Sacchi come Maradona e Falcao: spunta una figlia segreta!

Aveva smesso di allenare per problemi legati alla salute fisica e mentale il buon Arrigo Sacchi, ma a quanto pare lo stress procurato dal campo di gioco è stato ampiamente scaricato in altri divertimenti più frivoli e veloci. Come quello, ad esempio, di “una botta e via” con una giovane ragazza, conosciuta allo stadio, con la quale trascorrere qualche ora in intimità.

Beh, in realtà non sappiamo quanto sia durato il presunto flirt tra l’allenatore e la signorina in questione, sta di fatto però, che dal loro inciucio è nata una bimba, che ora pretende di essere riconosciuta e mantenuta.

La vicenda risalirebbe al 2002, ma solo la scorsa estate la mamma della bambina si è fatta avanti, chiedendo il test del DNA all’Arrigo nazionale, per accertarne la paternità. Finora il tutto era stato tenuto nascosto e solo ieri l’emittente bresciana “Teletutto” ha tirato fuori lo scoop.

I dieci calciatori più ciccioni della storia

Dimenticatevi i fisici da bronzi di Riace dei calciatori. Non è detto che solo perchè sono atleti debbano avere il fisico scolpito nel marmo. Anzi molto spesso fanno anche tenerezza (e ridere) i cosidetti, per dirla alla spagnola, “Gordi“. Ma vista la lista di nomi, si può capire come magari qualche chiletto in più può portare anche ai successi.

La speciale quanto poco invidiabile classifica l’ha stilata il Sun, la stessa che, per intenderci, ha fatto la classifica delle maglie più brutte della storia.
Fuori da questa classifica sono rimasti dei giocatori che non erano propriamente dei fuscelli come Paul Gascoigne o Angelo Peruzzi, ma non credo si tratti di dimenticanze, perchè tra questi 10 era veramente difficile mettere…la pancia. Non è presente neanche Maradona perchè El Pibe de Oro è ingrassato dopo aver smesso di giocare.

Liam Brady: un gentleman alla corte della Vecchia Signora

Era il 1980 e l’Italia ricominciava a parlare straniero, dopo anni di strenuo nazionalismo. La Juve tentò di arrivare a Diego Armando Maradona, intoccabile, inavvicinabile, ed il viaggio in Argentina di Boniperti si rivelò vano. La scelta cadde dunque su Liam Brady, irlandese dell’Arsenal, che tanto bene aveva fatto in terra inglese, tanto che il suo presidente tentò in tutti i modi di trattenerlo.

Sette stagioni con i Gunners, impreziosite dalla conquista nel 1979 della Coppa d’Inghilterra che gli valse, a livello personale, l’elezione a giocatore dell’anno. Ma il richiamo della Vecchia Signora era troppo ghiotto da rifiutare ed il 31 luglio del 1980 Liam sbarcò all’aeroporto di Caselle, pronto per la nuova avventura.

In panchina c’era Trapattoni a guidare una squadra di campioni affermati e di giovani promesse. Rossi, Bettega, Cabrini, Tardelli, Furino, Fanna: sono solo alcuni dei nomi della Juventus di quegli anni, ma, nonostante la fama dei suoi compagni di squadra, Brady riuscì ad inserirsi in fretta.

Stadio San Paolo: il cuore di Napoli!

Terzo stadio italiano per capienza ed importanza, dopo il Meazza di Milano ed l’Olimpico di Roma, il San Paolo di Napoli rappresenta quanto di meglio possa offrire a livello di strutture sportive il nostro mezzogiorno.

La costruzione risale al 1959 ed inizialmente il progetto prevedeva un solo anello, quello superiore, raddoppiato poi con l’aggiunta di un altro al di sotto de livello stradale, per problemi legati alla capienza. Le tribune erano costruite in marmo, come nella maggior parte degli stadi che videro la luce in quell’epoca e solo dopo varie opere d ristrutturazione ha assunto l’aspetto attuale.

Deve il suo nome ad un episodio di carattere storico-religioso, secondo il quale San Paolo avrebbe raggiunto le coste italiane attraccando proprio a Fuorigrotta, la zona in cui sorge l’impianto.

Cristiano Ronaldo come Maradona!

Che sia un grande del calcio internazionale, lo sapevamo già, ma che un tipo poco incline ai complimenti come Alex Ferguson arrivasse a tesserne le lodi in questo modo, non ce lo aspettavamo proprio. Stiamo parlando di Cristiano Ronaldo, il miglior attaccante del mondo in questo momento, cifre alla mano.

