Ci sono più magliette della Samp e del Genoa che simboli religiosi.
A parlare è Monsignor Giuseppe Lanfranconi, facendo riferimento al cimitero di Genova, dove pare ormai consolidata l’abitudine di ricordare i defunti con i simboli della propria squadra del cuore. Parla del capoluogo ligure, ma immaginiamo che la stessa “lamentela” possa espandersi alla gran parte dei cimiteri italiani, vista la tendenza degli ultimi anni.
Basti pensare al ragazzo morto nel crollo della scuola di Rivoli, il cui feretro è stato completamente ricoperto da sciarpe della Juventus e dalla maglia di Legrottaglie. Una storia balzata sulle prime pagine dei giornali, come quella che ha visto protagonista suo malgrado il piccolo Nicolò, ucciso dalla caduta di un albero in quel di Roma la sera del trionfo dei giallorossi contro il Chelsea. Ad accompagnarlo nell’ultimo viaggio, la maglia di Totti, il suo idolo.
Storie note ai più, ma se ne potrebbero raccontare centinaia. Come quella di Claudio Monetti, il tabaccaio ucciso a coltellate per qualche misero euro. Era tifoso del Verona e gli amici non hanno mancato di omaggiarlo con una maglia gialloblu nel giorno dei funerali. O come quella di Giuseppe Demasi, morto nel rogo della ThyssenKrupp e accompagnato dalla maglia di Del Piero.
Storie tristi che che hanno commosso il mondo al di là della fede calcistica. Forse Monsignor Lanfranconi ha ragione di lamentarsi, ma come si fa a fermare la consuetudine?
In Germania è sorto il primo cimitero europeo per i tifosi. Ci ha pensato la città di Amburgo, sull’esempio argentino del Boca Juniors, i cui tifosi possono essere sepolti a pochi chilometri da Buenos Aires con tanto di lapide, marchio della squadra e fontana dello scudetto. Ma in Italia sarebbe improponibile una soluzione simile. E allora, caro Monsignore, ci lasci almeno l’illusione che una sciarpa possa servire ad accompagnare qualcuno nel momento dell’addio.