Un minuto di silenzio in memoria di….
Mi sia concessa la digressione: fossi stato una delle pedine umane schierate a mezza luna intorno al campo avrei rivolto un pensiero rispettoso a Massimo Ranzani, 37 anni e 37esima vittima italiana in Afghanistan dal lontano 2004. Secondo militare ucciso nel 2011.
A lui, vero, ma non solo.
Perchè la cronaca spiccia delle ultime ore pone di fronte al cadavere di una bimba – 13 anni 13 – sfregiata e abbandonata tra le fronde alte un metro e mezzo di Chignolo d’Isola, in provincia di Bergamo. Una ics incisa sulla schiena sembra la firma dei peggiori tra gli analfabeti.
E Daniel Busetti, vent’anni appena compiuti. Il corpo del giovane è stato rinvenuto in serata dai Saf e dalle unità cinofile dei vigili del fuoco nel torrente Chiusella in località Baldissero Canavese, provincia di Torino. La supposizione è che sia morto per assideramento volontario, rannicchiato come un bimbo in seguito a una marachella. Si era reso protagonista di un incidente stradale privo di conseguenze, credeva di aver determinato una tragedia.
Tre morti in tarda serata a Misurata, Libia, dove una cospicua fetta di popolo combatte in nome della libertà: vincere un regime decennale, quello di Gheddafi, e lottare affinchè a ciascuno siano riconosciuti diritti inalienabili, irrinunciabili, universali. Tre vittime della barbarie della dittatura si vanno ad aggiungere a un abaco che segna, allo stato delle cose, migliaia di cadaveri ammucchiati lungo le vie cittadine.
Un operaio di 43 anni è rimasto schiacciato in mattinata dal crollo di un muro. L’incidente è avvenuto in un cantiere edile a San Donato Milanese.
Dato attualissimo. Nel 2010 sono state 127, il 6,7% in più rispetto all’anno precedente, le donne uccise in Italia: nella maggior parte dei casi italiane ammazzate da mariti, compagni e conviventi. Ricordarlo nella settimana che introduce alla mimosa giallo sole – sole che trasmette vita – pare doveroso. Soprattutto se ci si premura a ripercorrere (per non dimenticarlo) l’episodio in seguito al quale ogni 8 marzo è giorno da vivere con ossequio e momento in cui provare a crescere.
Tutto ciò e centinaia di altri contesti cui verrebbe spontaneo rivolgere l’attenzione nel corso di un minuto di – troppo spesso dimenticato – silenzio. Nel quale è inevitabile una constatazione: in barba a qualunque goleada, anche lo sport acquisisce una importanza minore se i protagonisti – attori, comparse, spettatori – restano indifferenti a ciò che circonda. Si possono vantare 17 reti in 29 partite, chiamarsi Cacia o in quale altra maniera e aver segnato, una volta nella vita, una rovesciata alla Piola. Ci si può crogiolare nell’essere seguaci fedeli e parte della memoria storica del mondo della tifoseria di tale o tal’altra squadra. Ma se ci si dimentica di interessarsi di quel che contribuisce a costruire la società civile, di prendere posizione (con cognizione di causa) di fronte agli avvenimenti, di partecipare al senso di condivisione scaturito dal rintocco a lutto di una campana non si è nessuno: nè utili a se stessi, nè utili agli altri. Nè fuoriclasse nè uomini spogliatoio. Solo, fortemente responsabili di ciascuna stortura.
Nicola Mora, parmense classe 1979. Di mestiere fa il difensore e, all’occorrenza, segna e spiana la strada alla rimonta altrui. Capire se per un uomo di retroguardia sia più semplice incappare in una sventurata autorete o prodigarsi in una marcatura sarebbe compito di analisti e uomini delle statistiche. In attesa che i professionisti dei numeri possano rispondere, il calciatore del Grosseto mette d’accordo tutti e, dopo aver marchiato il tabellone luminoso lasciando che il proprio cognome andasse a garantire una marcatura agli avversari, Mora ha saputo rifarsi regalando ai compagni il gol del vantaggio. Decisivo ai fini della vittoria. Dal crollo alla rinascita: già altre volte metafora della vita, il gioco del calcio ha nuovamente interpretato circostanze che non vanno dimenticate. L’errore è dietro l’angolo ma il rimedio non è troppo più distante rispetto a quello stesso corner.
La carrellata di foto che raccontano la ventinovesima giornata di cadetteria: