Ormai è fatta, almeno secondo la Gazzetta dello Sport. Il pressing dell’Inter sul Genoa per mandare Ranocchia a Milano sin da gennaio è stata una tattica vincente. Ma come tutte
Ancora un 1-0 per il Napoli, dopo quello acciuffato in extremis nel posticipo della 15esima giornata di campionato a spese del Palermo. Stavolta a pagare pegno è il Genoa, mentre a salire sul trono del risolutore è Marek Hamsik, criticato strenuamente all’indomani dell’ultima uscita dei partenopei.
Lo slovacco ha messo a segno la rete che consente agli azzurri di agganciare la Lazio al secondo posto in classifica, e sotto il Vesuvio si ricomincia a sognare in grande, in attesa dell’impegno europeo che potebbe consentire al Napoli di superare la fase a gironi dell’Europa League.
Anticipo della sedicesima giornata di serie A.
Stadio Marassi, Genova: Genoa-Napoli 0-1
Rete: 25′ pt Hamsik
Sensazioni soggettive, per carità. Ma pur sempre sensazioni e, in quanto tali, elementi che caratterizzano lo stato d’animo. Mi succede in cadetteria con il Novara e in serie A con il Genoa: comincio a gustarmi la partita e – 20′, 50′, 78′, minuti di recupero – non sparisce mai l’impressione che piemontesi e Grifoni siano capaci di ribaltare il risultato in un batter di ciglia. Di rimando, se giocano i rossoblu, cerco di non dare mai nulla per scontato. Che siano in svantaggio, che giochino male, che fatichino ad avvicinarsi all’area di rigore: a prescindere da tutto ciò, l’immaginario personalissimo è che gli undici in quota ai genovesi possano riscrivere la trama in pochi istanti. Perchè? Forse per il fatto che raramente, a fronte delle svariate volte che li ho visti perdere, i genoani si risparmiano. Difficilmente camminano. Semmai corrono e si spompano, ci provano sempre: che l’avversario si chiami Milan o Ternana, che la posta in palio sia più o meno importante, che il gioco prodotto sia più o meno incisivo. Undici polmoni che macinano aria, undici cuori che non mollano: che non basti solo questo, va da sè. Lo dicono le graduatorie, lo riferiscono i palmares.
Nell’altra metà campo, al Marassi, il Napoli: agganciato alla Juventus al terzo posto, tanto simile al coriaceo Mazzarri in alcuni casi e in altri, nonostante quei talenti in squadra che armeggiano il pallone come fosse estensione di parti corporee, misteriosamente in apnea: di fiato, di idee, di forza. Il Napoli che per anni, anche a Penelope succedeva ma lo sceglieva di proposito, di mattina faceva quel che di notte aveva disfatto. Quest’anno no: i partenopei sono più cinici e concreti, hanno imparato a compensare eventuali lacune mentali stringendo i denti. Speculari al tecnico ex Sampdoria, gli Azzurri sono riusciti a fare della capacità di soffrire un’arma in più.
E’ uno dei giovani più promettenti del calcio italiano, dunque uno dei più richiesti da grandi club in giro per l’Europa. Parliamo di Domenico Criscito, difensore del Genoa e nel
Due partite, due vittorie: questo lo score che presentava Davide Ballardini sulla panca del Genoa prima di affrontare la Vecchia Signora nell’anticipo della tredicesima giornata di campionato. La Juventus, da parte sua, arrivava sotto la Lanterna dopo due pareggi consecutivi e mirava alla posta piena per non perdere terreno dal gruppetto di testa.
Il rientro di Krasic alimentava le speranze dei bianconeri, che nelle ultime gare hanno risentito della mancanza di spinta da parte del serbo, sempre più indispensabile per il gioco di Delneri. E la differenza si è vista, considerando che la prima frazione di gioco se la assicuravano nettamente gli ospiti, perennemente in avanti, alla ricerca del colpo che avrebbe chiuso il discorso in anticipo.
Anticipo della tredicesima giornata di serie A.