Qualche giorno fa gli avevamo dedicato un articolo, in occasione della conquista di un suo record personale: 33 gol (già diventati 34) con la maglia del Manchester United in una sola stagione, con la possibilità di aumentare ancora il bottino da qui a maggio. Simply the Best lo avevano chiamato i tabloid britannici, giocando con il nome del compianto campione George Best, che si era fermato a 32.

Ma Sir Alex Ferguson che lo allena tutti i giorni è andato oltre la definizione dei giornali, sbilanciandosi in paragoni imbarazzanti per il giovane portoghese, che viene accostato persino al genio di Maradona.

Ruud Gullit: il tulipano nero

Treccine rasta, sorriso smagliante e battuta pronta ed efficace: è così che si presentava Ruud Gullit al calcio italiano, quando venne acquistato dal Milan di Berlusconi nel 1987. Era l’era di Arrigo Sacchi e del Milan che faceva man bassa di successi in Italia ed in Europa, con una squadra di campioni assoluti, guidati dal fantastico trio olandese.

Il “tulipano nero” proveniva dal Psv Eindoven dove aveva contribuito alla conquista di due campionati olandesi con 68 presenze e 46 reti, mettendosi in mostra fino a conquistare il Pallone d’Oro. Con queste credenziali arrivò nel club rossonero, pronto a dimostrare la sua grandezza assoluta come regista della squadra e punto di riferimento in mezzo al campo al fianco del connazionale Rijkaard. Possente fisicamente, esplosivo nella falcata, inarrestabile palla al piede, prediligeva il ruolo di trequartista, ma si adattava a giocare anche da seconda punta.

Fu subito amore con la curva rossonera e fu subito successo in campionato, nonostante l’avversaria di quegli anni si chiamasse Napoli ed il suo alter ego azzurro fosse un certo Maradona.

Hugo Gatti: el Loco

Ancora la storia di un numero uno anomalo su queste pagine, forse il più stravagante tra tutti quelli finora descritti, nonchè il primo ad interpretare il ruolo in un modo non propriamente “ortodosso”. Parliamo di Hugo Gatti, detto “el Loco” classe 1944, professione portiere acrobata. Ma non solo.

Iniziò a giocare da professionista, vestendo la maglia del Club Atletico Atlanta di Buenos Aires, dove riuscì ad attirare l’attenzione del River Plate, che sborsò una grossa somma, pur di assicurarsi le sue prestazioni. Nel 1969 il passaggio al Gymnasia y Esgrima, dove riuscirà a collezionare 223 presenze e prestazioni di altissimo livello. Un anno all’Uniòn di Santa Fè e poi il trasferimento al Boca Juniors, in cui si farà notare per le sue doti portiere volante e di personaggio fuori dal comune.

Molte le curiosità legate al suo nome, a partire dall’abbigliameno esibito sul terreno di gioco con quel laccio sulla fronte a tenere i lunghi capelli e quella divisa sgargiante che lo rendeva perfettamente riconoscibile. Non usava i parastinchi e, anzi, amava tenere i calzettoni calati alla caviglia.

Fifa Street 3: lo spettacolo che supera la realtà

Finora abbiamo sempre preso in considerazione i classici giochi di calcio. Prima abbiamo analizzato i simulatori, poi i manageriali. Vediamo ora di uscire dagli schemi, e analizzare un titolo tutto nuovo.
Stiamo parlando di Fifa Street, arrivato alla terza edizione, ma che solo ora comincia a diffondersi nelle case degli appassionati.

Il primo punto di forza del gioco della Ea Big (della famiglia Ea Games) è il fatto che può andar bene anche per quei giocatori che non sono esperti di calcio, ma a cui piace la spettacolarità.
Infatti dimenticatevi i vecchi schemi, il catenaccio o la rete di passaggi. Con Fifa Street tutte le leggi del calcio sono rivoluzionate, e a volte anche quelle di gravità.
La regola basilare del calcio moderno è stata cancellata. Infatti non ci saranno ad affrontarsi due squadre da 11 giocatori, ma da 5. Non si tratta però di un torneo di calcetto, ma del vero e proprio calcio che i ragazzini imparano da piccoli, giocando su una strada, dove si corre sull’asfalto o sulla sabbia di una spiaggia, e si prendono come porte i cancelli delle case.

Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!

