Ennesimo trofeo da mettere in bacheca per il Barcellona di Pep Guardiola, che batte il Santos cella finalissima del Mondiale per Club di Yokohama e sale ancora una volta sul tetto del mondo. Il 71% di possesso palla ed il 4-0 finale dimostrano come la gara sia stata a senso unico, con il Barça che avrebbe potuto infierire e che ad un certo punto della partita ha dato l’impressione di concedere spazio volontariamente agli avversari.
Finale Mondiale per club
Finale Mondiale per Club, il Barcellona travolge il Santos
Barcellona contro Santos, Messi contro Neymar. Semmai ce ne fosse bisogno, i catalani confermano di essere la squadra più forte del Pianeta, così come la Pulce dimostra per l’ennesima volta di non avere rivali a livello planetario. La finale del Campionato del Mondo per Club è tutta qui, a beneficio di quanti pensavano che i sudamericani avrebbero potuto interrempere l’egemonia dei blaugrana e a dispetto di quanti si ostinano a vedere in Neymar un antagonista valido di Messi.
La finalissima di Yokohama non ha avuto storia, a giudicare dal possesso palla (71% per i catalani) e dal risultato finale, che ha visto prevalere il Barça per 4-0. L’equilibrio nel punteggio durava solo 17 minuti. Poi Xavi vestiva i panni del fenomeno, stoppava un pallone di tacco e serviva Messi, che scavalcava il portiere avversario con un pallonetto.
Inter Campione del Mondo 2010
Finale del Mondiale per Club 2010.
Da Avellaneda, Zayed sport city stadium, Abu Dhabi:
Inter-TP Mazembe 3-0
Reti: 13′ pt Pandev (I), 17′ pt Eto’o (I), 40′ st Biabiany
Campione del Mondo per club 2010: è così che l’Inter suggella la fantastica annata nella quale i nerazzurri avevano già messo in bacheca Champions League, Coppa Italia e scudetto. Sono bastati 20′ di gioco per rimarcare l’evidente, nettissimo divario tra la rosa interista e quella dei campioni d’Africa del TP Mazembe per i quali, in verità, giocarsi la finale è di per sè un traguardo storico e chissà quant’altre volte ripetibile. Nella sera in cui hanno fatto festa tutti, Eto’o si è laureato migliore in campo servendo a Pandev un assist al bacio e andando a scrivere il proprio nome sul taccuino dei marcatori al 17′, consentendo ai compagni di raddoppiare. E’ spiaciuto per Sneijder, messo ko dai coreani in semifinale, e per Stankovic, finito in panchina nonostante quanto fatto nel corso della stagione bastasse e avanzasse per regalargli la possibilità di dividere il trofeo con altri dieci titolari, mentre Massimo Moratti è tornato espressione emblematica di giubilo confermandosi, sulla falsa riga del maestro (prima di lui, papà Angelo) ottima guida per aver vinto tutto.
Onori anche per Benitez che, sebbene l’ombra di Josè Mourinho sembrasse fargli compagnia in panchina (le dichiarazioni della vigilia del portoghese: “Guarderò la partita con la maglia dell’inter, la squadra deve tornare con la coppa”), ha vissuto forse la giornata più felice da quando fa l’allenatore nerazzurro: in parecchi gli diranno, o lo penseranno quantomeno, che è il quarto trofeo di Josè, la verità invece porta a dire che per l’ex Liverpool è giunto il momento di allontanare i fantasmi dell’esonero e spingere un po’ più distante quel passato che pesa quanto un fardello. Aver dimostrato al mondo che anche Rafa sa essere un vincente è la maniera migliore per archiviare in fretta quello che è stato e ricompattare un gruppo che, sugli allori del passato, è rimasto adagiato fino a ora. Messo in vetrina il trofeo, si guardi avanti, magari con un occhio spalancato sul mercato di riparazione, visto che proprio l’Inter è attesa ad almeno un colpo importante (non solo per replicare all’ingaggio quasi sicuro di Cassano da parte del Milan ma per necessità). Punteggio mai in bilico, equilibri chiari fin da subito. Con ordine.