Poi la rabbia è rientrata ed i nerazzurri si sono presentati all’appuntamento con la migliore formazione possibile che non è riuscita tuttavia a frenare la voglia di riscatto di una Roma arrembante. Il presidente non ha voluto seguire l’esempio di papà Angelo, che nel lontano 1961, in polemica con la Federazione, decise di far scendere in campo la squadra primavera, beccandosi poi una multa di un milione di lire.

Fabio Capello: la fama del vincente

Siamo così abituati a vederlo in giacca e cravatta su una panchina, che spesso ci dimentichiamo del Fabio Capello giocatore, grande numero 10 degli anni ’60-’70. La sua storia calcistica inizia con un gran rifiuto: lo cercava il Milan, ma suo padre aveva già promesso il ragazzino alla Spal e l’affare sfumò.

La grande occasione la ebbe con il passaggio alla Roma, nonostante una prima stagione non esaltante, in cui riuscì a collezionare solo 11 presenze. Poi arrivò Helenio Herrera sulla panchina giallorossa e Capello divenne il fulcro centrale della squadra: ottavo posto in campionato, abbondantemente riscattato con la conquista della Coppa Italia, con due gol proprio del talento di Pieris nell’ultima gara del girone finale.

Centrocampista di qualità, senso tattico e ottima visione di gioco, oltre alla spiccata propensione al gol: queste le caratteristiche di Fabio Capello, che accumulò nella capitale l’esperienza necessaria per compiere il grande salto.

Liam Brady: un gentleman alla corte della Vecchia Signora

Era il 1980 e l’Italia ricominciava a parlare straniero, dopo anni di strenuo nazionalismo. La Juve tentò di arrivare a Diego Armando Maradona, intoccabile, inavvicinabile, ed il viaggio in Argentina di Boniperti si rivelò vano. La scelta cadde dunque su Liam Brady, irlandese dell’Arsenal, che tanto bene aveva fatto in terra inglese, tanto che il suo presidente tentò in tutti i modi di trattenerlo.

Sette stagioni con i Gunners, impreziosite dalla conquista nel 1979 della Coppa d’Inghilterra che gli valse, a livello personale, l’elezione a giocatore dell’anno. Ma il richiamo della Vecchia Signora era troppo ghiotto da rifiutare ed il 31 luglio del 1980 Liam sbarcò all’aeroporto di Caselle, pronto per la nuova avventura.

In panchina c’era Trapattoni a guidare una squadra di campioni affermati e di giovani promesse. Rossi, Bettega, Cabrini, Tardelli, Furino, Fanna: sono solo alcuni dei nomi della Juventus di quegli anni, ma, nonostante la fama dei suoi compagni di squadra, Brady riuscì ad inserirsi in fretta.

Roberto Baggio: il più grande del calcio italiano

Ho visto giocare Maradona, Zico, Platini e Zidane, ancora oggi ammiro le prodezze di Ronaldinho e Messi, di Kakà e Totti, ma mai nessun calciatore è riuscito a farmi innamorare quanto Roberto Baggio. Non avevo occhi che per lui su quel rettangolo verde e, pur riconoscendo che qualcuno dei fenomeni sopracitati (forse uno) era più forte di lui a livello tecnico, per me è sempre stato il migliore.

Ricordo ancora il giorno in cui firmò il contratto che sanciva l’addio alla mia squadra del cuore e quel poster staccato dal muro e ripiegato mestamente in un cassetto, dove ancora oggi riposa a ricordarmi un passato di tifosa scatenata.

Perdonatemi l’amarcord, ma, quando si parla di Baggio, la mente viaggia e il movimento della mano sulla tastiera diventa quasi automatico: troppi ricordi, troppe emozioni, ma anche polemiche infinite con chi non lo amava quanto me e si permetteva di criticare il più grande calciatore italiano di tutti i tempi.