Una serata che sembrava essere serena per l’Inter si è rabbuiata negli ultimi 5 minuti. Per sua fortuna però può di nuovo rasserenarsi dopo il fischio finale perché la squadra di Benitez si trova al primo posto con un distacco incoraggiante sugli avversari. Oltre a staccare il Tottenham, che se non dovesse vincere nella gara di ritorno non dovrebbe più “infastidire” il primato dei nerazzurri, rimangono indietro anche Twente e Werder Brema che si annullano a vicenda.
La gara tra le due pretendenti al secondo posto posto infatti è una noia mortale per 75 minuti in cui non accade nulla, e si accende solo nel finale quando Janssen porta in vantaggio gli olandesi. Ma passano 5 minuti, Arnautovic entrato da poco pareggia e gli assalti finali non hanno un seguito, così che entrambe le squadre rimangono a soli 2 punti e vedono l’Inter scappare via.
L’Inter che non ti aspetti, nel bene e nel male. Non a caso la chiamano la pazza Inter, capace di far infuocare il cuore il più tiepido dei tifosi, ma anche di procurare infarti a chi di cuore non ha mai sofferto.
Tre a zero dopo soli 14 minuti, meglio del Real delle meraviglie dell’ex condottiero Mourinho, che solo ieri ha spezzato i sogni degli odiati cugini rossoneri. Tre a zero in 14 minuti e l’impressione che la gara potesse finire con un risultato tennistico, asfaltando le ambizioni di un Tottenham che ha avuto la sfortuna di prendere una rete a freddo (peraltro siglata da uno che solitamente non si spinge fino dentro l’area avversaria in cerca di gloria e fortuna) e di ritrovarsi qualche minuto dopo in inferiorità numerica.
Terza giornata Champions League gruppo A
Stadio Meazza di San Siro, Milano Inter-Tottenham 4-3 Reti: 2′ Zanetti (I), 11′ rig. e 35′ Eto’o (I), 14′ Stankovic (I), 8′ st, 45′ st e 46′ st Bale (T)
Solo conferme per Rafa Benitez: la vittoria di Cagliari e le necessità suggeriscono al tecnico nerazzurro di proseguire in maniera convinta con la formazione che ha sbancato il Sant’Elia. Unica novità, il ritorno di Cambiasso che, intanto, si accomoda in panchina. Il 4-4-1-1 del Tottenham si chiude con quella pertica di Crouch quale vertice alto del modulo mentre, in realtà, la formazione di Redknapp avrebbe fatto meglio ad affidarsi a santi in paradiso. If I knew, si sarà ripetuto oltre Manica dopo nemmeno un quarto di gara.
Perchè tanto è bastato ai padroni di casa per chiudere una partita in cui il divertimento è stato (quasi) tutto a senso unico. Presi a pallonate, gli inglesi non sono sembrati (il risultato non inganni) neppure in grado di limitare i danni. Che, dopo 2′ di gioco, si sono iniziati a vedere: da Zanetti a Coutinho, dal brasiliano a Sneijder. Con pallone restituito al capitano che alza la testa, vede Gomes e lo infila con un piatto piazzato. If I knew, deve aver cominciato a ripetere mentalmente Harry Redknapp conservando in ogni caso la fiducia che – quando mancavano 88′ da disputare – si era affievolita senza per questo sparire.
Tuttavia, se capita di incrociare chi è capace di giocarsi il destino in 5′ senza che lo faccia per incoscienza – semmai per evidente convinzione dei mezzi – diventa dura anche con la tutela dei santi in paradiso. Infatti, al cospetto di un’Inter stratosferica, gli Spurs crollano. Al 7′ Sneijder imposta l’azione e pennella per Biabiany. L’estremo avversario stende l’attaccante in maniera evidente: rigore per i nerazzurri, Gomes finisce anzitempo negli spogliatoi e Samuel Eto’o rimpolpa il bottino di reti stagionali (13, saranno poi 14) battendo il neoentrato Cudicini (11′).
A perdersi dietro ai festeggiamenti altrui sono solo gli ospiti, visto che Coutinho, Maicon e Stankovic tornano in partita in un battito di ciglia. Ed è uno spettacolo, il reciproco duettare, che si tramuta in ennesima rete: al 14′ è il serbo a calciare a tal punto angolato che anche Cudicini, tra sè e sè, l’avrà pensato. If I knew. “Me l’avessero detto”…
Si mette davvero male per le italiane in Champions. Le due sconfitte di ieri sera le fanno scivolare nella classifica dei gironi, tanto da mettere in pericolo una qualificazione che sulla carta sembrava piuttosto agevole. Chi sta peggio è la Roma, che oltre a perdere ieri sera si ritrova a fronteggiare un Bayern Monaco che ha una fortuna che dire sfacciata è dire poco.
I tedeschi, ombra di sé stessi in campionato, mostrano una squadra non fortissima nemmeno contro il Cluj, ma a differenza delle partite di Bundesliga, hanno dalla loro la buona sorte. Vanno prima in svantaggio grazie alla rete di Cadù, ma poi riescono a ribaltare il risultato in 6 minuti grazie a due autoreti, una delle quali proprio dell’autore del gol dello 0-1. Ma non finisce qui perché i rumeni non si danno per vinti, riprendono ad attaccare e colgono anche un palo, e a 10 minuti dalla fine Gomez chiude i conti con un altro gol fortunoso, sfruttando un rimpallo favorevole. La rete di Culio a 4 minuti dal novantesimo non servirà a molto. Il Bayern ora ha la qualificazione in pugno con 9 punti, mentre tutte e tre le inseguitrici ne hanno solo 3.
La sfida stellare al Santiago Bernabeu se la aggiudica il Real Madrid delle meraviglie, che ha saputo sfruttare al meglio il timore iniziale del Milan, piazzando un uno-due difficile da recuperare. E così capita che al minuto numero 14 le merengues siano già in vantaggio di due reti, con i rossoneri costretti a risvegliarsi improvvisamente dal sogno di espugnare il catino infuocato dei blancos.
La serata è più storta che mai e ci si mette anche la sorte ad impedire agli uomini di Allegri di dimezzare quantomeno lo svantaggio (vedi traversa di Pirlo). Milan solo sfortunato? Naturalmente no, perché di fronte ad un Cristiano Ronaldo in grande spolvero e alle ottime individualità dell’undici di Mourinho c’era ben poco da fare.
La Roma non c’è, non può essere quella ammirata questa sera sul prato dell’Olimpico, di fronte ad un Basilea generoso, ma – almeno sulla carta – inferiore ai giallorossi. Il tecnico degli svizzeri aveva dichiarato di voler vincere contro l’illustre avversaria, ma in pochi alla vigilia si sarebbero aspettati un’umiliazione simile, con la Roma incapace di reagire alle folate offensive degli avversari, che scendevano verso la porta di Lobont come un’orda di barbari alla conquista della Capitale.
Colpa delle assenze pesanti (De Rossi e Vucinic su tutti), delle poche idee o della scarsa condizione fisico-atletica, fatto sta che la Roma di stasera non ha entusiasmato, rimediando l’ennesima batosta della stagione. Non si può certo dire che i giallorossi non abbiano provato a raddrizzare la gara, ma non si può affermare nemmeno che la vittoria del Basilea sia immeritata o che sia frutto di pura fortuna.
Terza giornata Champions League gruppo G
Stadio Bernabeu, Madrid Real Madrid-Milan 2-0 Reti: 13′ Ronaldo (R), 14′ Ozil (R)
Tramortiti così. Con un uno-due capace di spezzare la partita in men che non si dica. Il Milan della prima parte di gara non esiste. O non resiste. Perchè di fronte le undici Merengues aggrediscono dall’istante immediatamente successivo al fischio del direttore di gara.
Tanto Real Madrid a scapito di una squadra – non ci fosse il blasone della bacheca verrebbe da dirlo – intimorita: pieni di paura, i rossoneri, il cui centrocampo fa il paio con la difesa e va in bambola davanti a un Cristiano Ronaldo tornato quello che vorrebbero sempre vedere gli sponsor. CR7, semplicemente un fenomeno a cui basta dar palla per lasciare che inventi.
Oppure, come accade al 13′ in occasione della punizione concessa ai locali, basta semplicemente consegnargliela che poi, a sistemarla a terra ci pensa da sè. Calcia con potenza e precisione mentre la barriera ospite si apre che ancora ti chiedi perchè: Amelia può solo osservare la sfera passargli di fianco, sulla sinistra, e finire in rete.
Il 4-3-1-2 di Allegri (Pato, Ibra, Ronaldinho ci sono) non fa in tempo ad assestarsi che, tanto, lui è già sfilato un’altra volta. CR7. Lo lasci al limite dell’area, conti fino a due, ha già eluso l’intervento dei marcatori e fatto in tempo a mettere in mezzo. Tra Ozil e il raddoppio ci sono 14 metri e la schiena di Bonera.
Tra Amelia e il miracolo, gli stessi metri, la stessa schiena. La sorte dice Real, seconda rete in due minuti. Mourinho gongola mentre Gattuso e compagni abbozzano una reazione: la si nota sotto il profilo agonistico, assai meno se provi a fare la conta delle conclusioni.
Terza giornata Champions League gruppo E
Stadio Olimpico, Roma Roma-Basilea 1-3 Reti: 12′ Frei (B), 21′ Borriello (R), 43′ Inkoom (B), 47′ st Cabral (B)
Pacco regalo di Claudio Ranieri a Philippe Mexes: in barba alle attese (Juan titolare), il testaccino opta per il francesino affidando, a lui e Burdisso, la zona centrale della retroguardia. Per il resto, confermati i giallorossi schierati dal 1′ contro il Genoa. Nelle file del Basilea nessuna modifica dell’ultima ora: l’esperienza di Frei e Streller (unica punta nel 4-4-1-1 scelto da Fink) innanzitutto, poi la solidità di una squadra compatta in ciascun reparto.
Solidi, per nulla intimoriti: gli elvetici iniziano come studiato a tavolino. Tempestivi nelle chiusure, corti e concentrati, pronti nelle ripartenze: i capitolini si affidano a spunti personali (Borriello al 5′: salta l’uomo ma calcia con esiti da dimenticare) ma faticano a ingranare. Solita titubanza, fatica a impostare: se ne accorgono, eccome, gli ospiti a cui non resta, dopo aver preso coraggio, che rilanciare l’azione. E andare in gol.
E’ il 12′ e la coppia Streller-Frei (l’ordine è temporale) castiga i locali duettando al limite. Sinistro di controbalzo di Frei, Lobont può solo mostrare tutta la perplessità del caso. Contraccolpo giallorosso per i successivi 10′: c’è confusione in mezzo al campo (dove Taddei trotterella a pieni polmoni), Totti è spesso in fuorigioco (due volte in due minuti tra il 16′ e il 18′). Poi, manco fosse la Polly cinematografica, arriva lui. Che, in fondo, te l’aspetti. Marco Borriello.
Richiesta stravagante e per certi versi assurda delle autorità italiane ai tifosi del Tottenham, che tra qualche giorno scenderanno a Milano per assistere alla gara di Champions League tra gli Spurs e l’Inter: non portate le bandiere israeliane all’interno dello stadio Meazza.
E’ questo l’invito apparso ieri sul sito della società inglese, che dice di aver ricevuto precise direttive dalle autorità italiane, probabilmente sull’onda dei fattacci che hanno sconvolto Genova lo scorso martedì. Ma possono le tristi vicende di Italia-Serbia, incidere sul costume di numerosi tifosi che espongono pacificamente la propria bandiera all’interno di uno stadio?
Il calcio si è evoluto, e se già da qualche anno non si poteva più fare il discorso delle cosiddette “squadre materasso”, questo diventa ancora più vero oggi, vedendo i risultati della seconda giornata di Champions League. E’ vero che le big sono uscite con i tre punti quasi ovunque, ma è vero anche che li hanno ottenuti con molta fatica ed un po’ di fortuna.
