Continua a tenere banco il pietoso spettacolo andato in scena lo scorso martedì in quel di Genova, quando Italia-Serbia è stata prima ritardata, poi sospesa, infine annullata per colpa di un gruppetto di “bravi ragazzi” che non sapevano in quale altro modo trascorrere una tranquilla serata d’autunno, se non mettendo a ferro e fuoco la città e lo stadio.
Di parole ne sono state spese tante, forse anche troppe, ed il volto dei colpevoli (primo fra tutti l’ormai celeberrimo Ivan Bogdanov) è finito in prima pagina per diversi giorni. Ora però è il momento di stabilire di chi è la responsabilità dell’accaduto, prima ancora che gli organi sportivi internazionali si esprimano in proposito.
Ed è proprio temendo sanzioni durissime che la Federazione serba cerca di mettere le mani avanti, rigettando la responsabilità sull’Italia:
I padroni di casa sono responsabili per l’organizzazione. Secondo il protocollo della Uefa, chi ospita un evento deve fare il possibile per prevenire incidenti. Noi abbiamo fatto ciò che dovevamo, abbiamo sollecitato l’attenzione dell’Italia sul rischio di disordini. Non hanno fatto nulla per prevenire gli incidenti nonostante i nostri avvertimenti. Non hanno fatto nulla dopo aver assistito ai disordini nell’immediata vigilia della partita.
Così parlò Tomislav Karadzic, presidente della Federcalcio serba, nel tentativo di difendere le proprie ragioni e magari ottenere uno sconto di pena da parte dell’Uefa. Insomma, a sentire la Serbia, i veri responsabili del fattaccio di Genova vanno ricercati tra le forze dell’ordine italiane, che non hanno saputo contrastare l’onda d’urto un centinaio di facinorosi, permettendogli addirittura di varcare i tornelli del Ferraris con un armamentario da guerra.
Una difesa che probabilmente non convincerà gli organi sportivi competenti, pronti a riunirsi a breve per stabilire responsabilità e sanzioni. La speranza è che l’Italia non venga ritenuta la “colpevole” principale di quanto accaduto e che non venga penalizzata più di quanto non lo sia già stata.