Casa svaligiata a Luca Toni, lui risponde con 3 goals

Sembrava una giornata nera per Luca Toni, ma evidentemente è stato più forte della sfortuna. Poco prima della partita, gli arriva una pessima notizia: i ladri gli hanno svaligiato la casa nel modenese, a Montale Rangone. Tutto rubato, gioielli e beni vari, ma non quelli più importanti. Sono stati risparmiati tutti i premi guadagnati sul campo, tra i quali spiccano la scarpa d’oro e, soprattutto, la medaglia d’oro del Mondiale del 2006. Ma a quanto pare la notizia ha soltanto caricato Luca, che scende in campo e mostra a tutti la sua qualità migliore, l’abilità nel fare goal. Ne fa 3 all’Hannover 96, col Bayern che vince appunto 3 a 0. Nel primo tempo, Toni sembra sonnecchiare, non gioca molte palle ma è questione di tempo, e nella ripresa inizia lo show del bomber di Pavullo nel Frignano. Al 13’ del secondo tempo, trafigge Enke con una semirovesciata di destro, fa il secondo con un bel sinistro, ed il terzo di testa. Sicuramente i suoi tifosi sperano che non sarà l’unico furto in casa Toni, dato che sembra porti così bene.

Guti beccato con un uomo. Quanti gay nel calcio?

Guti gay? Problemi suoi, ammesso che l’essere omosessuale rappresenti un problema, ma le foto scattate dalla rivista spagnola “Cuore”, che lo ritraggono in un bacio appassionato con un uomo, riaprono prepotentemente il dibattito sulle preferenze sessuali dei calciatori.

Del madridista già si sapeva, o almeno si sospettava che dietro quell’atteggiamento gentile e a modo si nascondesse in realtà un animo, diciamo così, femminile. Le immagini non fanno altro che confermare i dubbi che in molti avevano, nonostante la situazione familiare di Guti, sposato con la presentatrice tv Arancha de Benito e padre di due figli. Ed ora chissà quali saranno le reazioni dei tifosi avversari, che già da tempo lo prendono di mira, indirazzandogli cori di scherno ed appellativi non proprio edificanti!

Del resto pallone e omosessualità non sono mai andati troppo d’accordo e fino a qualche anno fa nessuno si permetteva di accostare in qualche modo i due mondi, forse per quell’idea che vuole il calcio uno sport per uomini veri, come se un gay non possa essere considerato un uomo a tutti gli effetti.

Il Tottenham perde 50 chili: la cura Ramos funziona!

Sette chili in sette giorni! Era quello che promettevano Pozzetto e Verdone nell’omonimo film di qualche anno fa, costringendo i malcapitati “aspiranti magri” a rinunce esagerate dal punto di vista alimentare, tanto da procurargli mancamenti e malori. Ma per dimagrire, come insegnano i nutrizionisti, non c’è bisogno di rinunciare a tutto, basta togliere dalla tavola tutti quegli alimenti che non sono utili al fabbisogno dell’individuo e che, anzi, provocano aumenti di grasso e ciccia.

Cosa c’entra tutto ciò con il pianeta calcio? Ebbene, in ogni squadra che si rispetti c’è un esperto di dieta ed alimentazione, che ha il compito preciso di consigliare agli atleti quali cibi assumere e quali no, per una forma fisica ottimale.

C’è poi chi non si limita a consigliare, ma impone ai calciatori un vero e proprio regime alimentare da seguire alla lettera, pena l’esclusione dalla squadra! E’ il caso di Juande Ramos, allenatore del Tottenham, che appena arrivato a Londra, nel mese di ottobre, non si è limitato a valutare il valore dei giocatori sul campo, ma li ha messi sulla bilancia, per verificarne il peso.

Il Camp Nou per le gare tra scapoli e ammogliati!

Stanchi di organizzare le partite scapoli-ammogliati su un campetto sterrato di periferia? Beh, da oggi in poi avrete la possibilità di affittare uno dei più grandi e importanti stadi d’Europa, il mitico Camp Nou! Un’iniziativa che non ha precedenti quella del Barcellona, che ha pensato bene di aprire le porte del proprio stadio a tutti quegli appassionati che almeno una volta nella vita vogliono sentirsi come Ronaldinho e Messi e correre sulle praterie verdi dell’impianto.

