Insultare un arbitro durante una partita, ci può stare. Fa parte delle regole del gioco di quelle regole non scritte, ma diventate ormai abitudine nel pianeta calcio.
Non è educato, forse nemmeno troppo corretto, ma, quando uno decide di intraprendere quella professione, non si aspetta certo consensi da parte di tutti.
Lo sa bene Pierluigi Collina eletto a più riprese miglior fischietto italiano, definito addirittura da qualcuno come il più grande arbitro di tutti i tempi. Mi permetto di dissentire, ma sia chiaro che è un’opinione personale e che ognuno si sceglie i miti che preferisce.
Simpatie personali a parte, non credo che il calcio possa arrivare a partorire situazioni di queste genere, in cui un ex arbitro, ora designatore ed allenatore della categoria, debba difendersi dalle minacce anonime di uno pseudo ultrà. Le indagini sull’autore della lettera minatoria sono in corso, ma intanto Collina deve essere scortato, nemmeno fosse un magistrato anti-mafia.
Per carità, la precauzione è sacrosanta, ma viene da chiedersi come si possa arrivare a tanto. L’ex arbitro ha preferito non commentare il provvedimento: per una volta non ha voluto interpretare la parte della primadonna sotto i riflettori, ma è chiaro che la situazione non gli permette di assolvere ai suoi compiti in modo tranquillo.
L’unica cosa certa è che non rinuncerà all’incarico, nonostante la presenza continua e costante dei suoi angeli custodi.
Del resto, uno come lui era abituato ad avere due compagni di viaggio durante la partita (i guardalinee): la differenza è che quelli al 90° lo abbandonavano!
Scusate la battuta, ma è Natale, sdrammatizziamo…
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