Riecheggiano ancora nelle orecchie dei giovani iracheni le grida di giubilo quando l’arbitro sancì, lo scorso 29 luglio, la vittoria della propria nazionale nella coppa d’Asia, la prima della loro storia, contro la più quotata (e ricca) Arabia Saudita.
10 giorni fa la più antica squadra di calcio del Medioriente, l’Al Quwa Al Jawiya, ha subito un attentato, ma stavolta non dai terroristi di Al Qaeda, ma addirittura dai propri tifosi.
Non sapevano però che il dolce fosse stato precedentemente avvelenato con una sostanza volutamente letale, che ha causato il ricovero all’ospedale di Baghdad di 9 atleti, e la morte di uno di essi.
Il dramma ha anche assunto contorni ancora più bui quando alcuni dei calciatori hanno deciso di portare un pezzo di torta ai propri familiari. E così tra le vittime appare anche il figlio di uno di loro. Dopo la prima vittima, i suoi compagni sono stati trasportati d’urgenza in un ospedale in Giordania meglio attrezzato, dove lottano tutt’ora tra la vita e la morte.
Vedendo queste scene, sembra che l’Iraq non abbia intenzione di vivere in pace.