Era l’undici luglio 1982 e l’Italia si vestiva a festa per l’ultimo capitolo dell’entusiasmante Mondiale in terra di Spagna. Nessuno ci avrebbe scommesso alla partenza dal ritiro e men che mai dopo le prime tre partite deludenti nel girone, che ci aveva messo di fronte squadre che sembravano ampiamente alla nostra portata. Polemiche a non finire, i giornali si chiedevano il motivo di certe scelte di Bearzot, che si ostinava a mandare in campo una formazione dimostratasi fin lì al di sotto delle aspettative.

Poi arrivò l’Argentina di Maradona, rispedita a casa con la coda tra le gambe, ed il Brasile dei grandi campioni, che avrebbe dovuto fare dell’Italietta un sol boccone e che invece risvegliò l’assonnato Paolo Rossi, facendolo entrare nella leggenda. Un gioco da ragazzi, la semifinale con la Polonia, battuta con due gol dello stesso Pablito, che ci lanciarono direttamente nella finale con la Germania.

Ed ora sembrava tutto facile, l’Italia non era più tanto piccola ed era consapevole della sua forza in campo, mentre da fuori nessuno più osava criticare il ct, che stava per farci vivere il sogno più bello. Ma non fu così facile, non subito almeno, perché una finale è una partita a sé e la paura di perdere può fare brutti scherzi.

Eduardo da Silva: infortunio choc, ma guardate quanti altri come lui

Si chiama Eduardo Da Silva, brasiliano di nome, croato per scelta sentimentale. Gioca nell’Arsenal di Arsene Wenger e come tutti i calciatori in odore di nazionale, altro non aspettava che di poter difendere i colori della bandiera nell’Europeo della prossima estate.

Purtroppo per lui, i suoi sogni (e non solo quelli) sono stati spezzati da un intervento di Martin Taylor, difensore del Birmingham, che lo costringerà a star fuori per il resto della stagione. Frattura scomposta della tibia e perdita di sensi per diversi minuti, tanto che si è reso necessario l’uso dell’ossigeno.

Inutile aggiungere commenti sulla rudezza dell’intervento, le foto parlano da sole, riportando alla mente episodi simili, verificatisi spesso sui campi di calcio negli anni passati.

Marco Van Basten e Johan Cruijff insieme per l’Ajax

Mettete insieme Johan Cruijff e Marco Van Basten nella stessa squadra ed avrete una delle accoppiate più forti del secolo. Purtroppo i due hanno appeso da tempo gli scarpini al chiodo e potremo vedere la magica coppia solo fuori dal campo, in giacca e cravatta o al massimo in tenuta ginnica.

Sarà comunque un bel vedere e, se riusciranno ad ottenere almeno la metà del successo che ebbero come calciatori, vorrà dire che avranno fatto grandi cose per la causa dell’Ajax.

Uniti da un destino comune, sono stati due tra i più grandi calciatori che il calcio olandese abbia mai sfornato. Johan viene messo spesso alla pari dei più grandi del secolo e quando si nominano Maradona e Pelè, c’è sempre qualcuno che tira fuori il suo nome. Un vero genio in mezzo al campo, interprete dell’ormai celeberrimo “calcio totale”, talento puro difficile da definire sul piano tattico. Giocò nell’Ajax dal ’65 al ’73, per farvi poi ritorno nel 1981, dopo aver raccolto successi in giro per l’Europa e negli States. In carriera ha vinto tutto con la maglia dei lancieri, mentre in Nazionale non è riuscito a raccogliere i successi che avrebbe meritato.

Peter Shilton, il recordman del calcio!

Dura la vita del portiere, lì in mezzo ai pali, a sopportare i rigori invernali (nel senso del freddo) e il solleone che picchia. Sempre solo, destinato a guardare gli altri mentre si divertono e a raccogliere la palla in fondo alla rete. Pochi applausi, molte critiche, in un ruolo in cui è impossibile non sbagliare almeno una volta e quella volta che diventa una macchia sul curriculum, una papera difficile da cancellare, sottolineata più dell’errore di qualunque altro calciatore.

Si comincia a giocare in porta perché si hanno i piedi scarsi e poca attitudine al gol, poi si può crescere e migliorare, dimostrando di poter trasformare in professione, quella che all’inizio era una forzatura. E si può diventare campioni, grandi campioni, in grado di raggiungere record invidiabili, soprattutto nel numero di presenze, perché il portiere, si sa, può allungare la carriera fino alla maturità.

Chiedete a Peter Shilton, per esempio, vero recordman del calcio internazionale e detentore di un primato difficilmente raggiungibile: 1390 partite giocate, dicono le statistiche! Fate due conti, considerando quante gare si possono giocare in anno, e vi renderete conto che il suo nome resterà stampato sul libro dei Guinness per l’eternità.