Inghilterra-Italia 0-1: lezione di calcio in casa di Sua Maestà!

Tempi duri per la Nazionale Italiana presa a schiaffi con prepotenza dall’Olanda un paio di giorni fa, a dimostrazione che non basta il titolo di Campioni del Mondo per guadagnare punti. Il presente è questo e ci propone un’Italia costretta ad inseguire le avversarie e a sperare di conquistare il passaggio del turno nelle gare con Romania e Francia.

E allora, visto che l’attualità è così dolorosa, godiamoci una bella pagina di passato, nel ricordo di una delle serate più entusiasmanti della storia azzurra.

Era il 14 novembre 1973 e nel mitico stadio di Wembley l’Italia affrontava l’Inghilterra davanti a 100.000 spettatori.

Sandro Mazzola: predestinato di classe

Un destino nel nome, un predestinato che deve sempre dimostrare di essere erede degno di un padre così importante. E’ la storia di Sandro Mazzola, figlio di Valentino, capitano del Grande Torino, prematuramente scomparso nella tragedia di Superga.

Sandrino all’epoca era un bambino ed ancora oggi confessa di aver cancellato quella fetta di esistenza che precedeva il grande dolore. Iniziò a tirar calci ad un pallone spinto da una vocazione naturale, sapendo sin da allora che il confronto con il papà-campione sarebbe stato inevitavile. Ha sempre ammesso che suo padre era di un altro pianeta e per quanto poi nella carriera Sandro ebbe modo di dimostrare grandi doti, non raggiunse mai la classe sopraffina del genitore.

Lo portò all’Inter Giuseppe Meazza, più per pietà verso un ragazzino che aveva perso suo padre in un modo così tragico, che per l’effettivo talento del giovane Mazzola. Ma Sandro negli anni riuscì tirar fuori la classe e ad onorare il cognome che portava.

Storia degli Europei: Belgio 1972

Trentadue squadre divise in otto gironi: questa la formula inventata dagli organizzatori dell’Europeo 1972 per decidere le partecipanti alla fase finale. L’italia si presentava da campione in carica , ma il 4-1 subito dal Brasile nei Mondiali messicani di due anni prima, ne aveva ridimensionato le ambizioni.

Sulla panchina ancora Ferruccio Valcareggi, ritenuto responsabile numero uno della sconfitta in Messico, con quella staffetta Mazzola-Rivera mai completamente gradita al pubblico nostrano, tanto che al rientro la comitiva azzurra venne accolta da pomodori e fischi.

L’Europeo del ’72 doveva rappresentare l’occasione del riscatto, in un’epoca in cui l’Italia aveva grandi mezzi per dominare a livello continentale. Nel girone di qualificazione ci toccarono Austria e Svezia, vere insidie per il gioco degli azzurri, oltre all’Irlanda, cenerentola del girone e destinata a presentarsi solo come comparsa.

Storia degli Europei: Italia 1968

Finalmente Italia! Dopo un Campionato Europeo non disputato ed uno che ha visto la nostra nazionale transitare alla velocità della luce, con una prematura e cocente eliminazione da parte dell’Urss, ecco arrivare la manifestazione del 1968, da giocarsi fino in fondo con l’apporto di grandissimi talenti.

Ma andiamo per ordine, partendo dalle qualificazioni, in cui eravamo inseriti nel girone di Svizzera, Cipro e Romania. Nessun problema contro gli elvetici ed i ciprioti, mentre con la Romania fu più difficile del previsto. L’assenza di Picchi si rivelò determinante per la formazione azzurra che a Sofia fu infilata tre volte, allontanando i sogni di qualificazione alla fase finale.

Per nostra fortuna Domenghini, Prati e Rivera erano in giornata di grazia e riuscimmo a limitare i danni, concludendo la partita sul punteggio di 3-2. Al ritorno fu tutta un’altra musica e l’Italia conquistò il passaggio del turno con un secco 2-0.

Gianni Rivera: il Golden Boy del calcio italiano

Non si può parlare di grandi numeri 10, escludendo lui, numero 10 per eccellenza del calcio italiano, considerato a furor di popolo uno dei migliori protagonisti della sua epoca, forse addirittura il più grande del calcio italiano di tutti i tempi. Ho già espresso la mia opinione al riguardo, eleggendo Roberto Baggio a numero uno della mia personale classifica, ma chi ha visto giocare Gianni Rivera è pronto a giurare che un altro come lui non è ancora nato.

Bandiera del Milan, il suo nome verrà ricordato nei secoli accanto a quelli di Franco Baresi e Paolo Maldini, in un club che pure ne ha visti di grandi campioni. 9 stagioni con la maglia rossonera con la quale ha vinto praticamente tutto, portando il Milan ai vertici del calcio italiano e internazionale e togliendosi parecchie soddisfazioni a livello personale.

Proveniva dall’Alessandria, squadra della sua citta natale, ed il suo trasferimento fece notizia: 60 milioni di lire più la cessione di tre giocatori. Stiamo parlando dei primi anni sessanta e nessuno mai era stato pagato tanto. La stampa inglese coniò per lui il soprannome di Golden Boy, che il buon Gianni ancora si porta dietro, sebbene abbia raggiunto le 65 primavere.