L’esempio più lampante è il super-Barcellona che in casa del Rubin sfiora una sconfitta clamorosa. Contro i russi sempre più catenacciari i blaugrana fanno una fatica immensa a trovare la via del gol, tanto che nell’unica azione dei padroni di casa vanno sotto grazie ad un rigore di Noboa. Nella ripresa però Guardiola sorride due volte per il ritorno in campo di Messi, che sembra già in ottima forma, e per la rete di Villa, sempre su calcio di rigore. Ma ad una manciata di minuti dalla fine, l’ennesimo contropiede russo porta Martins a tu per tu con Casillas, e solo il palo lo riesce a fermare.
La sconfitta rimediata sul campo dell’Olimpico di Roma è già dimenticata e l’Inter ritrova immediatamente la via della vittoria, imponendosi contro un Werder Brema apparso per nulla pericoloso e competitivo in Champions League. E dire che i tedeschi potevano subito far male ai campioni d’Europa, ma il pallonetto Hugo Almeyda salvato sulla linea da Lucio era solo un fuoco di paglia ed i veri fuochi (stavolta d’artificio) stavano per essere esplosi sul prato di San Siro da Eto’o e compagni.
Il camerunense ha vissuto stasera il suo ennesimo momento di gloria, mostrandosi ancora una volta decisivo in questo avvio di stagione. Tre reti per lui, una per Sneijder, sempre più in vista sul panorama calcistico europeo e sempre più vicino alla conquista del Pallone d’Oro.
Seconda giornata Champions League gruppo A
Stadio Giuseppe Meazza, San Siro Inter-Werder Brema 4-0 Reti: 21′ pt, 27′ pt e 35′ st Eto’o; 34′ Sneijder
Rivoluzione Benitez: dettata da necessità (Milito out), certo. Ma pure dallo spirito propositivo, mostrato fin qui dall’ex Liverpool, nei confronti dei talenti in erba che militano in nerazzurro. Dal 1′ sia Biabiany che Coutinho, Eto’o e Sneijder ci sono, in retroguardia Cordoba per Samuel.
Tra i tedeschi si vede l’ex Arnautovic ma a far vedere i sorci verdi al tifo presente al Meazza è Hugo Almeyda il quale, dopo 2′ di gioco, supera Julio Cesar con un pallonetto ma trova l’intervento provvidenziale di Lucio. Ancora il 23 del Werder a mettere i brividi: al 4′, grande conclusione su punizione ma l’intervento dell’estremo locale è altrettanto impeccabile.
Possono tirare un sospiro di sollievo le italiane di Champions perché seppure si trovano nel girone due squadroni come Real Madrid e Bayern Monaco, di certo non hanno a che fare con team del calibro dei loro nomi, ma solo con calciatori che sembrano mandati allo sbando senza una vera e propria anima di squadra.
La squadra che più delude è il Bayern Monaco che esce con i tre punti dal confronto con il Basilea, ma non ne meritava nemmeno uno. Senza ancora i suoi fuoriclasse infortunati, i tedeschi non superano quasi mai la linea di centrocampo nel primo tempo, subiscono l’iniziativa svizzera e vanno sotto anche con un gran gol di Frei. Poi però il maggiore tasso tecnico vien fuori alla lunga e Schweinsteiger riaddrizza la partita. Prima realizza un calcio di rigore susseguente ad un’ingenuità difensiva di Huggel e poi al novantesimo trova la deviazione vincente per un 1-2 immeritato.
Doveva essere la serata di Zlatan Ibrahimovic, l’ex di lusso che tornava all’Amsterdam Arena da campione affermato e non da giovane promessa, come quando partì alla volta di Torino (destinazione Juventus) sei anni fa. Doveva essere la serata di Ibrahimovic e lo è stata, visto che lo svedese ancora una volta toglie le castagne dal fuoco e consente ai suoi di conquistare punti pesanti in vista della qualificazione alla fase successiva di Champions League.
Stavolta il Milan deve accontentarsi di un solo punto, ma è significativo che la rete arrivi ancora dal piedone dello svedese, mai così determinante – tre gol in due gare – nella massima competizione europea.
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