Italiani insultati in Germania, Toni la prende con ironia

Ancora una volta i tedeschi hanno perso una buona occasione per stare zitti. La nuova pubblicità della Mediaworld tedesca (che in Germania si chiama Mediamarkt) si può definire tra il razzista e lo xenofobo, perchè vengono offesi prima di tutto le migliaia di italiani presenti in Germania per lavorare onestamente, e poi un’intera popolazione descritta come sessista e disonesta. Un attacco diretto forse dovuto all’umiliazione subita negli ultimi mondiali, in cui gli azzurri hanno fatto vedere i sorci verdi ai tedeschi, a cui quella partita non è ancora andata giù.

La pubblicità di cattivo gusto è divisa in 3 fasi (sperando che si limitino a queste e non ce ne siano altre), e che vede come protagonista un emigrato italiano, più simile a Borat che ad un nostro connazionale, con baffi neri, tuta aperta a far vedere lo stemma del tricolore in due pubblicità e la maglia numero 10 della nazionale nell’altra, occhiali da sole stile gigolò, catena d’oro e tanta strafottenza tipica, a loro dire, degli italiani. Il nome di questo pseudo-italiano è, guardacaso, Toni, come la punta che ha regalato lo scudetto al Bayern Monaco. Evidentemente la paura dell’attaccante nel prossimo torneo si fa sentire.

Euro 2008 tra epidemie e minacce

Ci siamo quasi. Manca meno di un mese all’inizio della kermesse continentale per la gioia di non è mai sazio di calcio e la disperazione di chi tra volate scudetto e finali varie non ne può proprio più.

Preparate striscioni e bandiere, accomodatevi sui vostri divani ed assicuratevi che nessuno disturbi le vostre giornate davanti alla tv.

Infine incrociate le dita, nella speranza di veder la nostra Italia proseguire nel cammino europeo il più a lungo possibile. Le insidie ci sono e rispondono ai nomi di Francia, Romania e Olanda, ma non crediate che il danno peggiore possa essere quello di perdere una partita. Ci sono minacce ben più serie che potrebbero compromettere lo svolgimento regolare dei Campionati Europei, nonostante da più parti si continui a dichiarare che il rischio è minimo o addirittura inesistente.

Arresti e feriti a Manchester per la finale di Coppa Uefa

Poteva essere una festa, doveva essere una festa ed è solo un caso se non stiamo qui a raccontare l’ennesima tragedia legata ad una partita di pallone.

Teatro della vicenda è la città di Manchester, scelta come sede della finale di Coppa Uefa tra Zenit San Pietroburgo e Glasgow Rangers e presa d’assalto, come è logico, dai tifosi scozzesi e russi, nella speranza di trovare un tagliando per assistere alla gara.

Ma i biglietti sono andati esauriti molto in anticipo rispetto al fischio d’inizio di mercoledì sera e molti supporters sono partiti dalla loro terra, sapendo già che avrebbero dovuto accontentarsi dei maxischermi sparsi per la città o dei pub in cui veniva trasmessa la finale. L’invasione ha riguardato soprattutto i tifosi dei Rangers, scesi a migliaia dalla vicina Scozia per sostenere i propri beniamini. Ma qualcosa deve essere andato storto se alla fine della fiera siamo qui a contare gli arresti (42) ed i feriti (uno solo grave, ma non in pericolo di vita).

Alla Procura di Milano spuntano i nomi di Mancini e Mihaijlovic

Alcuni membri della “squadra più corretta d’Italia” sono indagati per droga, prostituzione, scommesse illecite e traffico di auto “sospette”. Non si sa se queste accuse siano state montate ad arte per rendere ancora più tesa l’atmosfera in casa Inter alla vigilia della partita scudetto, oppure si tratti di indagini vere e proprie, ma fatto sta che il tempismo di queste accuse è perfetto.

Tutto nasce da un’inchiesta su un pregiudicato indagato di Milano, tale Domenico Brescia (detto Mimmo), 53 anni, tifoso nerazzurro. Dalle indagini degli inquirenti si è risalito ad alcune telefonate sospette tra il pregiudicato e Roberto Mancini, Sinisa Mihaijlovic e alcuni calciatori dell’Inter attuale ed ex giocatori.

Scandalo portoghese: Boavista in B, Porto sei punti in meno!

Pensavate forse che l’Italia fosse l’unica nazione ad avere la sua Calciopoli? Certo l’eco dello scandalo nostrano si è diffusa rapidamente in tutto il Vecchio Continente, suscitando ilarità e critiche da ogni parte, soprattutto perché vedeva coinvolte, tra le altre, due delle squadre più blasonate, Juventus e Milan.

Ma a quanto pare tutto il mondo è paese ed ora spuntano fuori le magagne del calcio portoghese, con una vicenda che ha come protagonisti i due club di Oporto, Boavista e Porto.

Ne avevamo già accennato su queste pagine, paventando la possibilità di severe sanzioni, se si fosse dimostrata la responsabilità diretta delle due società. ed ora arriva la stangata: Boavista in serie B e Porto penalizzato di sei punti, da scontare nel campionato in corso.

Paul Gascoigne tenta il suicidio!

Non era un numero dieci puro, tanto che spesso preferiva giocare con l’8 sulle spalle, ma aveva piedi da fantasista e, come spesso accade, anche la testa. Paul Gasgoigne ha sempre fatto parte di quella folta schiera di calciatori definiti genio e sregolatezza, capaci di infiammare il pubblico con le proprie giocate, ma deboli con se stessi fuori dal rettangolo di gioco.

Ne parliamo al passato non perché sia morto (non ancora), ma perché quel genio espresso spesso in campo ha lasciato man mano il posto ai guai legati alla bottiglia ed alla polvere bianca, tanto da ridurlo ad essere l’ombra di se stesso e di quel campione che avrebbe meritato di essere.

Ieri l’ultima follia, perché solo di follia si può parlare, visti i continui eccessi degli ultimi tempi. Stavolta se l’è presa con se stesso, cercando addirittura di mettere fine ad una vita che tanto gli ha dato e altrettanto gli ha tolto. Volete sapere com’è andata?

4 maggio 1949: Torino piange i suoi campioni!

4 maggio 1949, il cielo sopra Torino era cupo, la pioggia batteva sul trimotore Fiat che riportava a casa i ragazzi granata, dopo la trasferta in Portogallo. Erano anni in cui non era così normale spostarsi in aereo e la maggior parte della squadra, allenatore Ferrero in testa, non era affatto entusiasta di usare un mezzo di trasporto così all’avanguardia. Avevano paura, purtroppo a ragione.

Erano le 17:05 del pomeriggio, più o meno l’ora in cui andiamo on line per raccontare la storia di quel Grande Torino, tragicamente scomparso sulla collina di Superga. Sono passati 59 anni, eppure il ricordo di quella squadra è ancora vivo, anche nelle menti di coloro che allora non c’erano ed hanno conosciuto la storia solo da vecchie pagine dei giornali o dai ricordi di chi quei giorni li ha vissuti.

Tornavano dal Portogallo, dicevamo, da una festa dello sport, di quelle che si organizzano per dare l’addio ad un grande campione. L’addio al calcio, ovviamente, ma per quei ragazzi fu l’addio alla vita, prematuramete strappata da un crudele destino.

Dramma allo stadio: un’agente tenta il suicidio

Ancora cronaca a riempire le pagine dei giornali sportivi, ancora un poliziotto ferito all’esterno di uno stadio, ma stavolta non ci sono scontri e guerriglie da raccontare, teste spaccate e armi sequestrate.

Stavolta c’è solo il male di vivere di una donna che decide improvvisamente di farla finita, proprio mentre sta compiendo il suo dovere.

Siamo a Treviso e in un sabato come tanti altri si sta giocando la gara di campionato Treviso-Grosseto. Tutto tranquillo dentro e fuori lo stadio Tenni: l’unico “problema” per i tifosi di casa è che la propria squadra è sotto di un gol al 20′ del primo tempo. Improvvisamente lo sparo proveniente dall’esterno dell’impianto e la mente che torna ai tanti, troppi fatti di cronaca che hanno visto protagonista il mondo del pallone.

Manuele Blasi: La Gea? Ho inventato tutto!

Riusciremo a venirne a capo e a scoprire almeno una parte di verità? Stiamo parlando del processo a carico della Gea, che vede imputati Luciano ed Alessandro Moggi, Davide Lippi, Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo e Pasquale Gallo.

Ieri l’ennesima puntata della telenovela si è svolta presso la decima sezione penale di Roma e quanto è venuto fuori dagli interrogatori è stata la dimostrazione che certi argomenti evidentemente fanno ancora paura e sono destinati a lasciare strascichi polemici ancora per molto tempo.

Sul banco dei testimoni è stato chiamato a deporre Manuele Blasi, ora al Napoli, ma all’epoca dei fatti tesserato per la Juventus. Tra un “non so” ed un “non ricordo”, il calciatore ha pronunciato parole che scagionerebbero da ogni accusa gli imputati, ma al tempo stesso potrebbero creare a lui stesso seri problemi con la legge. Vediamo com’è andata.