Che Italia ieri sera!Portogallo battuto 3 a 1

E’ finita col risultato di 3 reti ad 1 la partita amichevole disputatasi a tra Italia e Portogallo sul neutro di Zurigo, nella terra che ospiterà il prossimo Campionato Europeo.
Donadoni schiera gli azzurri con un 4-3-2-1, Amelia tra i pali, Zambrotta, Cannavaro, Barzagli e Oddo in difesa, De Rossi, Pirlo, Ambrosini a centrocampo, Di Natale e Palladino dietro l’unica punta Toni.
Felipe Scolari risponde con un 4-2-1-3, mettendo in campo Ricardo, Bosingwa, Ricardo Carvalho, Bruno Alves, Caneira, Petit, Maniche, Deco, Queresma, Makukula e Cristiano Ronaldo.

Roberto Baggio: il più grande del calcio italiano

Ho visto giocare Maradona, Zico, Platini e Zidane, ancora oggi ammiro le prodezze di Ronaldinho e Messi, di Kakà e Totti, ma mai nessun calciatore è riuscito a farmi innamorare quanto Roberto Baggio. Non avevo occhi che per lui su quel rettangolo verde e, pur riconoscendo che qualcuno dei fenomeni sopracitati (forse uno) era più forte di lui a livello tecnico, per me è sempre stato il migliore.

Ricordo ancora il giorno in cui firmò il contratto che sanciva l’addio alla mia squadra del cuore e quel poster staccato dal muro e ripiegato mestamente in un cassetto, dove ancora oggi riposa a ricordarmi un passato di tifosa scatenata.

Perdonatemi l’amarcord, ma, quando si parla di Baggio, la mente viaggia e il movimento della mano sulla tastiera diventa quasi automatico: troppi ricordi, troppe emozioni, ma anche polemiche infinite con chi non lo amava quanto me e si permetteva di criticare il più grande calciatore italiano di tutti i tempi.

Buffon non recupera e mette nei guai Donadoni

C’era un tempo in cui l’Italia era considerata terra di portieri: anni d’oro che creavano ai selzionatori della Nazionale non pochi problemi di scelta, tanto era folta la schiera di pretendenti alla maglia numero uno.

Il dopo Zoff, leader indiscusso tra i pali, aveva consegnato ai vari ct di turno dei dualismi che garantivano, qualunque fosse la scelta, sicurezza e capacità. Erano i tempi di Zenga e Tacconi, con il primo a raccogliere applausi e lo juventino a sperare in qualche disavventura del collega, per poter indossare i guanti e scendere in campo. Eppure in molti ancora si chiedono che cosa sarebbe successo se nella partita con l’Argentina del ’90 ci fosse stato Tacconi a difendere la porta azzurra. Ma il passato non si può cambiare e questa è decisamente un’altra storia.

Venne poi l’epoca di Pagliuca e Marchegiani a dividersi la gloria e la maglia nei Mondiali americani del ’94, con Peruzzi, giovane promessa, alla finestra, nella speranza di poter indossare la maglia numero uno nel futuro prossimo. Tempi di vacche grasse per i vari Sacchi, Vicini, Zoff e Trapattoni il cui unico problema era l’imbarazzo della scelta.

Inzaghi, Sentimenti, Maradona: storie di calcio e di fratelli

Storie di fratelli calciatori e subito la mente va ai cinque Sentimenti che negli anni ’40-’50 facevano impazzire gli addetti ai lavori, costretti a “numerarli” per poterli riconoscere facilmente. E così Ennio divenne Sentimenti I, Arnaldo, Sentimenti II, Vittorio, detto Ciccio, Sentimenti III, Lucidio, detto Cochi, il più famoso di tutti, portiere indimenticato di Juventus e Lazio, Sentimenti IV, e Primo che a dispetto del suo nome divenne Sentimenti V.

Cinque fratelli, tutti calciatori e tutti di grande livello, un vero record per il calcio mondiale, seppure si faccia riferimento ad un’epoca in cui forse era più facile che il primo facesse da apripista per l’arrivo degli altri. Mai più si ripetè una favola simile, ma il calcio ci ha regalato negli anni altre coppie di fratelli arrivati a buoni livelli, a volte addirittura nella stessa squadra.

E’ il caso dei gemelli Filippini, Emanuele ed Antonio, che tanto bene hanno fatto giocando per anni soprattutto con la maglia del Brescia, ma anche dei gemelli Zenoni, frutto del vivaio dell’Atalanta.

Dino Zoff: il numero 1 assoluto!

Mito: termine usato spesso a sproposito nel mondo del calcio per definire questo o quel calciatore che ci sa fare un po’ più degli altri con il pallone tra i piedi. Ma il titolo di mito bisogna guadagnarselo sul campo e nessuno come lui è riuscito così bene nell’intento di restare stampato nalla memoria dei tifosi.

Dino Zoff, classe 1942, interprete di un calcio in continua evoluzione, attraversato da decenni di gloriosa carriera. In pochi avrebbero scommesso su di lui, su quel ragazzino esile, che per mantenersi faceva il meccanico e giocava per puro diletto. Lo scartarono Juventus ed Inter, giunte fino in Friuli per osservare questo portierino in azione, ma l’occasione di riscatto gliela offrì l’Udinese, facendolo esordire giovanissimo in serie A.

Inizio in salita per lui, con 5 gol beccati all’esordio contro la Fiorentina ed un pubblico ostile pronto a sottolineare qualunque suo errore. Poi il Mantova per 4 anni e finalmente Napoli, città rumorosa, aperta, molto lontana da quel suo carattere chiuso e serioso. Eppure fu amore a prima vista e Dino diventò in fretta uno degli idoli di quella squadra che pure vantava la presenza di campioni come Sivori e Altafini, Canè e Bianchi.

Da Tardelli a Rozzi: la scaramanzia nel calcio

Corna e cornetti, ferri di cavallo ed amuleti di ogni genere: non siamo al festival anti-jella, ma in qualunque spogliatoio di calcio che si rispetti. O credevate forse che le partite si vincano solo comprando fior di giocatori?

E allora chiedetelo ai vari protagonisti della domenica, che si esibiscono in veri e propri riti scaramantici per attirare la buona sorte. Nessuno ne parla, ma basta osservare calciatori, allenatori e persino presidenti, per rendersi conto che certi gesti ripetuti all’infinito altro non sono che pura superstizione.

Dalla barba incolta di Amadei, alla scarpa sinistra di Zambrotta infilata sempre per prima, dall’abitudine di Sivori e Maradona di dirigersi palla al piede verso la porta, prima dell’inizio della partita, per poi calciare senza portiere, ai due fili d’erba strappati e poi masticati da Nicola Caccia: sono solo alcuni dei riti che i calciatori non dimenticherebbero mai di compiere.

Gianluigi Buffon: il numero 1 al mondo fermo ai box

Un guaio che non ci voleva, in un momento della stagione in cui bisogna lottare per mantenere saldo il posto in classifica, se si vuole continuare a cullare sogni europei. E si è infortunato proprio lui, uno dei pochi intoccabili della rosa bianconera e del campionato in generale, uno che fa la differenza, che quando manca, si sente.

Non stiamo parlando di un centravanti che fa gol a raffica, permettendo ad una squadra di salire in classifica, ma di uno che i gol li deve evitare per guadagnarsi il pane: Gianluigi Buffon, numero uno della Juventus e della Nazionale Italiana, numero uno tra i portieri in circolazione.

Nell’ultimo periodo è afflitto da mal di schiena ed il suo rendimento in campo rischia di essere condizionato da questo fastidio, tanto che è stato fermato in via precauzionale per la gara di oggi contro il Livorno. I medici non si sbilanciano, ma sembra trattarsi di una piccola ernia che lo terrebbe fuori dai pali per almeno un mese: un’eternità per uno del suo livello, la cui assenza si farebbe sentire pesantemente.

Il Real Madrid vince anche nella raccolta dei rifiuti!

Trenta volte Campione di Spagna, un record assoluto in Europa, 9 Coppe dei Campioni, 17 Coppe del Re, una Coppa della Liga, 2 Coppe Uefa, una Supercoppa Europea e 3 Coppe Intercontinentali: è questo l’invidiabile palmares del Real Madrid, club spagnolo che si è sempre distinto a livello internazionale per i suoi successi e per i grandi campioni che è riuscito a portare alla sua corte.

Gioca al Santiago Bernabeu, stadio che è stampato nella memoria dell’Italia sportiva, essendo stato palcoscenico della terza vittoria Mondiale del 1982. Da allora è stato ristrutturato due volte, seguendo progetti che lo rendevano sempre più funzionale e accogliente ed ora è il fiore all’occhiello di questa società, con settori da visitare in veri e propri tour organizzati. Uno stadio a misura di tifoso, dove si può assistere tranquillamente ad una gara senza correre il rischio di trovarsi coinvolti in incidenti.

Da prendere come esempio per serietà ed organizzazione, che costituiscono le basi per un successo che prosegue ormai da anni, il Real Madrid è riuscito a coinvolgere i suoi tifosi in un’iniziativa veramente lodevole che prevede il riciclaggio dei rifiuti all’interno dello stadio.

Totti Totti Totti: 200 volte Totti

Era Il 4 settembre 1994 quando Francesco Totti, non ancora diciottenne, segnò il primo gol in serie A, nella prima giornata di campionato contro il Foggia.

Chissà se già da allora sognava di raggiungere il successo e la fama di oggi. Chissà se immaginava di poter alzare un giorno la Coppa del Mondo verso il cielo stellato di Berlino. Chissà…

Trentuno anni, la maggior parte dei quali trascorsi a correre dietro ad un pallone, nella squadra che lo ha visto esordire giovanissimo, scegliendolo come erede del Principe Giannini. Un ruolo importante, un’eredità scomoda da raccogliere per il ragazzo di Porta Metronia che tifava Roma sin da ragazzino. Un amore vero che lo lega alla squadra da sempre, tanto da giurare fedeltà eterna alla maglia, a dispetto delle sirene straniere che promettono ingaggi faraonici.
Si tappa le orecchie Francesco, vuole restare dov’è e vincere con la maglia che lo ha reso grande. Non potrebbe vivere lontano da qui, dalla sua città, dal suo pubblico che lo difende e lo esalta in ogni circostanza.

Michel Platini ce l’ha fatta: addio al G14

Forti interessi economici comuni avevano portato nel 2000 i più grandi club europei ad unirsi per fronteggiare lo strapotere dell’Uefa alle cui decisioni tutti dovevano sottostare.

L’idea era quella di una Superlega che avrebbe dovuto riunire tutti quei club che avevano abbastanza soldi da mettere a disposizione del progetto, a prescindere dalle coppe vinte e dall’importanza a livello internazionale. Ma nel calcio il più delle volte vittoria equivale a soldi e fini che le iscrizioni furono limitate solo ai club di maggior blasone.

Quattordici i club coinvolti nell’iniziativa: Manchester, Liverpool, Juventus, Milan, Inter, Marsiglia, Paris Saint Germain, Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Ajax, Psv Eindhoven, Porto, Barcellona e Real Madrid. Il primo obiettivo dell’associazione fu quello di chiedere un indennizzo per i giocatori convocati in Nazionale che, in caso di infortunio avrebbe fatto perdere fior di milioni ai presidenti dei club.

Zinedine Zidane e la voglia di tornare

L’ultima immagine che abbiamo di lui è quella che lo ritrae mentre passa vicino alla Coppa del Mondo, in quel di Berlino. Zidane china la testa e passa oltre, quasi a salutare un sogno cullato a lungo. Materazzi a terra dolorante, l’arbitro accerchiato dai giocatori, il pubblico che fischia e che non riesce a spiegarsi come mai quel campione possa essersi macchiato di una colpa così grande.

L’Italia alzerà la sua Coppa nella notte dell’Olympiastadion , mentre molti ancora oggi si chiedono che cosa sarebbe cambiato se Zizou non avesse lasciato anzitempo il terreno di gioco. Fantacalcio, discorsi privi di logica, perché la storia non si fa con i “ma” e con i “se”, ma certo lui avrebbe sperato di concludere in modo diverso la sua carriera di calciatore.

Una vita sui campi ad incantare il pubblico con mirabolanti giochi di prestigio, dagli esordi nel Bordeaux alle grandi vetrine internazionali che gli offrirono prima la Juventus e poi il Real. Palmares ricco per il trasalpino che può vantare la conquista di tre campionati (due in Italia ed uno in Spagna), due Supercoppe Spagnole ed una Supercppa Italiana, un Campionato del Mondo, un Campionato d’Europa e due Confederation Cup, oltre ai riconoscimenti a livello individuale (tre Fifa World Player ed un Pallone d’Oro).

Gianluca Pessotto: un nuovo debutto

Finalmente si ricomincia, con la consapevolezza di chi sa che si può rinascere a nuova vita dopo un incubo durato più di un anno.

Sabato 12 gennaio 2008: una data che resterà stampata nella mente di Gianluca Pessotto che inizia oggi la sua nuova avventura all’interno dello staff juventino con la carica di team manager. In pochi ci avevano creduto guardando i servizi sui telegiornali di un anno e mezzo fa che mostravano le immagini della sede bianconera, dove Gianluca aveva tentato il suicidio, gettandosi dal tetto.

Si parlò molto di lui in quel periodo, con le notizie poco confortanti che arrivavano dall’ospedale e che lo davano quasi per spacciato. L’Italia intera era con lui, sebbene fossimo tutti molto presi dalla Nazionale che si apprestava a vincere il Mondiale in Germania.

Scozia-Italia, Glasgow val bene un pareggio

Una partita che vale un anno e mezzo di lavoro. Sabato prossimo contro la Scozia, all’ Hampden Park di Glasgow, si deciderà forse il destino della Nazionale Italiana di calcio e con esso anche quello del suo commissario tecnico. All’Italia basterebbe un punto per garantirsi la qualificazione all’Europeo, dando per scontata la vittoria mercoledì con le isole Far Oer, ma Donadoni non vuole sentir parlare di pareggio: “E’ impossibile programmare un risultato, ancorché di comodo: in venticinque anni di calcio non sono mai sceso in campo per pareggiare e neppure la Scozia cerca un pareggio, quindi troveremo pane per i nostri denti. In Scozia l’Italia non ha mai vinto, ma quello è il passato: questa nazionale andrà a Glasgow per giocarsela, e vincere“. Già, la storia non è dalla nostra parte: nei precedenti tre incontri in terra scozzese abbiamo rimediato solo due pareggi ed una sconfitta.

Il ct scozzese Alex McLeish sembra avere le idee molto chiare: “Sappiamo che di fronte avremo i campioni del mondo, così come sappiamo che loro hanno già affrontato diverse volte situazioni del genere e che quindi sapranno come gestire il tutto mentalmente“.
L’atmosfera di Glasgow sarà sicuramente infuocata
, in Scozia la febbre per il match è altissima e McLeish si aspetta molto dai propri giocatori e dal pubblico: “Sarà una normale partita di calcio, undici contro undici e sono sicuro che i ragazzi italiani sono esseri umani come tutti gli altri. Sono anche certo che se riusciremo a stravolgerli, la partita diventerà interessante. Il fattore paura sarà determinante perchè c’è’ molta pressione su di loro, hanno addosso l’aspettativa di tutta la nazione e scenderanno in campo sapendo che noi non avremo niente da perdere. In questo girone ci hanno già battuto, ma ad Hampden abbiamo un eccellente ruolino di marcia e vogliamo un’altra vittoria: per noi questo stadio è una fortezza“. Una fortezza nella quale i nostri avversari, fino ad oggi, hanno ottenuto cinque vittorie su altrettante partite.