Coppa d’Asia: vince il Giappone di Zaccheroni

Foto: AP/LaPresse

Non vinceva nulla da tanti anni in Italia Alberto Zaccheroni, e così per poter sollevare un trofeo è dovuto andare fino all’altro capo del mondo. Ma alla fine, con la nazionale giapponese, ce l’ha fatta. Dopo 90 minuti più due extra-time, quando ormai i rigori si stavano per concretizzare, il terzino del Cesena Nagatomo azzecca il cross vincente che una spettacolare girata di Tanadari Lee manda alle spalle di Schwarzer per la rete che vale la quarta coppa d’Asia.

Non che l’Australia abbia demeritato in finale. Anzi, durante i novanta minuti sono proprio i canguri a giocar meglio, e mentre gli attaccanti nipponici divoravano le tante occasioni che gli australiani gli concedevano in contropiede, Kewell e compagni si facevano fermare dall’ottimo Kawashima e dalla sfortuna. Solo nel finale, supplementari compresi, il Giappone riusciva ad avere la meglio sugli avversari ormai stanchi, che puntavano ai rigori per vincere il titolo.

Torta avvelenata per i calciatori iracheni

I problemi dell’Iraq purtroppo non finiscono con la guerra. Una popolazione martoriata ormai da più di un decennio da un conflitto che sembra non dover finire mai, aveva trovato la sua valvola di sfogo nel calcio.
Riecheggiano ancora nelle orecchie dei giovani iracheni le grida di giubilo quando l’arbitro sancì, lo scorso 29 luglio, la vittoria della propria nazionale nella coppa d’Asia, la prima della loro storia, contro la più quotata (e ricca) Arabia Saudita.

Ma purtroppo non è destino che i giovani dell’ex paese di Saddam Hussein possano vivere in pace, neanche tirando calci al pallone.
10 giorni fa la più antica squadra di calcio del Medioriente, l’Al Quwa Al Jawiya, ha subito un attentato, ma stavolta non dai terroristi di Al Qaeda, ma addirittura dai propri tifosi.

Arthur Antunes Coimbra: semplicemente Zico

Arthur Antunes Coimbra, questo il suo nome, ma nessuno lo chiama più così da anni, come da tradizione brasiliana, che vede affibbiare dei nomignoli a tutti i suoi campioni. Per tutti lui è ed è sempre stato semplicemente Zico, il Galinho, uno dei più grandi campioni che questi occhi hanno visto calcare un campo di calcio.

Era il primo giugno del 1983 quando l’Udinese annunciò al mondo di aver acquistato l’asso trentenne del Flamengo, stella di prima grandezza nel panorama internazionale. Lo precedeva, nel suo viaggio in Italia, la fama di più forte giocatore brasiliano di quel periodo, capace con la maglia del suo club di segnare oltre 600 gol, che gli permisero di conquistare il titolo di capocannoniere per ben 11 volte consecutive.

L’Italia lo aveva ammirato nei Mondiali in terra di Spagna dell’anno precedente, quando il suo Brasile di fenomeni cadde sotto i colpi di Paolo Rossi, che per tre volte infilò la porta verdeoro, nel suo cammino vincente verso la notte magica del Bernabeu. Fu quello il secondo dei tre Campionati del Mondo disputati da Zico, che può vantare con la maglia del Brasile uno score di tutto rispetto, con 52 gol messi a segno in 72 partite ufficiali.