Una svolta, un colpo dal cilindro. Oppure, no: serve una sterzata. “Il mio intervento, un accorgimento“. Beve dalla bottiglietta senza trascurare neppure un dettaglio di quel che sviscera il campo. Con le giocate di un Padova voglioso ma poco incisivo. Con le repliche di un Crotone ordinato e in grado di rispondere agli affondi dei padroni di casa. Alessandro Calori pare assorto a scrutare e pensare, osservare e riflettere. La tattica, il rispetto dei ruoli, la genialità di un singolo: sono le fasi delicate di un match che non si schioda dallo zero a zero con cui si era cominciati. E Calori analizza cercando di sintetizzare ogni singola intuizione nella maniera in cui può. Suggerire, cambiare qualche tassello, affidarsi alla buona sorte e, magari, chiedere aiuto al destino. Quale allenatore non lo fa. Soprattutto se, a margine di un istante in cui è riuscito a isolarsi dal contesto, viene fuori che Vantaggiato, ovvero una punta capace di vedere la porta avversaria anche da distanza considerevole, prende palla dal limite e realizza in un attimo. Stop, preparazione, tiro: il vantaggio dei veneti matura così, con una giocata. E a quel punto ciascuna delle precedenti riflessioni dell’allenatore va a farsi benedire per essere sostituita da altre mille considerazioni in attinenza con quel che accade. “Il mio intervento, un accorgimento“: solo che, stavolta, gli scenari mutano e, anzichè inserire una punta in più, Calori si preoccupa di difendere il vantaggio escludendone dal campo una, poi l’altra. Rimpolpare la mediana e tutelare la retroguardia: in pochi frangenti, è cambiato tutto. Svuotata una bottiglietta d’acqua, avanti l’altra.
Guardare in un punto per vederli tutti: ammucchiati in una fetta dello stadio Olimpico, migliaia di tifosi del Torino che ricambiano lo sguardo rivolto loro da capitan Rolando Bianchi con la stessa energia, medesima gioia nell’esultanza. Un vantaggio meritato, al 26′ della prima frazione di gioco, è di solito un apripista: la strada si spiana, comincia a diventare una discesa lineare e semplice da assecondare. Ma a volte. A volte, no: perchè la ripresa rischia di stravolgere e mutare ogni prospettiva. Quanto incidono, in buona parte dei casi, quei 15′ di interruzione del gioco in cui si cerca di rifiatare e mettere in ordine ogni pensiero? Incidono eccome, se al rientro il Torino pare sgonfiato e il Cittadella messo a nuovo. L’autorete di D’Ambrosio fa il resto, a nulla valgono – per i locali – gli scampoli finali in cui i veneti hanno chiuso gli spazi manco fossero cerniere del sottovuoto.
Matteo Scozzarella, classe ’88, nativo di Trieste. 175 centimetri di altezza per 65 chili di peso. Per qualunque amante del calcio fisico e possente, sarebbe solo un rincalzo. Invece, per coloro i quali riescono a percepire il valore aggiunto in due polmoni infaticabili che pompano aria in quantità enorme, uno così potrebbe essere irrinunciabile. Quarta stagione con la maglia del Portogruaro con cui ha festeggiato due promozioni (dalla C2 alla C1, dalla C1 alla B), cinquantacinque presenze accumulate nelle passate stagioni con sei reti all’attivo. Quest’anno ha inanellato nove prestazioni corredate da un gol. Quello, decisivo, di oggi. E non roba da “scusate, passavo di lì”, col fischio: rete da calcio di punizione che non lascia scampo a Russo e piega il Vicenza, avversario ostico per chiunque. Ai fini della salvezza, la marcatura di Scozzarella potrà magari valere assai più dei già preziosi tre punti maturati in data odierna. Staremo a vedere.
La carrellata di foto che tentano di riassumere le fasi salienti del turno numero ventitrè: