Roberto Mancini sempre più verso il Chelsea!

Mancini va, Mancini resta: è un tormentone che ha radici lontane nel tempo e che ci accompagnerà probabilmente fino alla finale di Coppa Italia. Poi si faranno i conti, si valuterà la situazione e si deciderà se vale la pena continuare un rapporto vincente, seppur tormentato, o lasciarsi qui.

Questo almeno è quello che vogliono farci credere in casa Inter, con Moratti che ora non giura più sulla sicura permanenza del Mancio, sapendo perfettamente che il futuro è già scritto.

Ed è un futuro che parla inglese. Ormai è quasi certo che Mancini dal prossimo anno siederà sulla panchina del Chelsea, qualunque sia il risultato della finale di Champions League tra i Blues ed il Manchester United.

Scudetto Inter: promossi e bocciati!

Uno scudetto sudato, il secondo consecutivo conquistato sul campo, il terzo dell’era Mancini, considerando quello strappato dalla maglia della Juventus nell’estate di Calciopoli. L’inter si sta riabituando a vincere, dopo anni e anni di sofferenza resa ancora più dolorosa dall’equazione soldi spesi=zero risultati.

Ma non è stato così semplice arrivare in fondo al campionato da prima della classe, con quegli undici punti di vantaggio bruciati in poche settimane ed il fiato della Roma sul collo fino al minuto 61 dell’ultima giornata. Alla fine l’entrata dello spilungone venuto dal freddo nord ha dato senso a tanta sofferenza e sotto la pioggia battente del Tardini ha regalato la gioia più grande nell’anno del centenario.

Questo scudetto porta la sua firma impressa a fuoco, perché alla fine tutti ricorderanno la doppietta di Ibrahimovic, dimenticando le polemiche per la sua fuga in Svezia a curare il ginocchio malandato, proprio nel momento in cui l’Inter aveva bisogno di un trascinatore. E’ tornato al momento giusto, meritandosi un 9 in pagella.

Volata scudetto: è qui la festa?

Ci siamo. Dopo una settimana di parole e titoloni sui giornali, domani finalmente sapremo se l’Inter dovrà scucirsi lo scudetto dal petto o se potrà continuare a giocare con le stesse maglie anche nella prossima stagione.

Già, dipende tutto dall’Inter che deve solo vincere ed evitare di far calcoli, restando attaccata alla radiolina per tutto il pomeriggio. Non c’è altra soluzione, o almeno non deve essere presa in considerazione.

Resta da stabilire quanto i nerazzurri credano nella possibilità di conquistare il titolo all’ultima giornata dopo i match point falliti nelle ultime settimane, perché quando si tratta di Inter nessuna possibilità può essere esclusa.

Alla Procura di Milano spuntano i nomi di Mancini e Mihaijlovic

Alcuni membri della “squadra più corretta d’Italia” sono indagati per droga, prostituzione, scommesse illecite e traffico di auto “sospette”. Non si sa se queste accuse siano state montate ad arte per rendere ancora più tesa l’atmosfera in casa Inter alla vigilia della partita scudetto, oppure si tratti di indagini vere e proprie, ma fatto sta che il tempismo di queste accuse è perfetto.

Tutto nasce da un’inchiesta su un pregiudicato indagato di Milano, tale Domenico Brescia (detto Mimmo), 53 anni, tifoso nerazzurro. Dalle indagini degli inquirenti si è risalito ad alcune telefonate sospette tra il pregiudicato e Roberto Mancini, Sinisa Mihaijlovic e alcuni calciatori dell’Inter attuale ed ex giocatori.

Hector Cuper esonerato: niente amarcord!

Nessun riscatto, niente rivalsa, ancora una volta il destino è stato beffardo con Hector Cuper, per il quale l’Italia non rappresenta certo un giardino felice. Ancora una delusione dopo le tante, troppe accumulate qualche anno fa quando sedeva su una panchina ben più prestigiosa. Stavolta la delusione si chiama Parma, terzultima in classifica e ad un passo dal baratro.

L’argentino era stato chiamato due mesi fa in sostituzione di Domenico Di Carlo, nella speranza di ripetere il miracolo dello scorso anno, quando Ranieri prese in mano le sorti della squadra, portandola ad una salvezza insperata. Per il tecnico romano fu l’occasione del rilancio professionale, tanto che quest’anno sta festeggiando il terzo posto in campionato e l’accesso alla Champions League con la neopromossa Juventus.

Per Cuper il destino ha scelto diversamente e, a soli sei giorni dalla sfida decisiva contro la “sua” Inter, è stato sollevato da quella panchina, invitato ad alzarsi e a far posto ad Andrea Manzo, allenatore della primavera.

Coppa Italia: la finale è Roma-Inter. Come sempre!

Passano gli anni, ma il ritornello non cambia. Ancora Roma-Inter in finale di Coppa Italia, per la quarta volta negli ultimi quattro anni. Ieri sera non c’è stata alcuna sorpresa al Massimino ed il Catania non è riuscito a interrompere la tradizione.

Del resto la formazione proposta da Walter Zenga non lasciava pensare ad una riscossa tentata dai rossazzurri: titolari a riposo per la gara di domenica contro la Juventus, nel tentativo di salvare il salvabile, con l’obiettivo dichiarato di restare nella massima serie.

Anche Spalletti non ha schierato la formazione migliore, ma nel caso della Roma è prassi abbastanza usuale, come per tutte le grandi squadre, che in Coppa Italia lasciano spazio a chi in campionato non ne trova. E poi il risultato di 1-0 dell’andata (gol di Totti) lasciava i giallorossi piuttosto tranquilli sul passaggio del turno.

Ivano Bordon: portiere di ghiaccio

Gli piaceva essere chiamato “pallottola”, così come lo aveva soprannominato Sandro Mazzola, dopo averlo visto schizzare da una palo all’altro della porta con velocità impressionante, ma Ivano Bordon era famoso soprattutto per l’atteggiamento glaciale con cui affrontava le gare, tanto da meritarsi il titolo di “portiere di ghiaccio”.

Una vita quasi interamente dedicata al calcio, soprattutto a difesa della porta dell’Inter, dove giocò per 13 stagioni, conquistando due scudetti e due Coppe Italia. Di lui si ricorda una gara in particolare, una di quelle partite storiche a noi tanto care, che avremo modo di raccontare più in là, in un articolo a parte.

Per ora accontentatevi di conoscerne l’epilogo, con un giovanissimo Ivano Bordon (20 anni appena), che prendeva il posto di Lido Vieri e regalava la qualificazione al terzo turno di Coppa dei Campioni alla squadra nerazzurra. Quella sera il ragazzino davanti ad ottantamila spettatori riuscì a parare di tutto e di più, concedendosi anche il lusso di respingere un calcio di rigore a Hevcknes, e guadagnandosi meritatamente il titolo di eroe della serata.

Coppa Italia: l’Inter nervosa è in finale!

Ecco cosa succede a parlar male dell’Inter! Solo ieri ne avevamo elencato le debolezze, individuando nella scarsa personalità e nella difficoltà a gestire i momenti clou, il problema maggiore.

Stamattina invece ci ritroviamo a lodare lo spirito cinico di questa squadra che è riuscita col minimo sforzo a raggiungere il massimo risultato. La Lazio ha fatto quel che ha potuto per acciuffare in extremis la finale di Coppa Italia, che le avrebbe consentito di sperare in un’entrata in Europa nella prossima stagione.

Più di questo non si poteva chiedere agli uomini di Delio Rossi, forse solo un pizzico di precisione in più, ma alla fine della fiera, non gli si può rimproverare nulla.

Inter: caccia ai colpevoli!

A tre giorni dal derby che avrebbe dovuto consegnare lo scudetto nelle mani dell’Inter, si continua a parlare di colpe ed atteggiamenti sbagliati in campo, cercando di trovare un capro espiatorio da consegnare al giudizio della critica.

Non è colpa di Mancini, non lo è mai, qualunque cosa faccia, qualunque sia la disposizione tattica scelta, chiunque decida di far scendere nell’arena. Non lo diciamo noi, lo afferma lui stesso, risponedendo agli appunti del patron Moratti, deluso dalla prestazione molle e rinunciataria della squadra, che avrebbe potuto regalargli lo scudetto più bello, in uno stadio vestito di rossonero.

Ognuno può vedere la partita come vuole, quando si perde si deve sempre trovare un colpevole e il colpevole è l’allenatore. Il presidente può dire così anche se non mi trova d’accordo.

Mercato pazzo: Juve su Alonso, Inter su Henry, Lippi al Barcellona

Mancano ancora due turni alla fine del campionato, ma già fervono i preparativi per allestire le squadre di serie A per la prossima stagione. A muoversi soprattutto i grandi club, orientati non ad un radicale cambiamento dei propri organici, ma a delle sistemazioni nei vari reparti, tali da garantirgli maggior competitività sia in Italia che in Europa.

Si è mosso in anticipo il Milan, unica società per il momento ad essersi garantita il grosso nome, Flamini, strappato alla concorrenza di club italiani e stranieri. Lo voleva anche la Juventus, costretta ora a volgere lo sguardo verso altri obiettivi, primo fra tutti Xabi Alonso, non più titolare nel Liverpool di Benitez ed in cerca di una collocazione che gli permetta di esprimere il suo talento con maggiore continuità.

Ma lo spagnolo non è il solo obiettivo della società bianconera, ancora alla ricerca di un accordo definitivo con Amauri e impegnata in diverse trattative per garantire a Buffon un valido sostituto. I papabili sono nomi noti e meno noti, come Cudicini, secondo portiere del Chelsea, e Fiorillo, 18enne portiere di proprietà della Samp. Nei progetti di Cobolli Gigli ci sarebbe la volontà di acquistare metà del cartellino del giovane numero uno, per poi lasciarlo maturare ancora un anno a Genova.

Inter-Milan 6-5: derby spettacolo!

Nella settimana che potrebbe consegnare lo scudetto all’Inter proprio in casa degli odiati cugini, ci sembra giusto ricordare un derby di quasi sessant’anni fa, il più spettacolare mai visto dalle parti di Milano.

Era il 6 novembre 1949 ed essendo ad inizio campionato non si poteva parlare ancora di tricolore da assegnare, ma quello che successe quel giorno sul campo di San Siro è entrato di diritto a far parte della leggenda del calcio meneghino.

Fior di campioni vestivano in quell’anno le casacche a strisce delle due squadre: Wilkes, Amadei, Lorenzi, Nyers per l’Inter; il trio delle meraviglie Gre-No-Li per il Milan. Le premesse per uno spettacolo degno di un derby c’erano tutte, ma chi si sarebbe mai aspettato di assistere a ben 11 gol?

Sandro Mazzola: predestinato di classe

Un destino nel nome, un predestinato che deve sempre dimostrare di essere erede degno di un padre così importante. E’ la storia di Sandro Mazzola, figlio di Valentino, capitano del Grande Torino, prematuramente scomparso nella tragedia di Superga.

Sandrino all’epoca era un bambino ed ancora oggi confessa di aver cancellato quella fetta di esistenza che precedeva il grande dolore. Iniziò a tirar calci ad un pallone spinto da una vocazione naturale, sapendo sin da allora che il confronto con il papà-campione sarebbe stato inevitavile. Ha sempre ammesso che suo padre era di un altro pianeta e per quanto poi nella carriera Sandro ebbe modo di dimostrare grandi doti, non raggiunse mai la classe sopraffina del genitore.

Lo portò all’Inter Giuseppe Meazza, più per pietà verso un ragazzino che aveva perso suo padre in un modo così tragico, che per l’effettivo talento del giovane Mazzola. Ma Sandro negli anni riuscì tirar fuori la classe e ad onorare il cognome che portava.