Del Piero pensa all’estero, forse non sarà bianconero a vita

Un Del Piero come un fiume in piena non lo si era mai visto. Ci è riuscito Sportweek, il settimanale della Gazzetta dello Sport, a farsi raccontare tutti i retroscena di una carriera tra le più importanti in Italia, ed una confessione shock: la Juventus potrebbe non essere la sua unica squadra per tutta la vita.

Ma non solo. Pare infatti che da piccolo, quando cioè a 12 anni lasciò casa per diventare un calciatore, stava quasi per finire al Torino. Eh sì, proprio con la maglia dei tanto odiati cugini. Una scelta che avrebbe cambiato radicalmente la sua carriera (sicuramente non sarebbe finito alla Juve), e in cui è stato salvato dalla propria famiglia che gli fece cambiare idea in tempo.

Toni e Ronaldinho: nessuno è profeta in patria

Può un calciatore essere acclamato quando scende in campo con la maglia del proprio club e venire invece fischiato non appena indossa quella della nazionale? Può, eccome! Accade a due miti del calcio mondiale, due di quelli che fa strano veder contentastati su un campo di calcio, due di quelli che dovrebbero vivere di rendita, per quanto di buono hanno fatto nei tempi passati.

Eppure capita che anche due come Toni e Ronaldinho vivano il loro momento difficile, e non in assoluto, ma solo quando vengono chiamati a difendere i colori del proprio Paese.

Per fortuna non è sempre così, ed anzi siamo sicuri che già dalla prossima occasione i due talenti avranno modo di riscattarsi, ma fa strano dover registrare fischi e contestazioni nei loro confronti.

Lippi riapre ad Amauri

Italia-Amauri, atto terzo. Stavolta è Marcello Lippi a farsi avanti e invitare l’attaccante bianconero a dirsi disponibile a vestire la maglia azzurra.

“È un giocatore molto forte, abbiamo parlato e gli ho detto che prima di tutto dovrà completare l’iter burocratico per la naturalizzazione”.

Più che un assist quindi quello di Lippi, quasi un invito a nozze che Amauri proprio non può mancare. E pare anche che lui non abbia intenzione di lasciarselo sfuggire. Il suo procuratore infatti ha fatto sapere che il calciatore è ben disposto, ma i tempi burocratici sono lunghi e non dipendono da loro, ma par di capire che le intenzioni di vestire la maglia azzurra ci sono tutte.

La storia del calcio: sistema piramidale e metodo

 Sistema piramidale

E’ di marca britannica la prima grande rivoluzione calcistica. Siamo attorno al 1880, quando la squadra inglese del Nottingham Forest, introduce il sistema piramidale. Oltre alla particolare dislocazione sul campo dei giocatori, la novità determinante è la capacità di tale sistema di conciliare le capacità individuali con il gioco collettivo. La squadra, organizzata su tre linee, era così distribuita: cinque attaccanti, tre mediani, due terzini, oltre naturalmente al portiere. Con tale disposizione si cercava una copertura più omogenea del terreno di gioco. I difensori, dovevano infatti coprire la parte centrale davanti alla porta. I mediani laterali dovevano controllare le ali avversarie. Il centro-mediano, che in caso di difesa ad oltranza fungeva da difendente centrale, generalmente aveva compiti di regia e di organizzazione della manovra. Il sistema piramidale, nel quale la marcatura veniva effettuata a distanza, rappresenta il primo significativo passo verso l’evoluzione del sistema di gioco a zona.

Qualificazioni mondiali: prima vittoria con polemica per la Francia, bene tutte le big

L’Italia chiude la seconda gara del girone in testa da sola. L’unica squadra ad aver vinto la prima gara, l’Eire, ha pareggiato in casa di un ottimo Montenegro che avrebbe anche meritato la vittoria. Vucinic e Jovetic fanno impazzire gli uomini del Trap, ma alla fine Given ha la meglio su tutti e salva i suoi su uno 0-0 che va bene a tutti: agli irlandesi perchè non perdono, ai montenegrini perchè rimangono in gioco e all’Italia perchè diventa capolista.

Torna alla vittoria la Francia, che nonostante le polemiche dei tifosi che vogliono la testa di Domenech, fino addirittura a sperare in una sconfitta della loro Nazionale, i Bleus riescono ad avere la meglio su una Serbia che perde sin da subito il suo calciatore migliore, Stankovic, per infortunio. Partono forte i francesi, ma tremano nel finale quando Ivanovic segna il gol del 2-1 riaprendo la partita, ma alla fine i primi 3 punti per i transalpini arrivano.

Ultras Napoli: l’altra versione dei fatti.