Il prezzo? Quello non è proprio alla portata di tutti: 40.000 euro per un pacchetto che comprende l’iscrizione di 35 persone divise in due squadre, una maglia del Barcellona personalizzata a testa, l’arbitro messo a disposizione dalla società, lo speaker, la foto ricordo e un attestato che certifica che tu, proprio tu, hai giocato al Camp Nou.

Ci sono poi degli optionals che si possono ottenere versando un contributo extra nelle casse della società: 800 euro per utilizzare il pulmann, 2800 euro per giocare in notturna, 60 euro per ogni persona che vuole assistere alla partita e partecipare al cocktail finale nella zona vip e 6000 euro per un dvd che ricordi la partita, con il commento dei telecronisti del canale tematico blaugrana.

Robinho si fa male e la Roma ha meno paura

Peccato, ci sarebbe piaciuto vederlo in campo contro la Roma nella sfida di Champions della prossima settimana! E invece Robinho non sarà della partita, a causa di una microfrattura della fascia del muscolo retto addominale, che lo costringerà ad almeno 10-15 giorni di stop forzato.

I tifosi giallorossi esultano, conoscendo bene le potenzialità di questo fenomeno del calcio brasiliano, ma chi ama il calcio sa che lo spettacolo che offrirà il Real sarà orfano di un elemento determinante.

Ma lo avete mai visto giocare? Piedi fatati, doppi passi, velocità, gol a grappoli e assist per i compagni, con quel pallone spedito in area, con su scritto “buttami dentro!”. Una capacità di saltare l’uomo che ha pochi eguali nel panorama internazionale e quei dribbling ripetuti all’infinito, che aprono qualunque difesa.

Reimond Manco: la classe arriva dal Perù

Ecco un altro giovane talento che i nostri club si sono lasciati scappare! Ma è mai possibile che i nostri presidenti non abbiano nemmeno i soldi necessari per pagare un biglietto aereo ad un osservatore? Il fenomeno di turno si chiama Reimond Manco, già da tempo nelle mire di mezza Europa, nonostante la giovanissima età (compirà 18 anni il prossimo agosto) e nella stagione 2008-2009 sarà al servizio del PSV Eindoven, al fianco del connazionale Jefferson Farfàn.

La squadra olandese, attualmente prima nella Eredivisie, ha dato l’annuncio del suo acquisto un paio di giorni fa, per la felicità dei pochi che hanno avuto occasione di vederlo giocare nel Mondiale Under 17 dello scorso anno, in cui ha strappato consensi ed applausi, trascinando il Perù fino ai quarti.

Ed il mondiale coreano non è altro che la logica conseguenza di un’ascesa continua del giovane Reimond, che negli anni dell’adolescenza (tra l’altro non ancora completata) ha dimostrato di saperci fare con la palla tra i piedi, vincendo addirittura il Pallone d’Oro nel Subamericano Sub 17, davanti al richiestissimo brasiliano Lulinha, per cui il Chelsea ha offerto la bellezza di 15 milioni di dollari. Una bella soddisfazione per l’astro nascente del calcio peruviano, che non si apettava certo un simile riconoscimento, avendo segnato solo tre gol nella manifestazione.

Gianfranco Zola: la fantasia al potere

Grande, grandissimo, nonostante l’altezza dica il contrario. Un numero 10 puro, di quelli che una volta venivano definiti fantasisti e che oggi si preferisce chiamare rifinitori. Ma Gianfranco Zola fantasista lo era davvero, figlio di quella generazione che tanti ce ne ha fatti vedere, ma pochi come lui.

Piedi buoni e classe da vendere, dribbling ubriacanti e punizioni da manuale del calcio, accellerazioni palla al piede da far arrancare qualunque difensore: è questo il ritratto di un uomo che ha dato molto al calcio, più di quanto abbia ricevuto in cambio.

Comincia a giocare nella sua Sardegna, prima nella Nuorese poi nella Sassari Torres, dove viene scoperto da Moggi e portato al Napoli. Tempi d’oro quelli per la squadra partenopea, i migliori in assoluto della sua storia, quando poteva permettersi di schierare gente come Maradona e Careca, Alemao e Ferrara. Zola arrivava all’ombra del Vesuvio con la sua valigia piena di sogni e speranze, prima fra tutte quella di poter indossare un giorno la mitica “numero 10”, seppure con il timore di dover sopportare il paragone continuo con il mito.

