Oggi quasi tutti sono portati a pensare che il problema principale del calcio italiano sia rappresentato dal calcioscommesse, o più in generale dagli scandali che di tanto in tanto scuotono il mondo del calcio. Si sbagliano: e per rendersene conto basta una cifra tra il 2007 ed il 2010, i club che militano tra la serie A e la Lega Pro hanno prodotto complessivamente perdite per un miliardo di euro.
A rivelare questi dati preoccupanti è stato il ReportCalcio 2011 promosso da Figc, Arel e PricewaterhouseCoopers. Nella Serie A, nelle ultime due stagioni, i costi superano i ricavi di 180 milioni. Da una parte i ricavi – 2,5 miliardi di euro – sono troppo dipendenti dai diritti televisivi – che rappresentano i due terzi delle entrate -, e dall’altra il costo del lavoro – ovvero gli stipendi dei calciatori – è il più alto tra i campionati più prestigiosi a livello europeo.
L’anomalia del calcio è tutta in un dato: solo 15 società sulle 106 analizzate – ovvero il 14% dei club professionistici, cinque appartengono alla Serie A – ha registrato un risultato netto positivo al termine della stagione sportiva 2009-2010. Immaginatevi un altro settore in cui sia possibile una cosa simile…
E’ evidente la necessità di mettere in campo iniziative efficaci per cambiare l’attuale situazione. Un obiettivo dovrebbe essere quello di riportare i ricavi da merchandising a livello delle top league europee. La serie A guadagna da questo settore 77 milioni contro i 190 della Liga, i 168 della Premier e i 130 della Bundesliga. Per differenziare le fonti di ricavo bisognerebbe incentivare la costruzione di stadi di proprietà che permetterebbe di avvicinarsi al modello inglese, in cui i diritti tv coprono in media solo il 50% dei ricavi dei club professionistici.
In ogni caso sarà necessario un rigoroso contenimento dei costi, e per questo la Figc dovrebbe prevedere misure punitive molto dure per le squadre che non presentano bilanci a posto. Più facile a dirsi che a farsi.
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