Lo Stadio Azteca, teatro di eventi memorabili

Dopo una breve interruzione, riprende il nostro viaggio alla scoperta degli impianti più suggestivi del mondo. Questa volta il nostro tour ci porta a migliaia di chilometri di distanza dal Belpaese, in uno stadio che risveglia in noi italiani ricordi indelebili, quasi quanto il Santiago Bernabeu di Madrid o l’Olympiastadion di Berlino.

Stiamo parlando del mitico Stadio Azteca di Città del Messico, teatro nel 1970 del Mondiale conquistato dal Brasile di Pelè proprio ai danni della nazionale azzurra. Ricordi tristi, certo, ma quel mondiale è ricordato anche e soprattutto per la cosiddetta partita del secolo, quando gli uomini di Valcareggi si imposero con un rocambolesco 4-3 contro l’allora Germania Ovest. A ricordare l’evento, una targa affissa sui muri dello stadio che recita:

El Estadio Azteca rinde homenaje a las selecciones de Italia (4) y Alemania (3) protagonistas, en el Mundial del 1970, del PARTIDO DEL SIGLO. 17 de junio de 1970.

Lionel Messi: finalmente il 10!

Da oggi Lionel Messi merita a pieno titolo un capitolo nella consueta rubrica di Calciopro dedicata ai numeri 10. In realtà avremmo potuto parlarne anche prima, visto che non conta certo il numero di maglia per fare di un calciatore un campione, ma solo da oggi il talento argentino avrà la soddisfazione di indossare la casacca che fu di Maradona e Romario.

A lasciargli la pesante eredità è stato Ronaldinho, traseritosi qualche giorno fa al Milan, dove gli è stata riservata la maglia numero 80 (in realtà l’ha scelta lui), visto che Seedeorf non ha voluto cedere la mitica 10.

La Pulce invece avrà finalmente il suo numero preferito sulle spalle, dopo aver accettato di indossare prima il 30 e poi il 19. Dettagli. Come detto in precedenza, i numeri stanno nei piedi (e non nel senso di numero di scarpe) e Lionel Messi ha tutte le carte in regola per essere considerato tra i più forti calciatori in attività.

Messi alle Olimpiadi? Oggi la sentenza della Fifa

Chissà come finirà il lungo braccio di ferro tra il Barcellona e la Fifa… Di sicuro nell’estate dei grandi tormentoni questo ce lo saremmo risparmiato volentieri e mai avremmo potuto immaginare che Lionel Messi occupasse tanto spazio sulle pagine dei giornali per una vicenda simile.

Ma i grandi club europei sembrano non dare troppa importanza alle Olimpiadi e così finisce che molte stelle rischiano di restare fuori dalla manifestazione sportiva per eccellenza.

Proprio oggi è in programma la riunione della Fifa a Zurigo, durante la quale dovrebbe venir fuori il verdetto definitivo: Messi partirà per Pechino o continuerà ad allenarsi con il Barcellona.

Calcio tatoo: Ezequiel Lavezzi

Quando si dice Lavezzi si parla di velocità, destrezza, fantasia, imprevedibilità, ma anche di tatuaggi. Nessuno sa effettivamente quanti siano, c’è chi dice 11, chi 12, chi addirittura 16, chi addirittura già sa quale sarà il prossimo. Qualcuno un pò più fantasioso prospetta un grande tatuaggio a coprire il fondoschiena del calciatore.
Questo particolare sicuramente non possiamo saperlo, perchè ci dobbiamo attenere a ciò che lui mette in mostra dopo le partite. Sicuramente sono tanti, e per una volta non sono i classici tatuaggi che ricordano solo i familiari come quelli degli altri calciatori, ma rispecchiano fedelmente la sua fantasia, dato che ognuno di essi è molto particolare.

Da Maradona a Iuliano: calcio e cocaina

Ancora un nome eccellente nella lista dei dopati del calcio, sebbene da più parti si continui a sostenere che la cocaina non è doping, nel senso che non viene assunta per migliorare le prestazioni sportive, ma solo per un imperdonabile vizio personale. Sta di fatto, però, che qualunque sia il motivo che porta all’uso della polvere bianca, le analisi antidoping non perdonano e capita sempre più spesso che qualche atleta venga trovato positivo alla sostanza.

L’ultimo in ordine di tempo ad essere incastrato è il difensore del Ravenna Mark Iuliano, una carriera strepitosa qualche anno fa con la maglia della Juventus, con la quale ha conquistato 4 scudetti, 3 Supercoppe di Lega, 1 Intercontinentale, 1 Supercoppa Uefa e 1 Intertoto.

La partita incriminata è Ravenna-Cesena dello scorso 1 giugno ed ora, se le controanalisi confermeranno la positività, il calciatore rischierebbe una lunga squalifica. Ma, come dicevamo, Iuliano non è che l’ultimo di una lunga lista ed ha illustri predecessori in questo senso, a cominciare da uno dei più grandi calciatori del pianeta (se non il più grande), Diego Armando Maradona.

Petr Cech: numero 1 sicuro e affidabile. Quasi sempre!

Ci sono episodi che valgono una carriera. Ci sono gesti atletici, gol, vittorie destinati a rimanere impressi nella memoria, tanto da essere tramandati ai posteri come marchio di fabbrica. Pensate alla rovesciata di Parola, all’urlo di Tardelli, alla serpentina vincente di Maradona, tanto per citarne alcuni.

Ma c’è anche il rovescio della medaglia, quei gesti che contribuiscono a veder sfuggire un traguardo quando ormai sembrava raggiunto. E questi forse sono ancora più difficili da dimenticare.

