Cosa lega calcio e religione? Apparentemente nulla, specie da questa parte del mondo, dove il sentimento religioso viene vissuto spesso con sufficienza. Ma ci sono dei posti in cui il rispetto della propria fede viene prima di ogni altra cosa e l’osservanza della tradizione non viene meno, qualunque sia il lavoro svolto.
Ci riferiamo ad esempio al Ramadan, il mese del digiuno per i musulmani, chiamati ad astenersi dal mangiare, dal bere, dal fumare e dal praticare sesso nel corso di tutta la giornata, dall’alba al tramonto. Tutti i musulmani praticanti rispettano le regole del Ramadan, senza risentirne più di tanto a livello fisico, ma un calciatore professionista può incontrare non poche difficoltà nel nono mese del calendario lunare.
Ne sa qualcosa Mohamed Sissoko, giocatore maliano della Juventus, protagonista di una prova opaca domenica scorsa contro il Cagliari, proprio “a causa” del digiuno che ne ha fiaccato il fisico. Fino ad allora Momo si era salvato grazie ad un calendario che prevedeva due gare di fila in notturna (Udinese e Zenit), il che gli aveva dato la possibilità di mangiare prima di scendere in campo. Ma con il Cagliari il maliano è apparso notevolmente indebolito, sbagliando anche sette passaggi di fila, tanto che dopo un’ora di gioco, il buon Ranieri ha deciso di metter fine all’agonia, tirandolo fuori.
Lui si è detto dispiaciuto per la prova offerta, confessando di sentirsi stanco e la sua esperienza ha riportato in prima pagina le discussioni sull’opportunità o meno di seguire il Ramadan per un giocatore ad alti livelli. E’ chiaro che ognuno si regola come vuole, società permettendo, e Sissoko da questo punto di vista è stato chiaro sin dai tempi in cui giocava nel Liverpool:
Sono musulmano e la religione è una cosa importante per me. Mi dà equilibrio e gioca un ruolo fondamentale in tutti gli aspetti della mia vita. E ogni volta ringrazio Allah per tutto quello che mi ha dato.
Stesso problema per Mahamadou Diarra, in forza al Real madrid, per il quale Schuster ha dovuto inventare un tipo di allenamento personalizzato, per evitare il dispendio di energie. Poi c’è una lunga lista di giocatori che invece preferiscono non attenersi alle rigide regole della fede, come Abidal del Barcellona o Nasri dell’Arsenal, o ancora Gargo (ex Torino), che quando si trasferì in Qatar fece intendere sin dall’inizio che beveva e mangiava carne senza scrupolo alcuno.
Modi diversi di vivere il sentimento religioso che è e deve restare un aspetto privato della propria vita, anche a costo di saltare qualche gara o di venir sostituiti a partita in corso.
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