Meno di un mese fa ne salutavamo con piacere l’elezione a presidente dell’Aia, sebbene qualcuno avanzasse dei dubbi sulle capacità di un uomo che in giacchetta nera ha lasciato molto a desiderare, ritirandosi anzitempo dalla scena calcistica.
Ma un conto è decidere sul campo in una frazione di secondo, un altro è rispondere dell’intera classe arbitrale e, da questo punto di vista, Marcello Nicchi era sembrato attento alle nuove esigenze del calcio italiano, aprendosi al confronto con l’opinione pubblica.
Niente dichiarazioni a caldo, certo, ma comunque un passo avanti verso il tifoso o il giornalista che chiedono di conoscere il motivo di una determinata decisione sul rettangolo verde. Questo era quanto promesso dal capo degli arbitri all’indomani dell’elezione, ma evdentemente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare ed il buon Nicchi non solo non mantiene la promessa, ma aggiunge una postilla al regolamento, impedendo alle giacchette nere di usare i mezzi di comunicazione più avanzati, primo fra tutti il social network Facebook.
Agli arbitri è fatto divieto di fare dichiarazioni in luogo pubblico anche a mezzo email, propri siti internet, e di partecipare a gruppi di discussione (come quelli di ultima generazione sul genere Facebook), mailing list, forum, blog o simili.
Questo il testo della circolare diffusa ieri sul sito dell’Associazione Italiana Arbitri, che vieta a qualunque tesserato di esprimere giudizi relativi alla propria professione attraverso qualunque mezzo di comunicazione. Per i trasgressori sono previste sanzioni che vanno dal deferimento alla procura arbitrale fino alla squalifica.
La presa di posizione di Nicchi è stata influenzata dalle recenti vicende riguardanti l’arbitro Paparesta (sospeso per i noti fatti legati a Calciopoli ed ora fuori dal mondo arbitrale per motivi tecnici), che ha addirittura aperto un blog nel quale pubblicava le intercettazioni telefoniche. Un caso isolato, che però ha indotto il neo-presidente dell’Aia a mettere le mani avanti per evitare situazioni che possano mettere in imbarazzo l’intera classe arbitrale.
Insomma, se speravate di vedere gli arbitri sotto un aspetto un po’ più umano, mettetevi l’anima in pace: i fischietti nostrani resteranno sempre chiusi nella loro Nicchi(a).