Gianluca Vialli: goleador di razza

Stacchiamo la spina per un po’ dalla stretta attualità fatta di biscotti e sospetti di combine e torniamo alle nostre care rubriche, occupandoci di un grande del passato che ha fatto bene in patria e ha tenuto alto il nome degli italiani in terra straniera.

Stiamo parlando di Gianluca Vialli, fenomenale atttaccante degli anni ’80-’90, nonché vero campione di simpatia.

Mosse i primi passi da calciatore (come direbbe il buon giornalista) nella Cremonese, squadra della sua città, contribuendo alla promozione dalla serie C alla B e poi al salto nella massima serie nell’anno di grazia 1984.

Salvatore Schillaci ha perso la memoria!

Nel giorno del “dentro o fuori” dall’Europeo ci tocca spostare l’attenzione su un’altra vicenda di attualità che ha ben poco a che fare con le sorti della nazionale azzurra, sebbene riguardi uno degli idoli per eccellenza del calcio nostrano.

Stiamo parlando di Salvatore Schillaci, l’eroe di Italia ’90, colui che ci ha trascinati fino all’anticamera del sogno più bello, “rischiando” di farci vincere i Mondiali in casa.

Stavolta però Totò ha fatto autogol ed ora rischia di essere accusato di falsa testimonianza, visto che in aula, sotto giuramento, ha detto di non ricordare alcuni episodi che lo legherebbero ad un imputato in un processo per estorsione ed associazione mafiosa. Ma andiamo per ordine.

Lothar Matthaus: il recordman del calcio tedesco!

La sua maglia preferita era quella con il numero 8, ma Giovanni Trapattoni lo convinse ad indossare il 10. No, troppo da fantasisti, sosteneva il giovane Lothar Matthaus, che non pensava affatto di avere nei piedi quel qualcosa in più che era toccato in dote a giocatori come Maradona o Platini, tanto per citarne due.

Ma il buon Giuan faceva notare che quella era anche la maglia del leader in campo e lui lo era: chi meglio del tedesco poteva assumere i gradi del condottiero?

E così Matthaus accettò la carica e si calò nel ruolo di trascinatore, non abbandonando mai la maglia numero 10, neppure quando fu costretto ad abbondonare l’Inter.

Marco Tardelli: un urlo mondiale!

Guardate l’immagine, chiudete gli occhi e tornate a quel magico 11 luglio del 1982. E adesso ditemi che cosa provate.

Personalmente non riesco a ricordare un’emozione simile (calcisticamente parlando, s’intende): brividi che scendono lungo la schiena ed una lacrima trattenuta a fatica nel ricordo di una serata unica ed indimenticabile.

Indimenticabile per me, per noi tifosi tutti, che abbiamo avuto la fortuna di assistere alla messa in onda di una pagina di storia, ma immaginate che cosa deve aver rappresentato quella serata per il ragazzo immortalato nella foto divenuta simbolo di un intero mondiale, tanto che ancora vi chiedessero chi era Tardelli, rispondereste quasi sicuramente “quello dell’urlo”.

Luciano Castellini: il giaguaro!

E’ stato uno dei più grandi portieri italiani, eppure spesso non viene inserito nella lista dei migliori numeri uno. Uno strano destino quello di Luciano Castellini, che fece grande il Torino prima ed il Napoli poi nel corso degli anni ’70-’80 con le sue parate impossibili.

Lo chiamavano il giaguaro per quel suo modo di saltare da un palo all’altro della porta con scatto felino e riflessi impressionanti. Molto scenografico nelle uscite e nelle prese al volo, era il padrone indiscusso dell’area piccola e capace di muovere la difesa come pochi altri al mondo.

Mosse i primi passi da professionista nel Monza in serie B, esordendo in una gara con il Como persa per 5-0. Il suo destino sembrava segnato: mai più i tifosi avrebbero voluto vedere tra i pali un portiere che si faceva bucare con tanta facilità. Si accomodò dunque in panchina per il resto della stagione, finché a cinque giornate dal termine, il titolare subì un infortunio e Castellini venne chiamato a sostituirlo.

Rivaldo: un fenomeno, ma non per tutti!

La maglia numero 10, quella più ambita, più desiderata, quella che più fa sognare i tifosi, scatenando appalusi. Nel’immaginario collettivo è la maglia dei calciatori di maggior talento, ma anche di quelli destinati a non veder riconosciuto pienamente il proprio valore. Non sempre, ma spesso.

E’ il caso di Rivaldo, considerato da molti come uno dei più grandi campioni che abbiano mai calcato un campo di calcio, e da altri come un’emerita mezza cartuccia, arrivato in alto solo grazie ad una buona dose di fortuna.

In realtà il primo Rivaldo, quello che correva dietro ad una palla nel club brasiliano del Santa Cruz, era tutt’altro che un fenomeno e, complice anche un fisico debole e mingherlino, finiva spesso per scaldare la panchina. Una specie di palla al piede per i dirigenti che non sapevano proprio come liberarsi di quel peso morto.

Gigi Riva: Rombo di Tuono!

Lo chiamavano Rombo di tuono per la potenza del piede sinistro, capace di tirare botte da 140 km/h. Grande Gigi Riva, anzi Gigirriva, come lo chiamavano nella sua terra d’adozione, in quella Sardegna dove non voleva andare e che diventò alla fine la sua seconda casa.