L’argomento ha monopolizzato le prime pagine dei giornali negli ultimi 10 giorni, riportando l’attenzione su un tema spesso affrontato e mai risolto del calcio italiano, ovvero quello della violenza dentro e fuori lo stadio.

Su queste pagine ne abbiamo ampiamente trattato, riferendo via via di tutte le misure adottate dal ministro Maroni per arginare il problema ed evitare che si ripetano episodi come quello di Roma nella prima di campionato.

Inutile star qui a ricordare i disordini allo stadio, con lancio di petardi e ferimento di diverse persone, o le devastazione sugli autobus della capitale o ancora i 500.000 euro di danni provocati sul treno Roma-Napoli. Le immagini di quella lunga giornata sono ancora sotto gli occhi di tutti, ma c’è una voce fuori dal coro e noi abbiamo l’obbligo di darne conto. Si tratta di un giornalista austriaco, tale Reinhard Krennhuber, redattore capo della rivista >Ballesterer fm, che ha accompagnato gli ultras partenopei nel viaggio verso la Capitale e, una volta tornato in patria, ha fornito una versione completamente diversa da quella dei media italiani.

Italia: l’importante è vincere

Già, quel che conta è l’aver portato a casa i tre punti, che ci permettono di guardare le avversarie dall’alto della leadership in classifica. E non è poco, se si considera che siamo ancora a settembre, che le gambe non girano come dovrebbero e che la maggior parte delle squadre è più avanti di noi in fatto di preparazione.

Lippi in settimana aveva auspicato per le prossime stagioni un avvio di campionato anticipato, per permettere anche agli azzurri di essere in palla sin dalle prime uscite, ma in attesa che prevalga il buon senso sulle questioni economiche, accontentiamoci di aver messo nel carniere sei punti utilissimi ai fini della qualificazione al mondiale sudaficano del 2010.

Dopo l’esordio deludente e fortunato in quel di Cipro, dobbiamo registrare qualche passo in avanti della nostra nazionale, dimostratasi più squadra e meno distratta di fronte ad una Georgia che ci ha creato ben poche preoccupazioni. E se con i ciprioti ci avevano salvato le prodezze di Buffon e Di Natale, stavolta gran parte del merito spetta a De Rossi, autore della prima doppietta in nazionale e candidato al ruolo di leader nel centrocampo di Lippi.

De Rosa lascia il calcio, troppo business per lui

Gaetano De Rosa si ritira. Il granitico difensore di Bari, Reggina e Genoa ha deciso di lasciare il calcio dopo essere rimasto senza squadra a 35 anni, ma quando comunque le offerte non gli mancavano.

Al momento era svincolato, gli era scaduto il contratto con i grifoni quest’estate e lui aveva voluto prendersi un pò di tempo per decidere sul suo futuro. Era stato accostato insistentemente al Chievo e a diverse squadre di B come Mantova o Modena, ma lui ha deciso, ai microfoni di Radio Toscana, di dichiarare:

“Ho detto basta! Il calcio di oggi non è piu’ il mio calcio che era fatto di rispetto e valori che oggi trovo meno a dispetto del business, anche se questa è una brutta parola. La vita scorre troppo veloce per non viverla a pieno, oggi ho deciso di vivere altre situazioni, fare altre cose che mi interessano e
che il calcio non mi permette di fare”

Il Real Madrid tra tatuaggi e aerei

Con il campionato fermo a causa delle gare di qualificazione per i mondiali del 2010, i giornali spagnoli vanno alla ricerca di storie bizzarre da raccontare. Vi riportiamo le due notizie più curiose pubblicate rispettivamente da Marca ed As, ma riguardanti entrambe il Real Madrid.

Partiamo da Marca che riporta il diktat dei dirigenti delle merengues a proposito dei tatuaggi, così di moda tra i calciatori (non solo, ma soprattutto). A sentire il quotidiano spagnolo, da oggi in poi chiunque voglia farsi dipingere la pelle in modo permanente deve prima avvisare i medici della squadra. Il motivo? Le numerose infezioni che possono presentarsi in seguito ad un tatuaggio fatto non rispettando le norme igieniche.

Questo significa che non vedremo più in campo emuli di Beckham completamente dipinti? Non è proprio così. In realtà la società non obbliga i propri tesserati a chiedere il permesso, ma fa sapere che sarebbe preferibile far visita ad un artista del tatoo nel periodo di vacanza o quando si è infortunati, sempre avvisando prima la società della propria intenzione. E meno male che Beckham si è traferito ai Galaxy, altrimenti chissà quante volte sarebbe stato costretto a passare in sede per avvertire…

La caduta del Trap

Imprevedibile Trap! L’ex ct azzurro ancora una volta ha dato dimostrazione di grande simpatia, anche se stavolta si è trattato di una scenetta del tutto involontaria. Il tutto è avvenuto