Ne sa qualcosa Petr Cech, portiere considerato tra i più forti al mondo, secondo solo a Buffon a detta di molti, che non sta certo vivendo il periodo migliore della sua vita. In questa rubrica ci siamo spesso occupati di numeri 1 fenomenali e un po’ dispiace dover parlare di Cech proprio nel momento peggiore della sua carriera, dopo averlo visto volare da una parte all’altra della porta, alla ricerca di respinte impossibili e parate straordinarie.

Lothar Matthaus: il recordman del calcio tedesco!

La sua maglia preferita era quella con il numero 8, ma Giovanni Trapattoni lo convinse ad indossare il 10. No, troppo da fantasisti, sosteneva il giovane Lothar Matthaus, che non pensava affatto di avere nei piedi quel qualcosa in più che era toccato in dote a giocatori come Maradona o Platini, tanto per citarne due.

Ma il buon Giuan faceva notare che quella era anche la maglia del leader in campo e lui lo era: chi meglio del tedesco poteva assumere i gradi del condottiero?

E così Matthaus accettò la carica e si calò nel ruolo di trascinatore, non abbandonando mai la maglia numero 10, neppure quando fu costretto ad abbondonare l’Inter.

La Bombonera: gioiello argentino!

Dopo la presentazione degli stadi che ospiteranno gli Europei del prossimo mese, continuiamo il nostro viaggio alla scoperta degli impianti più suggestivi del mondo. Finora abbiamo dato ampio spazio agli stadi in giro per l’Europa, dimenticando che anche in Sudamerica, ad esempio, vi sono strutture altrettanto importanti, per cui vale la pena spendere due parole.

Stavolta quindi facciamo tappa a Buenos Aires per visitare la Bombonera, uno stadio che ha fatto la storia del calcio argentino ed ha visto giocare grandi campioni di tutte le epoche, primo fra tutti Diego Armando Maradona.

Cominciamo col dire che il curioso nome dell’impianto è un realtà un soprannome, affibbiatogli da uno degli architetti ed è dovuto alla sua somiglianza con una scatola di bombones (cioccolatini), che l’architetto stesso ricevette in regalo il giorno prima dell’inaugurazione.

Maradona show a Cannes!

Ennesimo show di Maradona dopo i tanti, tantissimi ammirati con la palla tra i piedi nei suoi anni migliori. Stavolta il pallone lo usa solo per la gioia dei fotografi appostati ai lati della passerella: uno, due, dieci palleggi per dimostrare che la magia di quel piede sinistro non si arrende all’età che passa.

Ieri a Cannes gli occhi erano puntati solo di lui, neanche fosse un attore di grido o un’attrice da sogno. Eppure c’era curiosità per il documentario sulla sua vita presentato dal regista serbo Kusturica al Festival francese.

Un docu-film di 90 minuti che farà discutere non poco, come sempre del resto quando ad aprire bocca è sua Maestà, Diego Amando Maradona. Ne ha per tutti il Pibe de Oro: da Matarrese a Pelè, fino a toccare temi internazionali che fanno riflettere sullo stapotere Usa. Gli si può rimproverare tutto, ma bisogna ammettere che, pur nella sua visione contorta di determinati eventi, qualche verità l’ha sempre detta, esponendosi in prima persona.

“Usa ’94 fu falsata”, parola di Lennart Johanson

Quando si dice “a pensar male si fa peccato, ma ogni tanto ci si azzecca“. A parlare è Lennart Johanson, ex presidente dell’Uefa dal 1990 al 2007, poi sostituito da Michel Platini. Si toglie qualche sassolino dalla scarpa il dirigente svedese, anche se con debito ritardo, non si sa mai.

Secondo Johanson, durante il mondiale di Usa ’94 si fece di tutto per aiutare il Brasile a vincere la coppa, e il principale responsabile di tutto ciò fu Joao Havelange, presidentissimo Fifa durante la manifestazione, e guardacaso, brasiliano. Non solo gli scandali di Corea e Giappone del 2002 di Moreno e soci, o gli “aiuti” alla Francia che giocava in casa nel ’98, adesso anche i verdeoro, che certo di aiuti non ne avevano bisogno, hanno i loro scandali.

Bruno Conti: giallorosso del secolo!

Di Bruno ce n’è uno e viene da Nettuno.

Così cantava la Curva Sud negli anni ’80 ed il Bruno della canzoncina era Conti, giallorosso doc, piccolo di statura ma immenso in campo. Di lui la leggenda racconta che lo volesse una squadra americana di baseball, ma il padre non gli permise di partire per gli States, invitandolo invece a prendere a calci un pallone sulle spiagge del litorale laziale, dove era nato.

A dieci anni Helenio Herrera lo scartò, ritenendolo troppo gracile e minuto per poter giocare a calcio, ma Brunetto non si diede per vinto e negli anni si tolse le sue belle soddisfazioni.

Pelè: Maradona dovrebbe perdere i titoli perché era dopato

Nella sua biografia tracciata qualche mese fa su queste pagine, avevo volutamente evitato di raccontare il Maradona fuori dal campo, limitandomi a cantarne le imprese sportive, la gioia che riusciva a regalare ai miei occhi nel vederlo giocare.

Ma ora eccola l’occasione per tornare a parlare di lui, di quel lato oscuro che lo ha accompagnato per gran parte della sua carriera, pur non intaccandone il mito, perché Maradona è stato grande a prescindere. Ma c’è chi non pensa che come me e, dall’alto della sua esperienza sportiva e della sua fama internazionale, esprime il suo disappunto verso chi non ha punito a sufficienza Maradona per gli errori commessi:

Maradona dovrebbe perdere tutti i titoli che ha vinto. Perché? E’ risultato positivo ai controlli antidoping.