Nel bene e nel male riesce sempre a far parlare di sé. Arrivato sulla panchina dell’Argentina tra molte acclamazioni e qualche critica, Diego Armando Maradona era riuscito a far ricredere quanti lo accusavano di poca esperienza in panchina, infilando tre vittorie consecutive senza subire nemmeno l’ombra di una rete.
Un percorso netto che faceva ben sperare in chiave futura, ridando vigore ad una nazionale che negli ultimi decenni ha visto sempre gioire gli altri, accontentandosi di alzare trofei a livello giovanile (vedi la recente olimpiade). E così Diego diventava San Diego, salvatore della patria, unico uomo al mondo capace di risollevare le sorti della nazione. Fino a ieri, almeno.
Oggi Diego scende dal piedistallo e si becca le sue prime critiche da allenatore dell’Argentina. Perché ci può stare di perdere, ci mancherebbe, ma non si può accettare l’umiliazione di un punteggio tennistico, specie se arriva per mano della Bolivia che non ha certo la fama di ammazza-grandi. E allora tutti contro Diego, l’uomo che ha deciso di fare a meno di Riquelme, l’uomo che non ha dato un gioco alla propria squadra, l’uomo che forse non riuscirà a portare i suoi all’appuntamento con il mondiale sudafricano.
Il Pibe de Oro diventa umano e finisce al centro del ciclone, sebbene i media locali si scaglino anche contro “l’inconsistente Messi” e “l’ingenuo Zanetti”, crocifiggendo un po’ tutta la squadra per l’esibizione vergognosa mostrata in Bolivia. E l’altura non è un’attenuante, come ricorda lo stesso Maradona:
E’ stata una vittoria meritata, ottenuta con un gioco migliore del nostro. Il punteggio? Sono state sei pugnalate al cuore.
Sei pugnalate anche nei cuori degli argentini che ora hanno molti dubbi sul futuro della nazionale e chiedono all’antico eroe di cambiare rotta, evitando in futuro vergogne simili. Perché è inutile avere in panca il più forte calciatore di tutti i tempi, se poi si viene umiliati così dalla modesta Bolivia. Auguri!