Il calciatore del Milan, Kevin Prince Boateng, è intervenuto oggi presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra come ambasciatore della lotta al razzismo, raccontando quanto avvenuto lo scorso 2 gennaio quando, nel corso di un’amichevole, lasciò il campo insieme al resto della squadra in seguito ai cori e agli insulti razzisti ricevuti da una parte dei tifosi della Pro Patria. Boateng si è presentato all’ONU accompagnato dalla fidanzata, la showgirl Melissa Satta, raccontando così la sua esperienza e il suo pensiero sul razzismo nel calcio e in generale.
LO SGUARDO DI MANDELA – Boateng parte raccontando che quel pomeriggio a Busto Artizio ha ripensato allo sguardo di Nelson Mandela, incrociato in occasione dei Mondiali di Calcio del 2010 giocati in Sudafrica, che gli ha dato il coraggio di dire no al razzismo. Il centrocampista ghanese, protagonista di un tavolo di lavoro dedicato a “Sport e Razzismo“, ha continuato raccontando che ha sempre ignorato il razzismo nel corso della sua vita, anche quando viveva in Africa. Ora però ha capito che bisogna reagire e dire no, sin da subito.
RAZZISMO NEL CALCIO – Secondo Boateng è assurdo che nel 2013 si è ancora costretti a parlare di razzismo. Sembra un’epidemia, racconta, come la malaria che si combatteva quando viveva nel continente africano. Poi, aggiunge:
Noi sportivi abbiamo una grande responsabilità, perché siamo gli idoli dei più giovani, e possiamo influenzarne cultura e comportamenti. A Busto tutta la squadra, tutta la società è stata solidale con me: questo è stato davvero un segnale importante.
Anche Melissa Satta ha voluto dire la sua, dopo aver incoraggiato il compagno con un bacio prima del discorso:
E’ normale, bisogna stare vicino in certi momenti. Oggi qui a Ginevra è iniziata una partita decisiva, da vincere a tutti i costi, più di una finale di Coppa del Mondo.
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