Tutti i tifosi sanno che il fair play finanziario inizierà a cambiare il calcio a partire dalla stagione 2012/2013. Per questo tutti i club che vogliono garantirsi un futuro di successo dovrebbero – se non lo hanno già fatto – cambiare il proprio modello gestionale puntando sul settore giovanile, su una riduzione del monte ingaggi e in uno stadio di proprietà.
E’ la creatura del presidente Uefa Michel Platini per dare un futuro ad un calcio avvitato in una spirale di spese senza senso, ma potrebbe anche morire nella culla. O almeno essere applicato con uno o più anni di ritardo.
C’è più di un indizio in merito. Secondo l’ex direttore del marketing del Barcellona Esteve Calzada, durante l’ultimo mercato di riparazione, i club europei hanno speso 491 milioni di euro. Quattro volte la somma spesa l’anno passato nella stessa finestra di mercato.
E i risultati di bilancio – a partire dal luglio di quest’anno – faranno parte del triennio di valutazione che l’Uefa terrà in considerazione per decidere se una squadra potrà o meno giocare in una coppa europea.
Un segnale rilevante se si aggiunge che metà di quei soldi sono stati spesi da cinque club. Non sono pesi piuma: si tratta di Liverpool, Chelsea, Inter, Bayern Monaco e Atletico Madrid…
Al quadro bisogna poi aggiungere altri tasselli. A fine marzo ci sarà un incontro tra un gruppo di esperti finanziari dell’Uefa e l’Associazione europea dei club – l’ECA – presieduta da Karl Heinz Rummenigge.
Secondo alcune fonti, in quella sede i club inglesi – rappresentano il 50% della top 12 dei club più ricchi -, chiederanno al presidente Uefa di far partire il fair play finanziario con un anno di ritardo – o almeno di non far entrare nelle valutazioni gli ammortamenti per i contratti fatti durante questa stagione.
Se come molti pensano Michel Platini non dovesse accettare, dovrebbe entrare in gioco il Chelsea di Abramovic. Il club inglese sarebbe pronto a far ricorso all’Unione Europea, perché rappresenterebbe una violazione della libertà di Impresa – che è anche la libertà a indebitarsi.