Premier League all’estero? Idea comica!

C’è chi ancora si sorprende nel vedere i Signori del Calcio alla ricerca di strade nuove da percorrere per incassare sempre più denari, nascondendosi dietro la scusa della spettacolarizzazione di uno sport già di suo spettacolare. Da queste parti lo abbiamo capito da tempo e non ci basta più la favoletta del “facciamo tutto per il bene della squadra e del tifoso”. E forse cominciano a comprenderlo anche dalle parti del Regno Unito, dove i supporters, come li chiamano lì, sono letteralmente inferociti per l’ultima trovata proveniente dall’alto.

“L’alto” in questo caso è l’organizzazione che gestisce la Premier League, una sorta di Lega Calcio, che per bocca del suo direttore generale, Mr Richard Scudamore, ha proposto ai club inglesi di allungare il campionato di una giornata, a partire dalla stagione 2010-2011.

Tutto qui? Beh sarebbe poco male. No, perché il turno supplementare non si giocherebbe entro i confini nazionali, ma porterebbe il circo inglese in giro per il mondo, in cinque città straniere non ancora localizzate. Già si fanno i nomi di New York e Los Angeles, Singapore e Sidney, ma anche l’oriente sarebbe interessato all’iniziativa e arrivano proposte da Pechino e Hong Kong. Scopo dell’iniziativa, a sentire il suo promotore, sarebbe quello

di far progredire la Premier e se non saremo noi a farlo, lo faranno sicuramente altre federazioni.

Da Beckham a Lavezzi: la tatoo-mania dei calciatori

Sono lontani i tempi in cui il tatuaggio era simbolo di trasgressione o, peggio, di vita da galeotti. Oggi rappresenta una moda ormai consolidata sia tra i vip che tra la gente comune, tanto che non si tende più a nasconderlo, ma anzi si mostra con orgoglio.

E volete che i calciatori si sottraggano a questa tendenza e non approfittino del mestiere che fanno, per esibire i disegni di cui sono ricoperti? Sono veramente pochi gli scampati all’arte del tatoo, forse solo quelli che hanno il terrore degli aghi o che, in controtendenza, preferiscono tenere il proprio corpo “pulito”, ma per i più ogni occasione è buona per ricorrere al tatooist: dalla nascita di un figlio ad un’importante vittoria sul campo.

Il periodo d’oro in questo senso per gli artisti del tatuaggio è stato quello successivo alla vittoria dell’Italia nel Campionato del Mondo, quando praticamente tutta la squadra volle farsi imprimere sul corpo un ricordo di quella notte magica. IX-VII-MMVI il più gettonato, ma anche carte geografiche della Germania, bandiere, dadi e frecce, tutto rigorosamente tricolore!

Romario va in pensione!

Stavolta sembra proprio che l’avventura agonistica di Romario de Souza Faria sia giunta al capolinea. Ha promesso più e più volte di appendere gli scarpini al chiodo, ma poi la voglia di giocare ed il desiderio di raggiungere i 1000 gol in carriera lo hanno convinto a restare ancora sul rettangolo di gioco.

Ora ha 42 anni e nulla più da dimostrare: forse è il momento più opportuno per dare l’addio ad una professione che gli ha regalato molto, sin dall’esordio tra i professionisti con il Vasco da Gama nel lontano ’85. Da lì una serie di squadre si sono assicurate le sue altissime prestazioni sia in sudamerica che in Europa: PSV Eindoven, Barcellona, Flamengo, Valencia e Fluminense. Tentò addirittura l’avventura in Qatar, che non gli valse successi e allori, ma fior di quattrini nelle tasche: tre partite, nessun gol e ben 1,7 milioni di dollari in più sul conto in banca!

Può vantare anche un’esperienza nel soccer americano, con il Miami FC, ed una con l’Adelaide United, squadra australiana, per la quale giocava la domenica, tornando poi di corsa in Brasile, dove lo attendeva una squadra di serie C, per l’incontro del giovedì: dodici ore di fuso orario e due incontri a settimana per raggiungere più facilmente quota 1000!

