C’era una volta il calcio: così comincia l’articolo pubblicato ieri dalla Gazzetta dello Sport, che a sua volta riporta una classifica stilata dal Times Online sulle 50 cose che hanno contribuito a peggiorare il gioco più bello del mondo negli ultimi anni.
Già, c’era una volta il calcio e più volte su queste pagine ne abbiamo celebrato il funerale, ricordando le emozioni che ci regalava tempo addietro, quando si conoscevano a memoria le formazioni (rigorosamente dall’1 all’11) ed il business era considerato futurismo.
Di quel calcio rimane il ricordo di chi lo ha vissuto, la nostalgia di quanti credevano nelle bandiere e nell’illusione che dietro quel pallone che rotola c’erano solo 22 uomini pronti a tutto pur di raggiungere la vittoria. Ora, ahinoi, c’è molto di più. Il calcio ci viene portato direttamente in casa a qualunque ora del giorno e della notte, le bandiere sono scolorite ed il businnes ha preso il sopravvento sull’intero pianeta pallonaro. A chi dare la colpa?
A sentire il Times la responsabilità maggiore sarebbe da attribuire all’avvento della televisiona, che ha monopolizzato l’intero sistema, privandolo dell’antico fascino. Seguono poi a ruota altri 49 motivi più o meno condivisibili, ma, sempre a detta del tabloid inglese, se ne potrebbero citare altri 500.
In ordine sparso troviamo poi la Champions League, la nostra cara vecchia Coppa dei Campioni (volete mettere?) che ha cambiato nome piegandosi alla volontà del vile denaro; i tatuaggi, gli agenti, il calciomercato, i numeri di maglia, i moduli tattici ed i minuti di recupero…
Una lista interminabile nella quale trova spazio anche il “nostro” Kakà, criticato aspramente per le sue recenti dichiarazioni: “se non è interessato ai soldi, perché il Milan deve pagarlo 173mila sterline a settimana?”. Domanda lecita, risposta scontata: i soldi non sono tutto, ma come si fa a vivere con uno stipendio inferiore ai 9 milioni di euro a stagione con i tempi che corrono?
Scherzi a parte. E’ chiaro che il calcio moderno non può riscuotere le simpatie di quanti hanno memoria delle maglie senza sponsor o della fedeltà eterna ai colori della propria squadra. Il guaio è che il giocattolo si è rotto da un pezzo e non ci resta che tenercelo così com’è. Finché dura…