Stadio Ferraris, Genova:
Genoa-Juventus 0-2
Reti: 18′ pt Marchisio (J), 23′ pt Krasic (J)
L’addio a Gasperini e il conseguente approdo di Ballardini sulla panchina del Genoa è coinciso con due vittorie su due partite e sei punti in cascina. Gli ultimi tre conquistati a Cagliari (esonero di Bisoli, i sardi a Donadoni) con cinismo e merito eppure quella contro la Juventus aveva ovviamente il sapore di una sfida decisamente diversa. Oltre a tutto il resto – blasone, ambizioni, rosa – diversa anche perchè la Juventus era reduce da una striscia positiva di otto partite nel corso delle quali si sono visti parecchi progressi.
In mediana ma soprattutto in difesa. Un denominatore che ha accomunato i due tecnici è legato alla impossibilità di scegliere: molte delle opzioni, infatti, sono sembrate obbligate per la serie di assenze con cui Ballardini e Del Neri hanno dovuto fare i conti. Nel 4-3-1-2 dei Grifoni, Toni e Mesto hanno avuto il compito di finalizzare il gioco mentre Veloso ha agito nel doppio ruolo di incontrista e incursore. Il classico 4-4-2 bianconero ha visto Iaquinta e Quagliarella in attacco, conferme a centrocampo dove Krasic torna a occupare il posto in fascia.
Undici punti in dieci giornate di campionato possono essere sufficienti per una squadra che punta alla salvezza, ma non per un’invincibile armata, costruita per far male a qualunque avversaria e
Torna alla vittoria il Palermo, dopo quattro sconfitte consecutive rimediate tra campionato ed Europa League. Lo fa contro un Genoa che in alcuni frangenti ha dato l’impressione di poter far sua la partita, prima di arrendersi alla classe di Pastore ed alla voglia di gol di Pinilla.
Molto mobile Luca Toni, l’ex di turno che avrebbe voluto esultare ancora una volta sul campo del Barbera e che invece si è dovuto accontentare di una pioggia di fischi ad ogni tocco di palla. L’attaccante rossoblu ha avuto qualche occasione nitida, ma ora l’imprecisione ora le parate di Sirigu gli hanno impedito di piazzare la zampata vincente.
Posticipo della decima giornata di serie A.
Stadio Barbera, Palermo: Palermo-Genoa 1-0 Rete: 42′ pt Pinilla (P)
Che farò da grande. Servisse una frase a esplicare concettualmente l’mportanza della sfida che chiude la decima giornata di serie A, useremmo questa. Perchè tanto il Palermo quanto il Genoa vivono una fase di stagione nella quale non hanno inquadrato l’effettivo valore del potenziale. Parecchio fumo, qualche sprazzo di bel gioco e risultati altalenanti.
Davanti a un pubblico discreto e quasi tutto di marca locale, Delio Rossi opta per Pinilla quale attaccante di riferimento e piazza alle spalle dell’ex Grosseto la coppia composta da Pastore e Ilicic. La replica di Gasperini è quella di allegerire il tridente: Toni e Rudolf possono contare sulle incursioni di Mesto, Rossi e Zuculini hanno il compito di illuminare il gioco ospite.
Occasione persa per il Genoa, in una serata in cui l’Inter non è sembrata l’invincibile armata tritatutto per una serie di coincidenze negative. Eh sì, perché se Cambiasso esce al minuto numero 19 e lascia il posto a Muntari (solitamente poco decisivo), se Julio Cesar segue l’argentino negli spogliatoi al medesimo minuto della ripresa, se Eto’o non è il cecchino che infila qualunque palla passi dalle sue parti, se Snejider non gioca da futuro Pallone d’Oro, se Lucio mostra qualche insolita sbavatura e se Coutinho non brilla come contro la Samp, allora la partita contro i campioni d’Italia si può anche vincere (o almeno impattare).
E invece l’Inter approfitta della serata storta di Eduardo e colpisce con un Muntari (già, proprio lui) finalmente decisivo, quando il cronometro segna il minuto numero 47 de primo tempo.
Anticipo della nona giornata di serie A.
Stadio Marassi, Genova: Genoa-Inter 0-1 Rete: 47′ pt Muntari (I)
Un problema alla coscia per Cambiasso: è il 19′ e gli interisti già sono con le mani nei capelli. Perchè era al rientro, perchè martedì è ancora Champions League e perchè – in fondo – il professore non è uno qualunque. Benitez lo aveva schierato tra i titolari (da segnalare la presenza di Milito, rientrante, in panchina) e pensava di averlo recuperato. Invece la gara dell’argentino dura 19′: il tempo di lanciare in profondità Coutinho (3′, il 18enne non ci arriva), riprendere dimistichezza con gli scarpini e avvertire un fastidio alla coscia.
