Accolto come il salvatore della patria al momento del suo insediamento, ha dovuto poi scontrarsi con la parte più ostile del popolo d’Inghilterra, poco abituato a riconoscere che uno straniero possa essere migliore, specie se italiano.
Ora lo chiamano “Il Padrino”, ma Fabio Capello ne ha dovuti mandar giù di bocconi amari, prima di riuscire a dimostrare di essere ancora quanto di meglio c’è sulla piazza a livello internazionale, il più vincente di tutti, l’unico che è riuscito nell’impresa di trionfare ovunque abbia messo piede.
Ma le prime uscite non proprio esaltanti dal punto di vista del gioco avevano riportato alla luce vecchie polemiche, come se ci si aspettasse di veder spuntare una bacchetta magica tra le mani del tecnico, capace di far girare testa e gambe dei giocatori. Ma lui è andato avanti per la sua strada, tra scelte scomode ed impopolari (vedi l’esclusione del beniamino Owen) e regole rigide, anche a rischio di diventare antipatico.
C’è un solo capo in squadra, un solo boss e costui deve essere costantemente giudicato da 24 giocatori. E’ sempre sotto esame, pertanto è fondamentale che i calciatori riconoscano il suo ruolo. E la mia autorità la si vede sul campo di gioco, durante gli allenamenti, nei rapporti quotidiani. Ecco perché per me il rispetto è la cosa più importante. Io sono amico dei miei giocatori, ma preferisco rimanere in disparte e rispettare le distanze e le gerarchie.
Questo il Capello-pensiero nell’intervista di fine anno ed il riferimento al suo predecessore, Steve McClaren, non è neppure troppo velato. Lui era amico di tutti, uno del gruppo, ma con lui in panchina, l’Inghilterra ha fatto ridere l’Europa intera, non riuscendo nepure a qualificarsi per gli Europei.
Capello è fatto di un’altra pasta. Sin all’inizio è riuscito ad imporre le sue regole, trasformando la selezione inglese in una delle più temibili d’Europa e nessuno si sorprenderebbe se nei prossimi Mondiali riuscisse nell’impresa della conquista del titolo.
[foto: New of the World]