Pechino 2008: all’Italia il girone più facile

Le Olimpiadi si avvicinano, e l’urna di Pechino ha emesso il suo verdetto: l’Italia dovrà vedersela con Corea del Sud, Camerun e Honduras.
Questi nomi non dovrebbero far tremare i nostri azzurrini, ormai abituati al calcio che conta, ma nelle Olimpiadi tutto può succedere, e poi tra ragazzini la differenza tecnica non è così marcata come nelle nazionali maggiori.

A leggere la nostra formazione titolare non dovremmo avere problemi. Possiamo schierare un ariete come Acquafresca, due giocatori rapidissimi come Rossi e Rosina, difensori come Chiellini, Criscito, per non parlare dei centrocampisti Montolivo, Aquilani e Giovinco, o dei “panchinari” come Balotelli, Pazzini e Palladino. Insomma, una generazione di campioni che però non deve prendere sottogamba gli avversari, per svariati motivi.

Josè René Higuita: un numero 1 stravagante

Chi ama il grande calcio ed i campioni storcerà il naso nel veder inserito Josè René Higuita all’interno della categoria “numeri 1”, perché il colombiano tutto sembrava, fuorché un portiere. Certo, non lo si può definire un grande portiere, ma rappresenta una vera rarità nel ruolo, facendosi interprete di un calcio divertente e spettacolare.

In Europa sarebbe stato cacciato dopo la prima stravaganza, ma laggiù, in sudamerica, il calcio è prima di tutto allegria e molti numeri 1 si sono calati nel ruolo di guascone per strappare un applauso ed un sorriso. C’era Hugo Gatti seduto sulla traversa, perché dalle sue parti non arrivava mai la palla. C’era il messicano Jorge Campos, famoso per le sue maglie sgargianti, ma anche per i 14 gol segnati quando giocava con i Pumas. C’era Chilavert di cui abbiamo abbondantemente trattato, come esempio di portiere-goleador.

Tutti interpreti di portiere spettacolare, ma Higuita è un pezzo unico della collezione ed alcuni episodi sono rimasti ben stampati nella mente di chi ha avuto la fortuna di vederlo in azione. L’istantanea più famosa è quella dei Mondiali italiani del ’90, quando, durante la gara tra Colombia e Camerun si spinse fino a centrocampo, prima di vedersi rubare la palla da Roger Mlla che non ebbe problemi a diregirsi verso la porta per segnare una comoda rete.

Le maglie più brutte: guardate e ridete!

C’era una volta… Un’altra storia che comincia in questo modo e che ci riporta indietro al calcio che fu, quando l’unica cosa che contava veramente era buttarla dentro e cercare di non prenderle. Era il calcio delle maglie senza nomi, senza loghi, senza griffe dello stilista di turno, che stravolge una tradizione decennale, per dare il suo tocco di classe.

Poi arrivarono gli sponsor e la cara, vecchia maglia fu costretta a cedere le armi sotto l’attacco di questo immane mostro, che imponeva il cambiamento, per esigenze di mercato. Il risultato? Accettabile il più delle volte, salvo nei casi in cui si è voluto esagerare, proponendo divise che rasentano il grottesco. Avete voglia di sorridere? E allora godetevi la classifica delle 10 maglie più brutte della storia del calcio, stilata dal Sun.

Partiamo dal decimo posto e da questa divisa multicolore indossata dal Chelsea nel 1995, quando “il tulipano nero” giocava con i Blues. Appunto! Non erano blu? Cosa c’entra il grigio-salmone?