Santiago Bernabeu: la fabbrica dei sogni

Battiti a mille e occhi arrossati nel nominare quello stadio, che tanta fortuna portò alla causa italiana nel 1982. Era l’Italia di Zoff e Scirea, di Rossi capocannoniere e di Conti miglior giocatore del mondiale, dei baffi tagliati di Gentile e dell’urlo di Tardelli, di Bearzot e Pertini avversari a carte nel viaggio di ritorno verso casa.

Quanti ricordi legati a quello stadio, il cui nome è rimasto impresso nella memoria dei tifosi quasi fosse il dodicesimo della formazione messa in campo nella notte magica di Madrid. Ma passiamo oltre, per evitare che i ricordi ci prendano la mano e si finisca per parlare solo del trionfo mondiale e della Germania annientata, ma vi assicuro che su queste pagine ci sarà un capitolo dedicato ai ricordi ed alle emozioni di quella sera.

Ripartiamo dal titolo e dalla “fabbrica dei sogni”, definizione azzeccata di Alfredo Di Stefano, che al Bernabeu aveva alzato diversi trofei negli anni d’oro del Real.

Josè Luis Chilavert: il portiere goleador

Grande portiere o fenomeno da baraccone? E’ l’enigma che ha accompagnato l’intera carriera di Josè Luis Chilavert, ritiratosi qualche anno fa dal calcio giocato, dopo un’intera vita passata a difendere una porta, ma non solo.

Un metro e ottantotto di altezza per quasi 100 chili, un fisico più vicino a quello di un lottatore che a quello di un giocatore di pallone, avrebbe potuto essere un buon centravanti di sfondamento, se solo suo fratello non lo avesse spedito in porta sin da piccolo, costringendolo a parare i suoi tiri.

Un ruolo accettato malvolentieri dal piccolo Luis, che però farà la sua fortuna nel corso degli anni a seguire, a cominciare dall’esordio nella serie B paraguaiana a soli 15 anni, con lo Sportivo Loqueno. In seguito una lunga serie di squadre si è assicurata le sue prestazioni sia in patria che all’estero (Guarani, San Lorenzo, Real Saragozza, Velez Sarsfield e Starsburgo) ed in ognuna ha lasciato un ricordo indelebile per l’abilità sul campo, ma anche per quel suo carattere difficile e polemico che lo rendeva spesso antipatico ai più.

Capello sergente di ferro e l’Inghilterra va

Accolto come un Dio, come il salvatore della causa inglese -visto che la nazionale ultimamente ha fatto ridere mezzo mondo, non qualificandosi per gli Europei della prossima estate- Fabio Capello si trova a dover confermare ancora una volta la sua fama di vincente.

Ma nessuno si aspettava che si calasse così tanto nel ruolo di salvatore, da chiamare Mosè sul Sinai per consegnargli le tavole della legge! Perdonatemi la digressione di carattere religioso, non è mia intenzione offendere alcuno, ma il paragone, per quanto “pesante”, ci può stare, visto il primo approccio di Mister Capello con la squadra appena convocata per l’impegno con la Svizzera.

Presentazioni d’obbligo nel ritiro della nazionale e poi subito una serie di regole da seguire, che hanno lasciato sconcertati gli stessi giocatori, già a conoscenza della fama di sergente di ferro del mister, ma che mai si sarebbero aspettati dei divieti e degli obblighi così duri.

Edmundo pazzo per il carnevale!

Cosa sarebbe il Brasile senza il calcio ed il carnevale? Difficile da dire perché sono da sempre i due elementi che caratterizzano maggiormante quella parte di mondo, come il tango e la Pampa per l’Argentina o i wurstel e la birra per la Germania.

Chi dice Brasile poi, dice allegria, che viene messa a mo’ di condimento in tutte le manifestazioni che riguardano quella magnifica terra. Allegria nel calcio, con quel modo di fare che incanta e fa innamorare, perché conta si vincere, ma conta molto di più far divertire la gente; allegria a maggior ragione nel carnevale, ormai famosissimo a livello mondiale, considerato da tutti come il più bello in assoluto.

E pallone e carnevale spesso e volentieri vanno a braccetto, sia per l’abitudine consumata che c’è da quelle parti di associare le squadre di calcio alle varie scuole di samba, sia per la presenza massiccia dei calciatori, che per niente al mondo rinuncerebbero ad assistere all’evento dell’anno.