Da adolescente lo cercava l’Inter, squadra per la quale faceva il tifo, arrivando addirittura a convocarlo per il provino di rito, ma i dirigenti del Legnano preferirono dirottarlo verso Cagliari per 37 milioni di lire.

Il giovane Riva non avrebbe voluto trasferirsi in terra sarda. Ancora oggi ricorda quel viaggio verso Cagliari e la sensazione di finire in Africa. Ma il periodo di ambientamento durò lo spazio di un attimo e di lì a poco si ritrovò ad essere il beniamino del pubblico di casa, ammirato e amato da tutti. Quando il Cagliari giocava a Milano o a Torino cinque o seimila isolani scendevano dalla Svizzera, dalla Germania e dalla Francia per seguire le imprese di questo sardo d’adozione che ha fatto grande una squadra di provincia.

La Bombonera: gioiello argentino!

Dopo la presentazione degli stadi che ospiteranno gli Europei del prossimo mese, continuiamo il nostro viaggio alla scoperta degli impianti più suggestivi del mondo. Finora abbiamo dato ampio spazio agli stadi in giro per l’Europa, dimenticando che anche in Sudamerica, ad esempio, vi sono strutture altrettanto importanti, per cui vale la pena spendere due parole.

Stavolta quindi facciamo tappa a Buenos Aires per visitare la Bombonera, uno stadio che ha fatto la storia del calcio argentino ed ha visto giocare grandi campioni di tutte le epoche, primo fra tutti Diego Armando Maradona.

Cominciamo col dire che il curioso nome dell’impianto è un realtà un soprannome, affibbiatogli da uno degli architetti ed è dovuto alla sua somiglianza con una scatola di bombones (cioccolatini), che l’architetto stesso ricevette in regalo il giorno prima dell’inaugurazione.

Juventus-Inter 9-1: i campioni contro i ragazzini!

A Roma mando una squadra di ragazzini!

Questa la minaccia di Massimo Moratti alla vigilia della finale di Coppa Italia contro la Roma, per rispondere a chi, con vena polemica, sosteneva che l’Inter fosse stata aiutata nel corso del campionato.

Poi la rabbia è rientrata ed i nerazzurri si sono presentati all’appuntamento con la migliore formazione possibile che non è riuscita tuttavia a frenare la voglia di riscatto di una Roma arrembante. Il presidente non ha voluto seguire l’esempio di papà Angelo, che nel lontano 1961, in polemica con la Federazione, decise di far scendere in campo la squadra primavera, beccandosi poi una multa di un milione di lire.

Manuel Rui Costa: uomo-assist e classe da vendere

In una rubrica dedicata ai numeri 10 non poteva certo mancare un capitolo su uno dei migliori interpreti degli ultimi venti anni, Manuel Rui Costa, portoghese di nascita, brasiliano nel tocco di palla.

Scoperto e sponsorizzato direttamente dal più grande portoghese di sempre (Eusebio), il talento lusitano ha mosso i suoi primi passi nella squadra del Benfica per la quale faceva il tifo sin da ragazzino e con quale ha chiuso la carriera qualche giorno fa.

Tra la partenza ed il ritorno nella squadra del cuore, Rui Costa ha vissuto 12 anni da italiano, (Fiorentina e Milan) e lasciando un ricordo indelebile nei cuori di chi ha potuto ammirare le sue magie in campo.

Ibou Ba si ritira

Ve lo ricordate Ibrahim Ba, detto Ibou? Era uno dei centrocampisti più in voga degli anni ’90, considerato una delle ali più forti a livello internazionale. Purtroppo, come molto spesso accade nel nostro campionato, il primo passo verso la fine della sua carriera lo fece firmando 11 anni fa per il Milan. Ora la sua carriera è finita davvero, a 35 anni ha deciso di ritirarsi, farà l’osservatore per i rossoneri in Africa.

Nato il 12 gennaio del ’73 a Dakar, acquisisce la doppia nazionalità senegalese e francese, che gli consente di girare liberamente per l’Europa. Famoso per la sua eccentricità, fu il primo nero, insieme ad Abel Xavier, ad ossigenarsi i capelli, sulla scia della moda lanciata negli States da Dennis Rodman, stella del basket Nba.

Maradona show a Cannes!

Ennesimo show di Maradona dopo i tanti, tantissimi ammirati con la palla tra i piedi nei suoi anni migliori. Stavolta il pallone lo usa solo per la gioia dei fotografi appostati ai lati della passerella: uno, due, dieci palleggi per dimostrare che la magia di quel piede sinistro non si arrende all’età che passa.

Ieri a Cannes gli occhi erano puntati solo di lui, neanche fosse un attore di grido o un’attrice da sogno. Eppure c’era curiosità per il documentario sulla sua vita presentato dal regista serbo Kusturica al Festival francese.

Un docu-film di 90 minuti che farà discutere non poco, come sempre del resto quando ad aprire bocca è sua Maestà, Diego Amando Maradona. Ne ha per tutti il Pibe de Oro: da Matarrese a Pelè, fino a toccare temi internazionali che fanno riflettere sullo stapotere Usa. Gli si può rimproverare tutto, ma bisogna ammettere che, pur nella sua visione contorta di determinati eventi, qualche verità l’ha sempre detta, esponendosi in prima persona.