Fuori Cambiasso, dentro Muntari: qualcuno avrà messo, per la seconda volta, le mani nei capelli ignorando quel che lo sviluppo dei minuti non aveva ancora reso evidente. Non che il ghanese avrebbe inciso in maniera determinante (gli è già successo altre volte): semmai, che potesse farlo in senso positivo. Il Genoa schierato da Gasperini è squadra che tiene conto di se stessa, al di là dell’avversario: spregiudicati, i Grifoni, in barba alle assenze (Palacio, Palladino, Sculli). Consueto 3-4-3 con Toni, Milanetto e Mesto in attacco. Non cambia neppure l’ex Liverpool: 4-2-3-1 con le novità Santon e, appunto, Cambiasso.
Innanzitutto fare punti, il gioco verrà. Era l’input di Ranieri alla sua Roma, in piena crisi di risultati e deludente sotto ogni punto di vista (facciano testo i 12 gol subiti che rendono quella capitolina la squadra più perforata della serie A).
Genoa tonico anche all’Olimpico ma i Grifoni sono sembrati eccessivamente spreconi sotto porta: Toni e Criscito si sono divorati palloni cui serviva solo garantire l’appoggio verso la rete, Palacio sempre un pizzico in ritardo, Rudolf capace di cambiare in meglio il volto degli uomini di Gasperini ma il suo ingresso è parso tardivo. Borriello e Brighi risollevano i destini della Roma che, a otto punti in graduatoria, può quantomeno respirare dopo aver agguantato, tra gli altri, proprio il club di Preziosi.
Anticipo settima giornata di serie A.
Stadio Olimpico, Roma Roma-Genoa 2-1 Rete: 34′ pt Borriello (R), 8′ st Brighi (R), 33′ st Rudolf (G)
Gli ex Luca Toni (dalla Roma al Genoa) e Marco Borriello (percorso inverso con tanto di parentesi al Milan) attesi dalle attuali tifoserie quali salvatori della patria: in casa Roma la necessità di fare bottino pieno è messa in evidenza, senza scavare in profondità, dai numeri di una classifica impietosa (cinque punti in sei gare, penultimo posto in campionato); nelle file del Genoa, invece, l’ariete ex Bayern Monaco viene nuovamente scelto da Gasperini quale terminale offensivo con il supporto di Palacio e di un fitto centrocampo in cui Mesto cerca di garantire filtro tra mediana e attacco.
Mancano De Rossi e Vucinic tra i giallorossi, Ranieri può invece contare sul rientro di Taddei e opta per Brighi a far le veci di Capitan Futuro. Coppia centrale Burdisso-Juan, panchina per Mexes. Inoltre, attesa per il primo gol di Totti che, in ogni caso, comincia sfornando assist. Il primo è per Riise (3′) ma il norvegese conclude male, il secondo per Borriello ma alla punta viene fischiata un giusto fuorigioco. Dopo 15′ il ritmo è sostenuto ma le occasioni da rete scarseggiano, la replica dei Grifoni arriva al 20′ ma Toni manda fuori di un nulla.
Anticipo della quinta giornata di serie A.
Stadio Giuseppe Meazza di San Siro, Milano Milan–Genoa 1-0 Rete: 4′ st Ibrahimovic
Grifoni con Sculli in panchina; il Milan si affida al tridente composto da Ibrahimovic, Robinho e Ronaldinho. Identico modulo – il 4-3-3 – con gli ospiti pimpanti fin dalle prime battute mentre Ibra sembra – per qualità delle giocate – il più brasiliano dei tre d’attacco.
Sono i rossoneri a conquistare, minuto dopo minuto, metri di campo e proporsi con frequenza nella metà campo avversaria ma nè lo svedese (al 17′) nè Gattuso (conclusione da buona posizione al 27′ che colpisce il palo esterno) riescono a sbloccare il punteggio.
Ospiti avanti a fatica ma la palla gol più ghiotta del primo tempo è proprio di marca rossoblu: è il 39′ quando Palacio prova la conclusione dalla linea di fondo con palla che si stampa sul montante dopo la deviazione di Abbiati. L’estremo rossonero è protagonista in positivo anche allo scadere di frazione, autentica prodezza sul colpo di testa ravvicinato di Chico.
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